Octahedron: ennesimo platform indie o piacevole sorpresa?
Spesso i buoni giochi nascono da semplici concetti: nella serie di Mario si salta in mondi 2D raccogliendo monete e schiacciando nemici, in Super Meat Boy bisogna evitare trappole mortali a velocità sempre crescente mentre in Braid abbiamo a disposizione il riavvolgimento.
In Octahedron invece creeremo le piattaforme da soli.
Questa premessa sicuramente contribuisce a fare emergere Octahedron dalla massa di platform indie, se poi consideriamo che un colosso dell’entertainement come Square Enix ha deciso di investire sul lavoro di Demimonde Games attraverso la propria etichetta Square Enix Collective, qualcosa di buono ci sarà di certo.
Octahedron è stato presentato per la prima volta all’EGX (una volta Eurogamer Expo) nel lontano 2014 e dopo alcuni anni di sviluppo quasi rischiò di non vedere la luce, finchè nel 2017 un accordo con Square Enix non ci ha permesso di giocare finalmente con questa piccola gemma frutto del lavoro di un unico programmatore.
Si lo so, non riesco mai a tenervi troppo col fiato sospeso ma è inutile tergiversare: Octahedron è un platform divertente e godibile.
Passeggiate notturne e poliedri fluttuanti
Volendo contestualizzare Octahedron, per quanto la trama sia realmente risibile ed un mero pretesto per dare avvio al gioco, tutto ha inizio quando il protagonista, svegliatosi nel cuore della notte decide di fare una passeggiata nel bosco anzichè girarsi dall’altro lato e riaddormentarsi come farebbe chiunque.
Nessuna passeggiata notturna in un bosco può essere indolore ed è così che il nostro si trova davanti un ottaedro fluttuante e luminoso; contravvenendo a qualunque regola di buonsenso l’innominato personaggio tocca l’oggetto sconosciuto, la sua testa diventa un ottaedro e il suo corpo si riduce a pochi pixel: è così, trasformato nel protagonista del gioco che entra letteralmente nel groove.
La trama è tutta qui ed è un mero pretesto per consentire al gioco di iniziare, dal momento che sostanzialmente non sarà più presente alcun accenno. Del resto si tratta di andare da destra a sinistra del livello, salire gradualmente e passare a quello successivo, non serve inventarsi altro.
Stairway to Heaven
Il concetto alla base di Octahedron è semplice, dicevamo, ma anche intrigante: dovremo creare delle piattaforme sotto i piedi del protagonista e partendo dal fondo del livello accompagnarlo, piattaforma dopo piattaforma, fino alla cima dove troverà un teletrasporto verso lo stage successivo.
All’inizio del gioco questa capacità sarà molto limitata, con la possibilità di creare massimo due piattaforme prima di esaurire l’energia e costringerci ad una breve pausa per poi continuare la scalata; in questo frangente avrà un ruolo importante l’ingegno del giocatore nel superare gli ostacoli. Con l’avanzare dei livelli anche questa capacità andrà incrementandosi, fin quando arriveremo a potere creare e utilizzare fino a 50 piattaforme consecutive.
Queste piattaforme sono mobili dal momento che potremo usarle come se fossero una sorta di hoverboard ed andranno utilizzate per raggiungere punti stabili in giro per il livello, alcuni dei quali fungeranno da checkpoint in caso di azzeramento della vita. Inoltre le piattaforme che potremo creare non avranno tutte la sola funzione di punto d’appoggio mobile, dal secondo mondo in poi sarà possibile sbloccarne di speciali come ad esempio la piattaforma che crea un’immagine speculare più in basso .
Questo elemento è fondamentale nell’economia del gioco, dal momento che ogni livello è costruito su due pilastri: l’utilizzo massiccio dell’abilità più recente tra quelle ottenute e conseguentemente la creazione di nuovi ostacoli e piattaforme.
Gameplay
Quanto ti ho descritto finora è più facile a farsi che non a dirsi: i comandi rispondono molto bene all’input del giocatore e tolta la normale fase di ambientamento il gioco scorre abbastanza agevolmente.
Questo non vuol dire che Octahedron non possa a tratti risultare frustrante; trattandosi di un platform in cui la precisione è fondamentale basta un salto sbagliato per finire su un nemico o un ostacolo e perdere una vita e magari nella foga di recuperare il terreno perduto si commettono uno o più errori che portano al (temporaneo) game over.
Diversamente da altri giochi simili la causa di questi errori alcune volte è da imputare ai livelli, che variano da una semplice ascesa verso l’obiettivo finale ad un complicato intereccio di piattaforme da circumnavigare salto dopo salto. Inoltre il gioco cerca di ucciderti in qualsiasi modo possibile; dai nemici che appaiono alla creazione di una piattaforma, alle lampadine che ti colpiscono appena le avvicini o alle colonne che appaiono all’improvviso.
Tuttavia, anche se spesso potresti avere l’impulso di ingoiare il pad per la frustrazione, se non superi il livello il problema è tuo e mai del gioco. Questa consapevolezza, la consapevolezza che c’è sempre una strada per arrivare in fondo farà d’altro canto si che staccarsi da Octahedron diventi difficile e il groove che anima il gioco diventa il loop del giocatore che continuerà a provare e riprovare fino a raggiungere il sospirato quadrato giallo di fine livello.
Proprio la musica contribuisce a dare ritmo alla partita, a volte trascinando un po’ troppo il giocatore e portandolo a commettere passi falsi altrimenti facilmente evitabili.
Una volta capite le meccaniche del gioco in generale e quelle che animano il livello che affrontiamo il cammino diventerà se non più facile, quantomeno più agevole. A rendere ancora più profondo il livello di sfida sono presenti, disseminati nei livelli, dei bulbi luminescenti (volgarmente detti lampadine) da far esplodere in un tripudio di colori per raccogliere dei fiori che serviranno a farci avanzare nella progressione dei livelli ed alcuni poligoni triangolari che per essere assorbiti necessitano di alcuni secondi durante il quale dovremo evitare di subire danni e che andranno a sbloccare alcuni passaggi segreti presenti nei vari livelli.
Segnali di stile
La psichedelia che permea Octahedron è la prima cosa che sicuramente notiamo al primo avvio del gioco; la grafica a colori intensi e pulsanti ben si sposa alla soundtrack elettronica, creando un impatto audiovisivo piacevole nel complesso.
La varietà del level design e dei nemici contribuisce a rendere il gioco profondo e ben distinto da altri concorrenti; rendono inoltre apparente la cura messa nella programmazione, fin nel minimo dettaglio.
Per quanto riguarda l’aspetto grafico, questo funzionerà al massimo se sei un appassionato degli anni ’80 e di un certo tipo di estetica à la Tron, che definirei psichedelico futuribile. D’altro canto i colori troppo sgargianti e gli effetti visivi pischedelici potrebbero risultare disturbanti; così come il filtro visivo che fornisce una sorta di effetto sgranato da vecchia VHS.
In alcuni, sia pur rari, casi risulta difficile distinguere ciò che può causare danno da ciò che è innocuo, in un gioco in cui la precisione e la prontezza di riflessi è importante, questo può causare un certo nervosismo nel giocatore.
Dove invece l’influenza degli anni ’80 è sicuramente positiva è nella soundtrack elettronica/sintetica che oltre a creare il groove cui ho più volte fatto accenno aiuta anche a rievocare memorie e programmi collegati a quel periodo storico.