Come ho ribadito più volte, se si parla di video giochi, Dark Souls è, ormai, da tempo l’emblema della difficoltà . All’uscita, Cuphead, gioco piuttosto complesso, venne immediatamente additato come un “Dark Souls 2D“: negare quindi, che Dark Souls, per un videogiocatore attuale è il metro ultimo di paragone per la difficoltà di un videogioco sarebbe inutile. In realtà, quello di Dark Souls è un paragone piuttosto superficiale, più diretto a descrivere quei giochi che, per fortuna, spronano il videogiocatore a spremere le meningi e le dita senza essere guidato.
Lo sai che negli anni 2000, prima dell’avvento dell’opera magna di FromSoftware , esisteva un altro gioco a far da emblema alla difficoltà nei videogiochi? Tu, videogiocatore più anziano, di certo,lo saprai. Sto parlando, infatti, di Ghosts’n Goblins, uno dei primi capolavori sfornati, nientemeno che da Capcom.
Cos’è Ghosts’n Goblins?
Ghosts ‘n Goblins, noto come Makaimura (魔界 村, lit. “Demon World Village”) in Giappone, è il primo ed iconico gioco della serie Ghosts’ n Goblins, sviluppato da Capcom. Questo gioco rivoluzionario è stato rilasciato nel 1985 e rimane di forte ispirazione per molti titoli platform moderni eil suo sequel diretto è Ghouls ‘n Ghosts. Il gioco, inizialmente prodotto da Capcom per le sole e ormai leggendarie sale giochi, venne, in seguito, portato su Commodore 64, NES, ZX Spectrum, Amiga, Amstrad CPC, Atari ST, MS-DOS, Commodore 16, Game Boy Color e Game Boy Advance. C’è da sottolineare che, tutti questi hardware, avevano una potenza totalmente differente l’uno dall’altro, pertanto alcuni porting sono stati praticamente rifatti da zero.
Come nel classico stereotipo dell’eroe di quegli anni, in Ghosts ‘n Goblins, il giocatore prenderà il ruolo di Arthur, un cavaliere che deve avventurarsi nel villaggio del Regno dei Demoni per salvare la sua dolce principessa Prin-Prin (nota anche come Ginevra, o non nominata del tutto a seconda del gioco/traduzione ) dal re demone Astaroth. Arthur userà una buona varietà (almeno per l’epoca) di armi che lancerà come proiettili. Fra queste figurano lance, asce e pugnali, utili al simpatico Arthur, per eliminare qualsiasi cosa si trovi sulla sua strada.
Di fatto, il gioco è divenuto molto famoso sia a causa del suo design cupo, caratterizzato da uno stile dalle tinte gothic horror, molto particolare per l’epoca, (si consideri che Castlevania uscì l’anno successivo), sia per via dell’enorme difficoltà che veniva richiesta per poterlo completare. Infatti, il livello di salute e magia di Arthur è rappresentato dall’armatura che indossa e nonostante, lo stesso, sia in grado di trovare armature migliori e varie armi in forzieri nascosti durante le fasi di gioco, indipendentemente da quanto sia potente l’armatura che questo indossa, la perderà sempre con un solo colpo. Una volta persa la sua armatura, Arthur rimane solo con i suoi boxer, un’immagine che è diventata iconica per la serie e, se colpito nuovamente, andrà incontro al game over.
Gli stage
Nel gioco originale sono presenti 7 livelli, con i primi quattro livelli tutti dotati, per fortuna, di un checkpoint intermedio.
- Cimitero e foresta – Boss: ciclope unicorno
- Palazzo di ghiaccio e borgo infestato – Boss: coppia di ciclopi unicorni
- Caverna – Boss: drago
- Piattaforme fluttuanti e ponte sospeso sul fuoco – Boss: drago
- Castello (parte bassa) – Boss: demonio
- Castello (parte alta) – Boss: coppia di demoni
- Sala del trono– Boss: Astaroth
Anche se oggi il concetto di New Game + sembra una cosa scontata, all’epoca un concept di questo tipo era rarissimo. A rendere Ghosts’n Goblins ancora più arduo il fatto che sconfiggere il boss finale, non era sufficiente per salvare la principessa e gustarsi il “vero finale“, per farlo, era necessario rigiocare tutti i livelli a una difficoltà maggiore e considerando quella del gioco base, era un impresa piuttosto ardua.
I cabinati e la mitizzazione del gioco
Cosa, di fatto, ha letteralmente mitizzato questo gioco e la sua grande difficoltà? All’inizio, ho accennato che, inizialmente Ghosts’n Goblins fu commissionato da Capcom con l’obiettivo di farne un Arcade con molte difficoltà per le dipartite sale giochi. Il gioco era tarato in quella difficoltà, partendo dal presupposto che erano a disposizione due vite per portare a termine ben 7 livelli (14 se si voleva fare il colpo grosso), una scelta per fare in modo che, la quantità di monete da inserire per ripartire dall’agognato checkpoin, fosse davvero alta. Chiaramente l’utenza media dei cabinati, si attestava fra bambini e ragazzi, entrambe categorie solitamente sprovviste di grandi somme di denaro, pertanto, per la mancanza di fondi, e nonostante il conseguente allenamento di gioco, e una certa dose di bravura, finire il gioco era, effettivamente un impresa leggendaria. Un impresa talmente idealizzata dai giovani giocatori che, negli anni 80, completare Ghosts’n Goblins finì per diventare un mito, sorte che, negli anni 90, toccò anche a Metal Slug. Indubbio quindi pensare che, per la nuova generazione videoludica, arrivare alla fine di Dark Souls è certamente un vanto.