Il gioco di cui voglio parlarti in questo articolo della rubrica Old But Gold è un classico del genere strategico: Victoria II della Paradox, uscito ormai dieci anni fa, il 13 agosto del 2010. Sono molto legato a questo titolo, scoperto quasi per caso e mai più abbandonato. Posso dire tranquillamente che ha modellato la mia esperienza di fruizione del medium videoludico, modificato gusti o preferenze oltre che, perché no, migliorato il mio inglese.
Già, perché quei simpaticoni degli svedesi non debbono amare particolarmente la lingua di Dante, visto che praticamente nessuno dei loro giochi è stato mai localizzato in italiano. Il che, soprattutto con un gioco complesso come questo, può spaventare il consumatore medio, relegando dei capolavori a oggetto di culto di una ristretta nicchia di appassionati.
Come dicevo, Victoria II è stato il primo gioco della Paradox, software house scandinava specializzata nello sviluppo di un genere di gioco molto particolare: il grand strategy. Sotto-genere dello strategico, prevede un uso della strategia a lungo termine, più ragionato e che coinvolge più campi di azioni.
Il più delle volte i giochi appartenenti a questo genere ci pongono a capo di intere entità istituzionali, siano essi regni, imperi o interi pianeti lanciati alla conquista dello spazio. Non rappresenteremo un singolo sovrano o comandante, ma agiremo come una sorta di anima della nazione, che oltrepassa i limiti dello spazio e del tempo, per accompagnarla in tutte le fasi del suo sviluppo.
Victoria II: il punto di arrivo di un lungo percorso
Sebbene i videogiochi strategici esistano sin dai primi albori del personal computer (come dimenticare Dune II del 1992), essi si limitavano a a trattare pochi aspetti alla volta, semplificandoli all’inverosimile, per rendere la gestione meno pesante e quindi più gradevole. Esempi molto esplicativi sono due storiche saghe molto popolari, e che anche io ho amato ed apprezzo tuttora: Civilization e Total War.
Il primo, pur avendo la pretesa di dare al giocatore la possibilità di plasmare a 360° una civiltà partendo dall’età della pietra a quella proto-spaziale, in realtà iper semplifica la gestione strategica, finendo per essere un gigantesco tattico; non a caso le unità si muovono su caselle quadrate (ed esagonali dal V capitolo).
Il secondo invece ci regala una bellissima simulazione delle battaglie, probabilmente la migliore sul mercato in questo momento, limitando a questo il suo campo di azione; tutte le decisioni “strategiche” le prenderemo per potenziare questa o quella unità, con delle città trattate alla stregua di caserme.
Paradox in questo senso ha creato un vero e proprio sotto genere, di fatto impossessandosene. Non è un caso che i migliori strategici negli ultimi 10 anni siano quasi tutti di questa casa. Parliamo di vere e proprie perle come Europa Universalis IV che prende in esame l’epoca rinascimentale, Heart of Iron IV incentrato sulla Seconda Guerra Mondiale, Stellaris con la sua corsa allo spazio, che fa tanto Mass Effect con un pizzico di The Expanse, ed appunto Victoria II che, come intuibile dal nome, è ambientato nell’epoca Vittoriana.
Il piacere di giocare ad un gioco “impegnativo”
Ho sempre giocato a solo due tipi di giochi in vita mia: quelli belli e stupidi, divertenti il giusto con zero stress, utili per staccare un po’ e svagarsi una mezz’oretta, e i giochi duri, di quelli che ti prendono a schiaffi da quanti pannelli ci sono da organizzare, che ti danno un sacco di responsabilità, di scelte, in cui devi pensare a mille variabili contemporaneamente, occupando il posto più alto della stanza dei bottoni, dove le decisioni prese possono dare al popolo prosperità e a te il potere, oppure lo getteranno nella disperazione.
A questi, dedico le sempre più rare sessioni di gioco lunghe, specie di notte, quando il telefono smette di squillare e tutta l’altra gente va a letto. Non una gara di riflessi, ma una battaglia cerebrale contro i tuoi nemici, ancora più spesso contro i tuoi amici ed alleati. Perché ognuno vuole il pezzo di torta più grande per sé. Come scrisse Sun Tzu nel suo “L’arte della guerra”: il conflitto è componente integrante della vita umana, si trova dentro di noi e intorno a noi.
La cosa che più mi ha affascinato di questo gioco è la più completa libertà di azione, già palese dall’inizio. Una volta avviato, Victoria II ci mette di fronte la mappa del mondo, tutto il mondo, e ci chiede quale nazione vogliamo guidare. C’è una piccola introduzione scritta per inquadrare il periodo storico prescelto ed alcune compagini statali messe in evidenza, ma possiamo scegliere ogni singola nazione della Terra esistente nel 1836.
Intendo letteralmente: potremmo tranquillamente scegliere la cacofonica nazione del Luang Prabang, stretta tra Siam e Cambogia nel sud-est asiatico, e farci la nostra partita. Certo, alcune nazioni saranno più interessanti da giocare, soprattutto quelle che hanno la possibilità di formare entità statali più grandi, riunendo un unico popolo sotto la stessa bandiera, per esempio gli stati pre-unitari di Italia e Germania.
Ma non ci dobbiamo per forza rifare alla storia: se saremo abbastanza bravi, potremo unificare nazioni immaginari, come la Scandinavia, o solo sognati, come la “megali idea” di far risorgere lo zoccolo duro dell’impero bizantino da una modesta Grecia.
L’obiettivo della nostra partita ce lo porremo noi stessi: ad ogni modo il gioco terminerà una volta raggiunto l’anno 1936. Già, perché a quel punto l’età vittoriana è definitivamente tramontata ed un’altra, più brutale sta per vedere la luce.
La migliore sfida è contro noi stessi
Ho legato delle emozioni ad ogni partita. Le ricordo tutte, e sono a tutte affezionato. Tralasciando le varie “occhiatine”, le partite vere e proprie non sono tantissime. In un gioco come questo, preso seriamente e con i giusti ritmi (mai rinunciare alla real life per un gioco, per quanto addictive possa essere), una run può andare avanti tranquillamente per un anno, ed oltre.
La partita a cui sono più legato, e probabilmente la migliore che abbia fatto, è quella con il Regno delle Due Sicilie, il più grande e popoloso regno pre-unitario, ma inizialmente isolato diplomaticamente, portandolo prima ad essere una piccola potenza coloniale, con territori sparsi tra medio oriente, nord Africa, Africa nera e sud est-asiatico, per poi decidere che è arrivato il momento di fare il salto di qualità ed unificare l’Italia.
Un’unificazione piuttosto sanguinosa. L’eccessivo slancio aggressivo della mia piccola nazione semi assolutista portò grande sconcerto nelle corti e cancellerie mondiali, così che una guerra regionale contro l’Austria, sfociata per liberare i fratelli lombardi dal gioco asburgico, si trasformò ben presto in un embrione di guerra mondiale, con tutte le grandi potenze coalizzate contro il Regno delle Due Sicilie allo scopo di rimettere a posto le sue ambizioni.
Fortunatamente una politica diplomatica attenta coltivata negli anni, mi salvò dalla catastrofe, potendo contare sull’appoggio incondizionato della potente, e anch’essa ambiziosa, Prussia.
Una guerra lunga e sanguinosa, combattuta per terra e per mare, in ben 3 continenti, terminata con una immensa battaglia a Messina, dove il corpo di spedizione statunitense si ritrovò prima intrappolato dal blocco navale imposto dalla mia flotta, e poi sbaragliato dall’esercito borbonico. Perdere 40.000 uomini in un colpo solo è un troppo persino per una grande potenza, soprattutto in una guerra vaga e lontana dalle proprie sponde ed interessi.
Fatta l’Italia e spostata la capitale da Napoli a Roma, si ascende al rango di grande potenza, uno status particolare, che rende possibili alcune azioni spregiudicate in politica estera e soprattutto ci dà la possibilità di competere a un altro livello. Non me lo ero fatto ripetere due volte, dando alla prima occasione il ben servito ai cugini d’oltralpe.
Nel giro di due guerre vittoriose, sempre al fianco dell’alleato crucco, divenuto nel frattempo Impero Germanico, della Francia non rimaneva che una piccola porzione di terra in Europa, lontana sia dal Reno che dal Mediterraneo, perdendo a nostro favore anche gran parte delle colonie più redditizie.
Questo genere di partita è quello che consiglio a chi dovesse giocare Victoria II per la prima volta: evita le grandi nazioni, sono ingestibili e potresti rimanere scottato dalla mole di informazioni. Prova invece una nazione più piccola, ma ambiziosa. Facendola crescere piano piano, imparerai anche tu.
In Victoria II oltre alla guerra c’è di più
Leggendo l’articolo, magari ti puoi essere fatto un’idea che il gioco sia incentrato sulla gestione militare e conduzioni di eserciti. Non potresti essere più lontano. L’aspetto militare in Victoria II è, seppur molto importante, secondario rispetto a quello economico. Dopotutto siamo nell’Ottocento, il secolo dell’industrializzazione e del progresso scientifico.
Per far questo, se hai scelto un paese con una economia pre industriale, la prima sfida in assoluto da affrontare, prima di lanciarsi in avventate avventure coloniali, è quella di dare impulso alla creazione di fabbriche e ferrovie, magari all’inizio pagandole di tasca propria, così da far sviluppare le due fasce principali della popolazione di uno stato industrializzato: gli operai ed i capitalisti.
Ci sono tre classi sociali, ed all’interno di queste varie specializzazioni. Ognuna di loro è importante in una economia complessa ed interconnessa. Victoria II ci dà la possibilità di interferire con i normali processi sociali, intervenendo laddove ce ne sia bisogno.
Nel commercio Victoria II dà il meglio di sé. Un sistema intricato di produzione e scambi mondiali di risorse, difficile da comprendere, figurarsi da padroneggiare. Fatto sta che la schermata del commercio da sola vale la metà dei nostri introiti: è qui che si decide se avremo un conto florido oppure in rosso. Aver studiato le basi di macro e microeconomia sicuramente aiuta, così come aiuta la conoscenza storica del periodo storico (ma senza di quella dubito che nessuno si cimenti in un gioco simile).
La lezione per ogni giovane comandante è quella di capire quali battaglie combattere, e quando invece è necessario ritirarsi; la scelta più saggia a questo punto è lasciar gestire il commercio alla IA, che cercherà di fare i nostri interessi, come un broker che agisce al posto nostro per fare i nostri interessi. Ma tieni comunque un occhio vigile su prezzi ed andamento di mercato, quando dovrai decidere quale direzione far prendere alla tua politica industriale.
Non vorresti ritrovarti con dieci enormi fabbriche che producono a tutto spiano attrezzature nautiche a vela, quando ormai il naviglio mondiale viaggia a combustione, oppure a corto d’acciaio per le nostre corazzate, perché per anni hai continuato a venderlo sottocosto.
Dovresti provarlo?
Se sei un appassionato di storia, devi provare Victoria II. Se non lo sei, beh… te lo consiglio comunque. L’interesse può sempre nascere dopo. Ciò che conta è che un gioco del genere non lascia indifferenti. Inoltre, benché uscito da dieci anni, il gioco è stato seguito dal team di sviluppo fino al 2018, ricevendo aggiornamenti, patch e dlc con nuove caratteristiche migliorative negli anni.
Ti troveresti un gioco completo (cosa rara di questi tempi), perfettamente giocabile (giochi del genere invecchiano bene), con dei livelli di sfida scalabili, a seconda della tua abilità, senza contare l’ottima colonna sonora, azzeccatissima ed immersiva, come ogni titolo Paradox, che ti accompagnerà in una straordinaria avventura, di cui non solo sarai protagonista: ne sarai anche l’artefice.