Quella di Devil May Cry è sicuramente una saga che ha fatto la storia dell’industria videoludica: reginetta del passato poi ridotta agli stracci a causa di alcune incertezze di Capcom, in questo momento il franchise è tornato in auge grazie a Devil May Cry 5, che nel 2019 ha avuto il coraggio di dimostrare non solo che il genere hack n’ slash riesce ancora ad appassionare, ma che la saga ha ancora molto da dire, a discapito di quello che si pensava dopo il non apprezzatissimo DmC.
In principio, il primo Devil May Cry è stato inizialmente concepito come Resident Evil 4: il leggendario director Shinji Mikami affidò a Hideki Kamiya l’arduo compito di sviluppare un nuovo capitolo del celebre horror. Kamiya, seguendo ovviamente le direttive di Mikami, cercò di creare un prodotto molto più action e, per il level design, si ispirò ai luoghi visitati in Stati Uniti e Spagna che aveva visitato in precedenza, inserendo nell’embrione del progetto delle ambientazioni maggiormente gotiche.
Nonostante Kamiya abbia provato a portare innovazione senza però snaturare la serie, questo venne prontamente fermato dallo stesso Mikami: Shinji però gli consiglia di non abbandonare il concept di gioco, ma anzi lo sprona a creare qualcosa di completamente distaccato, inedito. Hideki Kamiya, a sua insaputa, aveva gettato le basi per una nuova pietra miliare, incastonata nel cuore dei videogiocatori ancora oggi.
La trama, riscritta da zero, avrebbe parlato del regno dei demoni in conflitto con quello degli umani: le sue ispirazioni sono radicate principalmente dalla Divina Commedia, quasi come se l’inferno dantesco potesse venire a disturbare la pace degli uomini. E a proposito di Divina Commedia, come potrebbe mai chiamarsi il nostro protagonista?
Premesse demoniache
Il leggendario Cavaliere Nero Sparda, un potente spadaccino demoniaco che per anni ha servito Mundus, il Signore delle Tenebre che governava il mondo demoniaco, tradì la sua razza riversandosi contro il regnante e le sue truppe quando questo tentò di conquistare il mondo umano. Sparda riuscì a sconfiggere Mundus e i suoi eserciti ma, una volta resosi conto della sua incredibile potenza, decise di sigillare anche se stesso e il suo potere demoniaco. Prima della sua scomparsa però, sposò una donna umana di nome Eva, e da lei ebbe due gemelli: Dante e Vergil.
Il protagonista della serie è Dante, l’ibrido tra umano e demone dalla conformazione albina, con la sua pelle candida, gli occhi azzurri e i capelli bianchi. Dante decide di mettere le sue abilità demoniache al servizio degli umani che vengono invasati dalle entità demoniache, facendo del cacciatore di demoni la propria attività e aprendo la sua agenzia, la Devil May Cry.
Al contrario del fratello, Vergil sfrutta i propri poteri soltanto per una mera questione di potere: questa visione egoistica della vita lo porta ad intraprendere una strada diversa da Dante, poiché è disposto a tutto per ottenere il controllo… anche uccidere il suo consanguineo, se fosse necessario.
L’incipit narrativo dei primi due capitoli di Devil May Cry si basa principalmente su Dante, non approfondendo mai in modo concreto il personaggio di Vergil: tuttavia, dopo un ottima accoglienza per Devil May Cry 1, ma una pessima riuscita del suo sequel, per il terzo capitolo Capcom decide di affidarsi nelle mani di Hideaki Itsuno per dirigere Devil May Cry 3: Dante’s Awakening e risollevare la serie dopo la rovinosa caduta del secondo gioco. Hideaki Itsuno sceglie di realizzare un prequel dei due capitoli precedenti, con protagonista un Dante giovane e delle meccaniche di gioco stilisticamente accattivanti: la storia, inoltre, include Vergil come antagonista principale.
La torre demoniaca
La trama inizia proprio con Dante, mentre si appresta ad inaugurare la sua agenzia di acchiappademoni Devil May Cry. Proprio mentre lo sfacciato mezzo demone inizia a gustarsi una pizza, la sua cena viene disturbata dalla presenza di quello che all’apparenza sembri un essere umano dall’aspetto decisamente sinistro.
Non appena questo dichiara di essere stato mandato da Vergil, scompare per far posto ad un ondata di demoni che in gruppo falciano senza pietà il nostro protagonista: purtroppo per loro però, il figlio di Sparda è duro a morire.
Sistemati i demoni che hanno assaltato l’agenzia e uscendo fuori da questa, Dante nota che un enorme torre si erge in lontananza: Vergil è tornato, ha rotto il sigillo che teneva lontani i demoni dal mondo umano. Il suo scopo è appropriarsi del medaglione che suo fratello Dante porta al collo donatogli dalla madre anni prima della sua scomparsa, poichè, se unito all’altro medaglione posseduto da Vergil, si potrà accedere al regno dei demoni.
Dante, intenzionato a fronteggiare la minaccia e pronto a qualsiasi cosa pur di evitare una catastrofe senza precedenti, inizia a scalare la torre.
Con questa premessa narrativa decisamente intrigante, unita alla sfacciataggine ironia di Dante, il giocatore viene spinto a proseguire nella storia: lo scontro fratricida dei figli di Sparda e le loro opposte personalità riescono a tenere il giocatore incollato allo schermo, anche grazie all’approfondimento di nuovi personaggi secondari introdotti e ai loro retroscena. Devil May Cry 3 inoltre si impegna a mostrare agli appassionati della saga l’origine dell’ammazzademoni più amato dei videogiochi e di come l’amore fraterno che questo prova per Vergil si trasmuta involontariamente in rivalità a causa del conflitto d’interessi scaturito da suo fratello.
Jackpot!
Il gameplay di Devil May Cry 3 è sicuramente uno dei migliori della serie: il tecnicismo impiegato per eseguire più combo ininterrottamente e sempre diverse fra loro premia il giocatore con un avanzamento nello stile, cosa che già accadeva nei capitoli precedenti, ma questa volta la skill base richiesta è elevata all’ennesima potenza, con conseguente innalzamento della soddisfazione.
Quasi ogni boss ucciso ci ricompenserà con una nuova arma da usare in maniera situazione, a come pensiamo di affrontare la missione: come se non bastasse, è possibile aggiungere nuovi moveset alle armi acquisendo le abilità tramite l’uso delle sfere rosse.
Il combat system è inoltre munito di quattro stili che, a seconda della scelta , forniranno w Dante ulteriori mosse da sfoggiare negli scontri.
Nonostante questo suoni come niente di nuovo per chi ha giocato i precedenti capitoli, sarà proprio la maggiore accuratezza impiegata in questo titolo a contraddistinguere anche gli episodi successivi: pad alla mano, Dante è molto più fluido, meno macchinoso da usare e le alternazioni di combo e armi arrecano un soddisfacente feeling al gameplay, come nella serie non si era mai visto prima d’ora.
Il gioco pullula di bossfight, anche se la qualità di queste risulta altalenante: malgrado alcune siano epocali, altre sono decisamente poco ispirate, in alcuni casi fastidiosamente ripetute: se si riesce però a superare l’ostacolo delle (poche) bossfight anonime, Devil May Cry 3 riuscirà a donare momenti epici al giocatore, che difficilmente svaniranno dalla memoria.
Sebbene quella di Devil May Cry sia una serie che predilige il genere del combattimento a istanze, ci sarà spazio anche per gli enigmi ambientali, piacevole distrazione e alternativa (obbligatoria al proseguimento) al demonicidio che scateneremo con il proseguire del gioco: essendo comunque una meccanica comprimaria, non aspettarti dei rompicapi dalla spiccata difficoltà.
La durata di Devil May Cry 3 è di 20 missioni, cadenza che rappresenta, salvo alcune eccezioni, lo standard della serie, con una durata complessiva che non supera la soglia delle dieci ore. La breve longevità è un motivo per spingere a rigiocare il titolo, riuscendo ad ottenere il grado massimo in tutte le missioni oppure rigustandolo alle difficoltà più alte, sbloccabili soltanto se completato il gioco in quelle precedenti. Attenzione però, le successive modalità saranno davvero difficili: oltre ad un elevamento parametrico del danno subito, nuove feature complicheranno i nostri combattimenti, come l’impossibilità di stordire un demone mentre attacchiamo o la resistenza delle ondate di nemici che aumenta ad ogni nemico ucciso.
D’altronde, Devil May Cry non è mai stata una serie caratterizzata da giochi semplici: sfide come la modalità Inferno o Inferno, che ucciderà Dante al primo colpo subito, sono ciò che spinge gli amanti della serie a perfezionare le proprie mosse e di conseguenza ad appassionarsi al titolo.
Anche in questo terzo capitolo è disponibile il Palazzo di Sangue, una modalità endgame strutturata a livelli: uccidendo i demoni che infestano l’area, potremo accedere ai piani successivi. Il Palazzo di Sangue è costituito da diecimila piani: più ci avviciniamo alla vetta, maggiore sarà il pericolo e i demoni che tenteranno di ostacolarci. Ogni cento piani ci sarà una bossfight ad attenderci: tranne che per il livello 9999, lo spawn dei boss sarà del tutto casuale, quindi sarà impossibile prevedere l’immonda creatura che attenterà alla nostra vita.
Pizza, demoni e metalcore
Le ambientazioni di Devil May Cry 3 strizzano maggiormente l’occhio al primo capitolo piuttosto che al suo predecessore, sia per quanto riguarda i luoghi da esplorare che per l’atmosfera che si respira: purtroppo però peccano di eccessiva ridondanza, problema di level design che affligge tutti i titoli del franchise. Se da una parte le ambientazioni del terzo capitolo risultano essere quelle più varie e convincenti (infatti attraverseremo zone urbane, stanze gotiche e la pancia di un mostro), d’altro canto l’alternanza di queste è davvero povera, finendo per passare circa il 70% di gioco con la stessa tipologia di scenario a fare da sfondo alle nostre battaglie.
Le musiche di gioco riprendono perfettamente le colonne sonore dei titoli precedenti: diversi sono i generi dei brani eseguiti all’interno di Devil May Cry 3, ma decisamente tutti sopra le righe. In base alla situazione, potrai ascoltare brani prettamente corali con solo un organo ad accompagnare le melodie, passando per musiche heavy metal che doneranno enfasi alle scene più action del gioco.
Dato la complessità e le differenze che caratterizzano questi due generi, Capcom scelse come produttori Tetsuya Shibata e Kento Hasegawa, mentre per la controparte metal della colonna sonora la software house giapponese scelse di affidarsi alla band Hostile Groove. Uniti questi due tipi di musica, sacro e profano, è nata l’ost principale del gioco, Devils Nerver Cry, con prestazione canora eseguita da Shootie HG, punto cardine delle musiche nella serie.
Per quanto riguarda il comparto tecnico del gioco, sono presenti croce e delizie: graficamente siamo su ottimi livelli, almeno per gli standard dell’epoca, senza contare le animazioni e i movimenti dei personaggi credibili e ben realizzati, sia negli intermezzi narrativi che in game. Devil May Cry 3 è un titolo hack n’slash e, come ogni titolo della categoria che si rispetti, riesce a mantenere un framerate solido senza particolari crolli, fattore determinante per la dinamicità del gioco e per la sua valutazione finale.
Il problema maggiore è da ricercare nella telecamera di gioco, poiché l’angolazione sarà preimpostata senza darci la possibilità di spostarla: le problematiche sorgono a causa di poca coscienza in alcuni livelli, dove negli spazi angusti la telecamera farà del suo peggio.
In conclusione
Devil May Cry 3: Dante’s Awakening è il titolo del franchise più spettacolare, almeno per quanto riguarda la trilogia rilasciata su PlayStation 2. Nonostante alcune pecche che ancora oggi presenziano nei capitoli più recenti della serie, l’avventura del giovane Dante porta una ventata di freschezza e, a livello di gameplay, getta le basi su cui si ergono tutt’ora alcune fondamenta, sia della saga, che del genere hack n’slash.
Stiamo parlando sicuramente di un must have quasi sacro per gli amanti dei tecnicismi: Devil May Cry 3 è frutto di una generazione videoludica che, nonostante i limiti tecnici del periodo, riusciva ad appassionare e a formare il giocatore grazie ad esperienze di gioco avvincenti e complete.