Ho iniziato a videogioacare negli anni’90, quando il rapporto tra videogioco e videogiocatore era profondamente diverso rispetto a quello attuale. Ricordo che il medium videoludico non aveva ancora la portata che ha adesso, non solo venivano prodotti molti meno titoli, anche il solo procurarseli era un atto molto meno immediato rispetto a oggi, pertanto ogni singolo gioco diventava un’esperienza da vivere a fondo e da spremere fino all’ultima goccia alla ricerca di segreti, collezionabili e quant’altro. Oggi invece, con sempre più titoli in uscita e la possibilità di procurarseli all’istante, il videogioco è sempre più un’esperienza di passaggio.
Tra abbonamenti che regalano mensilmente titoli gratuiti, sconti in ogni singolo periodo dell’anno e mercato digitale, mettere le mani sull’oggetto del desiderio è diventato infinitamente più semplice che in passato, e la cosa più bella a mio avviso è che la cultura videoludica di ogni singolo giocatore può crescere costantemente in questo modo. Il “problema” però, a mio avviso, è che quando un prodotto, o in questo caso un intero medium, diventa di massa, molto spesso si tende a lasciarsi trasportare dall’entusiasmo.
L’hype culture, che ormai si sposa alla perfezione con il mercato videoludico, danneggia irrimediabilmente determinate opere, che vengono attese non più come “Il nuovo titolo”, ma come “Il nuovo capolavoro”, si crea quindi la situazione in cui un titolo si deve difendere a spada tratta ignorandone i difetti. Non è sicuramente una situazione generale e uniforme, ma spesso negli ultimi anni mi sono ritrovato pad alla mano ad accogliere in maniera piuttosto fredda titoli esaltati come capolavori e a ricevere anche delusioni non da poco.
Proprio da questa situazione nasce la rubrica Non ho capito…, in cui parleremo di titoli che hanno riscosso un grande successo, ma che in fondo, a mio avviso, non meritano tutte le lodi ricevute. Chissà se riuscirò a farti arrabbiare andando a toccare uno dei tuoi giochi preferiti, ti aspetto nei commenti per scoprirlo!
Jesse, la situazione è… fuori controllo…
Sembra quasi che con questa rubrica io voglia prendermela necessariamente coi titoli di casa Remedy, il primo appuntamento con “Non ho capito…” infatti si concentrava su Alan Wake, un titolo dal quale sono rimasto profondamente deluso, complice anche l’hype smisurato che avevo accumulato nel corso degli anni, dato che praticamente chiunque lodava queso titolo, definendolo profondo e unico nel suo genere.
In realtà apprezzo i lavori targati Remedy, ho letteralmente amato il primo Max Payne, che tra i suoi pregi, oltre a un’ottima narrazione e la caratterizzazione dei personaggi, può contare anche sull’utilizzo del bullet time, una vera e propria rivoluzione per l’epoca dal momento che il titolo fu tra i primi ad adottarlo. Proprio per questa fiducia nei confronti della software house finlandese, ricordo distintamente che durante l’E3 2018, guardando il reveal trailer di Control, lo etichettai come il titolo più interessante della manifestazione.
Ho aspettato l’avventura paranormale di Jesse Faden con ansia e devo anche ammettere che nelle battute iniziali ero anche fortemente affascinato sul titolo: mi piace la scrittura di Sam Lake, fortemente ispirata a David Lynch e al suo modo enigmatico e criptico di narrare; eppure, dopo un’iniziale interesse nei confronti di Control, ho notato che il gioco, in tutte le sue parti, iniziava velocemente a collassare su sé stesso, una situazione davvero paradossale, dal momento che leggevo di un crescente apprezzamento nei confronti del titolo.
Ho trovato Control un titolo sgraziato, quasi una versione beta che avesse ancora bisogno di essere completata sotto parecchi punti di vista, e solo in parte questa situazione è dettata dalla natura cross-gen del gioco, dal momento che anche con la Ultimate Edition per next-gen la situazione, purtroppo, non cambia. Ho avuto la possibilità di giocare Control sia su PlayStation 4 che su PlayStation 5, e se nel primo caso i pop up delle texture e i tempi di caricamento estenuanti potevano effettivamente incidere negativamente sulla valutazione generale del titolo, anche sulla nuova ammiraglia di casa Sony il comparto tecnico non mi ha fatto gridare al miracolo.
Eliminati questi problemi di carattere generale, leggevo lodi su lodi relative al comparto tecnico, sul come la grafica fosse il nuovo metro di paragone, del “Labirinto del posacenere”, che sembrava essere qualcosa di totalmente nuovo nel medium videoludico… e invece, nulla che non avessi già visto in altre produzioni. Inoltre, a livello generale, l’intera produzione è funestata da bug di ogni sorta, che hanno reso perfino difficili da raggiungere alcuni obiettivi e trofei.
Sempre parlando di bug e difetti di programmazione, in più di un’occasione durante la mia esperienza di gioco mi sono ritrovato a scontrarmi con sezioni di gameplay come alcune boss fight o come la parte finale del titolo con picchi di difficoltà allucinanti, ma del tutto artificiali e dovuti spesso e volentieri a errori come mancanza di frame di movimento degli avversari o hitbox programmate del tutto a casaccio: un’esperienza davvero frustrante (anche perché all’epoca decisi anche di ottenere il tanto agognato trofeo di Platino, mai scelta fu più sadica).
E sempre a proposito di momenti frustranti, chi, come il sottoscritto, non riesce a fare a meno di consultare le mappe di gioco, dovrà prepararsi a passare dei brutti quarti d’ora: il titolo è pieno zeppo di collezionabili e missioni secondarie segnalate su una delle mappe peggio realizzate di sempre, letteralmente impossibile da decifrare e porterà i giocatori a tornare sui loro passi a più riprese con inutili sezioni di backtracking funestate anche dai caricamenti estenuanti a cui facevo riferimento prima.
Per non parlare poi del finale, che ho trovato uno dei più insoddisfacenti mai visti in un videogioco: il titolo spende ore a costruire una lore interessante e ben frammentata, toccherà al giocatore dover rimettere a posto i pezzi e ricostruire buona parte degli eventi, che sembrano anche portare a un epico scontro decisivo… e invece il tutto viene troncato in maniera brusca e improvvisa, lasciando più domande che risposte nel giocatore e lasciando piuttosto un senso di vuoto che di curiosità.
Insomma, Control ha anche delle buone frecce al suo arco, la gestione dei poteri della protagonista Jesse è parecchio divertente e permette di mettere in piedi ottimi scontri aerei e fasi di shooting grazie a una buona combinazione tra levitazione e psicocinesi, ma è anche pieno zeppo di sezioni dal level design del tutto sbagliato e dalla difficoltà involontariamente alta; anche per quanto riguarda il comparto tecnico e la trama, ho trovato tutti questi aspetti eccessivamente esaltati, niente di rivoluzionario e anzi, sotto diversi aspetti, anche al di sotto di altre produzioni.
E a te? Control è piaciuto o sei d’accordo sul fatto che sia sopravvalutato? Ti aspetto nei commenti per scoprirlo!