Ma quanto è bello giocare ad Hitman? Ogni volta che faccio una partita, mi sento un giocatore di scacchi che deve muovere le sue pedine al posto giusto con un tempismo che dire perfetto è ancora poco. Essendo abbastanza giovane però (pur reputandomi un fan della serie) non sono mai riuscito a recuperare i capitoli più vecchi, così ho colto l’opportunità di scrivere un articolo per provare con mano questo Hitman: Codename 47 . Sarà riuscito a farsi apprezzare anche a distanza di (ormai) 25 anni?
“Wow come hai fatto?”, diceva Eidos
Se le cose migliori avvengono per caso, la storia di Hitman: Codename 47 non è da meno. Il suo sviluppo è iniziato nel lontano 1998 poco dopo la fondazione di IO Interactive, la sua casa produttrice: a quell’epoca era una join venture (una azienda nata dalla collaborazione di altre due, tipo Sony Ericsson per capirci) tra Reto-Moto e Nordisk Film. La prima le aveva commissionato un MMO fantasy chiamato Rex Dominus, ma la seconda non era molto convinta dell’idea così la convinse a cambiare rotta e a creare uno sparatutto run-and-gun più semplice.
Come ricorda il lead designer Jacob Andersen in un’intervista, cominciarono a creare il gioco per Nordisk Film ispirandosi ai film d’azione del regista di Hong Kong John Woo. Secondo le prime idee, i giocatori avrebbero dovuto impersonificare un assassino in giacca e cravatta intento ad uccidere i componenti della mafia cinese presenti nel gioco (idea che, per chi conosce già Hitman: Codename 47 risulterà estremamente famigliare).
Come piattaforma si scelse il PC perché è proprio qui che nacque l’idea di un nuovo componente chiamato scheda grafica, che dava al computer un modo più rapido per renderizzare la grafica 3D senza appesantire la CPU.
Volendo mostrare il loro talento, cominciarono a sviluppare il loro motore di gioco personale. Lo chiamarono Glacier Engine e per crearlo non badarono a spese: per renderlo spettacolare implementarono una fisica molto più realistica degli altri videogiochi, con i corpi che interagivano con l’ambiente quando spostati e che cadevano a terra in modi diversi in base a come venivano colpiti, mostrando così al mondo il primo esempio concreto di fisica ragdoll.

Jonas Eneroth, executive producer di Eidos Interactive, dopo aver assistito ad una dimostrazione e impressionato dalla fisica del motore di gioco, convinse IO Interactive a continuare lo sviluppo per loro mollando l’idea del run-and-gun e creando un videogioco stealth incentrato sul realismo, dando inizio ai lavori sul primo capitolo della saga del killer più letale al mondo.
L’agente in azione
In Hitman: Codename 47 impersonificheremo i panni di 47, un uomo che si sveglia legato al letto in quello che sembra essere un manicomio: non si sa nulla del suo passato o come sia finito là dentro, l’unica cosa conosciamo di lui è il codice a barre tatuato dietro la sua pelata nuca (oltre al fatto che fa molto ridere come viene raffigurato nelle schermate di caricamento).
In questa prima fase, che funge da tutorial, verremo introdotti alle meccaniche di gioco da una voce che si autoproclamerà fin da subito “nostra unica amica”: impareremo ad usare le armi iconiche del personaggio come la corda di pianoforte e le pistole (che ahimè non sono ancora le amate Silverballer, ma vengono chiamate Hardballer e non hanno il silenziatore), a saltare gli ostacoli e a travestirci per passare inosservati anche davanti agli occhi più sospettosi.

Dopo essere riusciti a scappare dal manicomio, inizia la nostra avventura come sicario per conto della ICA, l’agenzia di assassini più famosa dei videogiochi, a fianco della nostra collaboratrice Diana Burnwood (di cui non sentiremo mai la voce, ma che comunicherà con noi durate i briefing pre-missione con dei messaggi scritti). Ci sporcheremo le mani attraverso una serie di delitti contro alcuni dei peggiori criminali del mondo da Hong Kong fino in Romania, passando per la Colombia, Budapest e Rotterdam.
La storia di Hitman: Codename 47 in generale non è nulla di così complicato: non è Metal Gear Solid e non punta nemmeno ad esserlo. É abbastanza godibile, anche se il titolo principalmente punta sul gameplay e non su una racconto intrecciato con un milione di sottotrame, facendo la felicità dei puristi della saga (anche se reputo Absolution il migliore proprio per il suo approccio diverso nel raccontare le vicende, ma è solo una mia considerazione personale).
La varietà delle ambientazioni è veramente notevole considerando l’età del gioco: risultano essere nettamente distinte tra loro e ognuna riesce a lasciare un segno nella memoria di chi gioca. Gli sviluppatori sono riusciti a renderle ben caratterizzate e si capisce fin da subito di essere ad Hong Kong piuttosto che in Colombia e così via.

Gli interni degli edifici sono veramente belli da esplorare e offrono un sacco di stanze ben arredate. L’unico problema che si riscontra è la navigabilità: per quanto gli ambienti interni siano ben strutturati, a causa dell’enorme vastità capita spesso di perdersi e di faticare a ritrovare il punto da cui si è partiti.
Inoltre la mappa (consultabile ogni volta che lo si desidera) di certo non aiuta a molto: ci vengono indicati solo il punto di partenza (che coinciderà con quello di arrivo), la nostra posizione e qualche punto di interesse, ma è tutto comunque troppo semplificato. É comprensibile il fatto che per rendere il gioco più realistico abbiano voluto fare determinate scelte, ma qualche indicazione in più non avrebbe fatto male.
Alla ricerca del delitto perfetto
Dopo il tempo speso per capire come muoversi negli ambienti, dovremo trovare il modo di avvicinarci al nostro bersaglio e qui cambia tutto. Per gli appassionati del genere, comprendere come si muovono tutti gli NPC e agire di conseguenza è la base di un buon stealth e Hitman: Codename 47 sa il fatto suo: i percorsi che sia le guardie che i civili seguono durante tutte le nostre partite sono veramente ben studiati e danno un senso di sfida continua al giocatore.
Purtroppo all’epoca non avevano pensato a nessuna meccanica in grado di modificare i tragitti prestabiliti delle guardie. Nel nostro repertorio di armi non è previsto nessun oggetto lanciabile (come una moneta o dei mattoni) che permetta di attirare il nemico verso la direzione da noi desiderata, costringendoci o ad abbatterlo senza essere visti o a lasciarlo passare.
Durante le nostre sessioni è possibile ammirare le varie reazioni che i personaggi non giocanti avranno in base a come ci comporteremo: se una volta indossato un travestimento cominceremo a correre davanti alle guardie incuranti delle conseguenze, è facile che queste ci fisseranno in modo sospetto, dandoci attenzioni che potrebbero rendere più difficile il completamento della missione.
Per giocare al meglio è sempre buona cosa capire con quale travestimento è possibile accedere a determinate aree della mappa: se non ci si fa caso ci penseranno le guardie a ricordarcelo, riempendoci di colpi e costringendoci a ricominciare tutto da capo (per una scelta stilistica degli sviluppatori non esistono i check-point).

Per un giocatore che come me ha cominciato a giocare a Hitman col capitolo del 2012 su PS3, il fatto di dover proseguire costretti ad uccidere le guardie potrebbe essere un po’ destabilizzante, soprattutto all’ inizio.
Infatti chi ha giocato i nuovi capitoli sa come più si gioca in modo “pulito” senza uccidere nessuno e senza cambiare i propri abiti, più il punteggio a fine missione sarà alto: per giocare a questo primo titolo quindi è importante tenere a mente come questa regola non valga e seguire questa strada impedirà di netto il completamento del livello.
“É l’arma a scegliere il killer, signor 47”
Il repertorio delle armi che Hitman: Codename 47 offre non è estremamente vasto, ma è comunque funzionale a quello che dovremo fare. Non sarà affatto semplice comunque prendere un mitra e fare i John Rambo di turno: oltre ai comandi legnosi già per l’epoca, il vero problema è la scarsità dei colpi a nostra disposizione. Certo, è possibile fare una scorta di proiettili durante il briefing della missione, ma per un mitragliatore il massimo numero di colpi acquistabili è di 150 e sono veramente pochi per lo scopo.
É altrettanto vero che si possono depredare i cadaveri per ricaricare le nostre armi, ma sarà un’impresa solo avvicinarsi a causa della quantità di nemici che ci ritroveremo davanti (con munizioni infinite ovviamente). Infatti Hitman: Codename 47 predilige un approccio molto più meticoloso rispetto ai normali sparatutto: oltre alla Beretta silenziata e la famosa corda in fibra, è consigliabile imparare a conoscere il livello (andando di esperienza e tentativi) per trovare l’armamento ideale.
Lo shooting non è nulla di che, mi è capitato di trovarmi con un’automatica tra le braccia e sparare verso un bersaglio sprecando metà dei colpi. Questo perchè gli sviluppatori hanno cercato di simulare la rosa dei colpi dei fucili, ma risulta essere troppo ampia non riuscendo quasi mai a colpire come si deve il bersaglio anche a distanza media.
Avremo anche la possibilità di comprare altre armi, la cui disponibilità nel negozio varierà in base alla missione. Troveremo sempre, oltre la corda di pianoforte e la beretta silenziata, anche un coltello, una bussola e un binocolo mentre per armi più particolari come un cecchino vi sono dei livelli apposta dove l’utilizzo faciliterà di gran lunga l’abbattimento del bersaglio.

Per gli amanti del genere quindi, Hitman: Codename 47 è un gioco assolutamente da recuperare: per quanto alcune meccaniche possano risultare scomode, vecchie o addirittura non presenti, è il precursore di uno degli stealth game più importante degli ultimi 30 anni: per ogni cosa che fa storcere un po’ il naso è presente una controparte in grado di ribilanciare il gioco, risultando una bella sfida ad ogni partita. Inoltre, per chi volesse approfondire l’intera saga, è un allenamento ai capitoli successivi ed in particolare al suo sequel diretto, Hitman 2: Silent Assassin.
E tu cosa ne pensi? Avevi giocato a questo Hitman: Codename 47 all’epoca o, come me, non lo avevi mai provato? Dicci la tua qua sotto nei commenti e ricorda di seguire la nostra pagina Instagram! Ah, se sei un fan della saga ma non hai ancora giocato l’ultimo capitolo, perché non provi a dare un’occhiata alla nostra recensione?