Quando Ubisoft presentò il primo gameplay di Immortals Fenyx Rising (precedentemente Gods & Monsters, titolo modificato in seguito a una disputa legale proprio con la bevanda energetica Monster) gran parte dei videogiocatori gridò allo scandalo; anche quando MiHoYo presentò per la prima volta Genshin Impact molti videogiocatori si dissero indignati per il gameplay.
Cos’hanno in comune queste due situazioni? In entrambi i casi i titoli sembravano scandalosamente simili (per non dire uguali) all’acclamato Zelda Breath of the Wild, killer app che nel 2017 ha accompagnato il lancio di Nintendo Switch e ha senza dubbio riscritto le regole degli open world da qui in avanti. In realtà le due storie hanno avuto entrambe un lieto fine, nessuna accusa di plagio da parte di Nintendo e Immortals Fenyx Rising si è rivelato una delle più grandi sorprese del 2020 (trovi qui la nostra recensione), mentre Genshin Impact è stato un successo a dir poco travolgente, guadagnandosi addirittura il titolo di gioco con il lancio migliore di sempre nella storia del mercato cinese.
A dirla tutta, non ho mai capito perché gridare allo scandalo in certe situazioni, d’altronde in molti media il copia incolla è una pratica alquanto comune, e storicamente nel mercato videoludico moltissimi si sono rifatti alle innovazioni di Nintendo, tanto dal punto di vista hardware che software. Se non fosse stato per i controller Nintendo non avremmo avuto i DualShock (e più recentemente, dai Joy-Con deriva il DualSense), e se non fosse stato per Super Mario 64… beh, non avremmo un intero genere per come lo conosciamo oggi.
La community dei videogiocatori sa essere strana però, perché per un titolo accusato di plagio ce n’è un altro che si ispira ad altri titoli di successo senza però accendere alcuna polemica, e questo è proprio il caso di Ocean’s Heart! L’indie realizzato dallo sviluppatore Max Mraz, già noto nella scena indipendente per aver sviluppato da solo Yarntown. Anche in questo caso ci si ispira a Zelda, in particolare ai classici titoli della serie con visuale dall’alto, eppure il titolo non ha generato alcun caos mediatico attorno a sé.
Sarà che parliamo di indie contro AAA, o di titoli ispirati a produzioni meno recenti, fatto sta che ancora una volta Zelda è stato preso come base di partenza per un nuovo titolo che colpisce il segno, facendo anche capire (ancora una volta, se ce ne fosse bisogno) perché le avventure di Link e compagnia bella siano così importanti per gli odierni Adventure.
The Legend of… Lilia?
Ocean’s Heart presenta sotto tutti i punti di vista un taglio decisamente classico a partire dalla trama, che fin dalle prime battute ci mette davanti a una situazione indubbiamente familiare. Ci viene subito presentata Lilia, una giovane coraggiosa desiderosa di avventura, che tuttavia si ritrova a lavorare nella taverna di famiglia, con la speranza di poter un giorno partire all’avventura.
L’occasione si presenterà quando suo padre, imbarcatosi in una spedizione, sparirà, e sarà proprio compito di Lilia andare alla ricerca dell’uomo, tuffandosi a capofitto in un viaggio che la porterà alla scoperta di un mondo pieno di misteri e sorprese. Dopo la partenza, Lilia scoprirà una marea di posti e persone nuove che andranno ad arricchire un mondo che, a una prima occhiata, potrebbe non sembrare così vasto.
Infatti, uno dei primi strumenti di cui verremo in possesso sarà proprio la mappa del mondo di gioco, che sembrerà davvero vasta a una prima occhiata. Ben presto però ci accorgeremo che in realtà una manciata di percorsi racchiuderanno tutto l’esplorabile, tuttavia, Ocean’s Heart riesce in qualcosa di sorprendente. Letteralmente ogni singolo punto della mappa è in grado di nascondere un segreto o un dungeon che al suo interno contiene un boss o prove da superare, tutte davvero diverse tra loro.
Purtroppo però il mondo di Ocean’s Heart nasconde anche un grande difetto, ed è proprio la sua volonta di voler essere un grande tributo ai classici The Legend of Zelda. Non ci troveremo mai davvero davanti a qualcosa di nuovo, partendo da alcuni nemici e trappole presi di peso da Hyrule e rimaneggiati giusto il minimo sindacale, fino ad alcuni dungeon, la cui risoluzione sarà identica ad altri enigmi visti in Link’s Awakening, passando anche per un incipit che ricorda fortemente Minish Cap.
Anche quando Ocean’s Heart tenta di scostarsi da Zelda, finisce per ricadere in un copia incolla da altre serie. In un dungeon mi sono ritrovato ad affrontare un Leshen, una boss fight ben studiata e un design della creatura davvero ben fatto… da CD Projekt Red però! Il mosto legnoso infatti è ripreso in tutto e per tutto dai Leshen già visti nel 2015 in The Witcher 3: Wild Hunt.
Un vero peccato, perché il titolo a conti fatti è un tributo ben realizzato, ma fondamentalmente privo di coraggio, o a tratti anche di ambizione. Basti pensare a Immortal Shell, il concetto è simile (ovvero tributare i Soulslike), ma la meccanica dei Gusci è del tutto estranea alle opere di partenza e si rivela quindi un esperimento molto coraggioso, sebbene in generale sia meno riuscito di Ocean’s Heart. Mentre ci giocavo, mi piaceva ciò che facevo, ma allo stesso tempo ero tentato di mettere in pausa il gioco e godermi il magnifico remake di Link’s Awakening e un titolo non dovrebbe spingerti verso altro, anzi, dovrebbe tenerti incollato allo schermo.
Affila la tua spada!
Anche dal punto di vista del gameplay, Ocean’s Heart si rivela un titolo estremamente classico. Partiremo armati esclusivamente di spada, e in pura tradizione zeldiana recupereremo man mano armi differenti che si adatteranno alle situazioni più disparate. Nel nostro arsenale rientreranno armi come bombe, un arco e un boomerang, insomma, il kit completo appartenente a Link in praticamente ogni titolo della serie di The Legend of Zelda.
Ciò che andrà a variegare l’esperienza di gioco e l’approccio agli scontri sarà in un primo momento determinato solo dalla possibilità di schivare rotolando in avanti. Man mano però potremo iniziare a pianificare meglio le nostre strategie in battaglia grazie all’utilizzo di diverse Magie, che Lilia potrà recuperare nel corso dell’avventura. Per citare le prime a cui andremo incontro, ci sarà un potente fulmine in grado di infliggere ingenti danni ai nemici oppure una barriera magica che, col giusto tempismo, andrà a respingere i proiettili degli avversari.
Come in ogni Action del genere che si rispetti, avremo a disposizione anche un vasto inventario su cui fare affidamento. Il problema si presenta con la gestione vera e propria degli strumenti, infatti, nella sua volontà di rispettare per filo e per segno i classici che vuole omaggiare, Ocean’s Heart finisce col riproporne anche i difetti, o meglio, le meccaniche ormai datate.
Avremo infatti a disposizione solo due tasti rapidi e a ognuno potrà essere assegnato un singolo oggetto. Questa particolarità non va a intaccare il gameplay, piuttosto risulta fastidiosa sul lungo andare, richiedendo al giocatore di cambiare costantemente i due oggetti attivi in base alla situazione o alla fase del gioco e costringendolo a fare continuamente visita al menù di pausa contenente l’inventario.
Un’altra caratteristica che va a rendere l’esperienza meno piacevole è la difficoltà generale del titolo. La sfida offerta è di tutto rispetto (e anche in questo caso si tratta di un riuscitissimo omaggio riuscito), tuttavia, nelle prime fasi di gioco potremmo ritrovarci davanti a picchi di difficoltà inspiegabili, che renderanno la progressione molto più lenta di quanto non sia in realtà.
Si stava meglio quando si stava in pixel!
Per quanto riguarda il comparto tecnico, Ocean’s Heart riesce a regalare un’esperienza davvero soddisfacente per i sensi del giocatore! La direzione artistica è, ancora una volta, all’insegna dell’omaggio nei confronti dei classici. Una grafica pixellosa e dei colori accesi rendono indubbiamente giustizia alle esperienze che hanno stupito e meravigliato i giocatori degli anni ’90 (con molti meno colori all’epoca).
Inoltre, la difficoltà a cui si accennava nel paragrafo precedente, è compensata dai tempi di caricamento praticamente istantanei del titolo. La spropositata quantità di morti a cui andremo quasi sicuramente incontro in alcune boss fight è bilanciata dalla possibilità di tornare in azione in men che non si dica, dando al titolo un ritmo frenetico da trial and error che non risulterà affatto fastidioso nel complesso generale dell’avventura.
Degna di nota anche la colonna sonora del titolo, a ogni area e boss fight corrisponderà una precisa traccia e saranno tutte azzeccatissime, rientrando anch’esse negli stilemi classici del genere. Abbonderanno infatti flauti e cembali, come in ogni opera fantasy con ambientazione medievale che si rispetti, e non mancheranno anche dei colpi di genio. L’area Silent Woods per esempio, nel pieno rispetto del suo nome, sarà totalmente priva di colonna sonora, magari una piccolezza, ma pur sempre qualcosa che denota una particolare cura nel world building.
In conclusione, Ocean’s Heart è un titolo ben realizzato sotto quasi ogni punto di vista, tuttavia, la sua volontà di omaggiare alcuni titoli classici lo porta a ereditare difetti tratti da gameplay ormai vetusti e ad affondare fin troppo le radici nell’immaginario di altri brand ben più consolidati. Probabilmente un titolo non imperdibile, dal momento che altre produzioni contemporanee potrebbero offrire lo stesso con qualche innovazione in più, tuttavia si tratta pur sempre di un titolo valido, consigliatissimo a chi ha voglia di perdersi in un mondo ispirato e pieno di segreti e in un’avventura pronta a sorprendere.