Per quanto tuttora si stiano scoprendo dei segreti ad anni di distanza dalla sua pubblicazione, è difficile dire qualcosa di Super Mario 64 che non sia già stato detto in precedenza. D’altronde, abbiamo a che fare con una autentica pietra miliare della storia videoludica, che prima ancora di Spyro The Dragon ha saputo creare un tipo di platformer prima di allora inconcepibile.
La Rivista Ufficiale Nintendo, nel 2005, definiva il Castello di Peach – che, a conti fatti, debuttò proprio in Super Mario 64 – una “casa delle bambole” liberamente esplorabile. Questo concetto, semplice ma geniale quanto basta da funzionare, ben si prestava all’idea di dare a Mario qualcosa da esplorare per la prima volta in più delle consuete due o tre direzioni. Una libertà su tutti i fronti, tranne la possibilità di giocare fuori dalle mura domestiche.
A liberare il gioco dalla “prigionia casalinga” ci pensò Super Mario 64 DS, titolo di lancio dell’allora neonato Nintendo DS ed erede spirituale della tetralogia di port Super Mario Advance (che portarono, appunto, quattro giochi per Super Nintendo sugli schermi del Game Boy Advance). Fa quasi impressione pensare che siano già passati quindici anni da allora, eppure eccoci qui.
“Levatemi tutto, ma non la leva!”
Abbiamo parlato in modo molto esteso di Nintendo DS e di come quest’ultimo fosse riuscito ad avere successo dove Nintendo 64 fallì; in tal senso, Super Mario 64 DS ben si presta a questo parallelismo. Il caro vecchio DS aveva dalla sua l’innovazione del touch screen, perdendo però quella leva analogica che contraddistinse immediatamente la novità principale delle avventure di Mario.
Purtroppo, i “gourmet” del gaming – o, più semplicemente, i fan dell’idraulico più puntigliosi – tendono a bistrattare Super Mario 64 DS sulla sola base dell’utilizzo forzato della croce digitale, dimenticando puntualmente tutte le migliorie che Nintendo apportò a uno dei suoi prodotti più amati. I nove anni intercorsi tra Super Mario 64 e il suo remake, contestualmente, garantirono al gioco un’allora inedita localizzazione in italiano, ma i contenuti aggiunti erano ben altri.
Il sempreverde invito di Peach
La trama, per quel poco che c’è da dire in merito, è la medesima: la principessa Peach, che in Super Mario 64 rivelava la natura di pseudonimo dietro al nome “Toadstool”, ci ha invitati per mangiare una torta. Stavolta, però, non parliamo al plurale intendendo “noi” come “noi giocatori”: gli invitati sono Mario, Luigi e Wario, mentre Yoshi – tenendo fede al suo cameo nel gioco originale – sonnecchia sul tetto.
Al risveglio, però, il cameraman Lakitu (incarnazione vivente della telecamera di gioco) lo avvisa del ritardo sospetto degli altri tre, mandando lui a cercare informazioni nel castello. Il piccolo Yoshi viene accolto nel castello dall’eco della risata di Bowser: tutti sono stati intrappolati nei dipinti, e il re dei Koopa ha preso il totale possesso del castello! Starà a noi, cioè i giocatori, riportare l’ordine nel Regno dei Funghi.
Super Mario 64 DS, quattro volte più grande dell’originale
Il gioco venne presentato all’E3 precedente con il nome provvisorio “Super Mario 64×4”. Il titolo, per quanto quasi pacchiano, aveva il suo perché: Super Mario 64 DS, prima di diventare un remake più tradizionale, venne inizialmente concepito come una rivisitazione co-op del gioco originale con l’aggiunta di elementi competitivi. Questo avrebbe sfruttato di più il multiplayer wireless di Nintendo DS, concettualmente più semplice degli ostici cavi Game Link, ma l’idea venne scartata.
Ciononostante, l’aggiunta di Yoshi, Luigi e Wario (già presenti nel prototipo) come personaggi giocabili aggiuntivi è il vero fiore all’occhiello di questa rivisitazione di un grande classico. Per cominciare, il gioco esordisce con Mario come personaggio sbloccabile: i nostri primi passi, infatti, li compivamo appunto con Yoshi, che in Super Mario 64 DS vantava una magistrale reinterpretazione 3D delle sue abilità in Yoshi’s Island.
Al tasto Y veniva dato il compito di fare le veci della “piena inclinazione” della leva analogica; in altre parole, serviva quello per correre. Tutto questo sembra molto ostico su carta, ma una volta che si prova Super Mario 64 DS con mano si impiegano cinque minuti al massimo per padroneggiare i salti dei vari personaggi. E sì, sto parlando al plurale senza ancora aver sbloccato nessuno!
La possibilità di perdere – e ritrovare – il proprio cappello ritorna anche in Super Mario 64 DS, ma per fortuna il remake la trasformò in una nuova opportunità di gameplay, anziché essere il solito ostacolo. Yoshi (o chi per lui) poteva trovare infatti i berretti degli altri personaggi, rendendo possibili trasformazioni temporanee con cui alternare il gameplay di ogni eroe senza uscire dai livelli.
Una volta sbloccati, i personaggi potevano essere scambiati in una sala apposita, ovvero un’espansione delle vetrate che nel gioco originale permettevano l’accesso allo scivolo segreto. Qui trovava anche posto una modalità aggiuntiva, ovvero i minigiochi esclusivi all’uso del touch screen accessibili anche dalla schermata del titolo. Ogni minigioco si poteva sbloccare trovando un coniglietto diverso in giro per il castello, e Wario – fedele alla fama a cui l’ha portato WarioWare – vantava quelli migliori.
A proposito del touch screen, i più pignoli potevano ricorrere a questa aggiunta come rimpiazzo della leva analogica, sebbene a conti fatti era più un modo per complicarsi la vita che altro. Molto probabilmente, il laccetto per pollici incluso con i primi modelli di Nintendo DS serviva più in Super Mario 64 DS che nel 90% dei capolavori sfornati per la console negli anni successivi.
Potere e potenza
I power-up di Mario nel gioco originale passarono dall’essere cappelli mirati all’utilizzo di un solo personaggio a un potenziamento singolo. Super Mario 64 DS sostituì ogni singolo berretto con il Fiore Potenza, che dava a ciascun personaggio un’abilità differente: Yoshi poteva sputare fuoco, Mario si gonfiava come se avesse inghiottito il Palloncino P di Super Mario World, Luigi diventava invisibile e a Wario venne affidata la versione “Metal” che tutti oggi conosciamo a menadito.
In generale, i quattro personaggi avevano utilizzi differenti in base ai loro poteri: Yoshi poteva usare il salto fluttuante, la lingua e il lancio di uova di Yoshi’s Island per aiutare i principianti, Mario funzionava in modo identico al Super Mario 64 originale, Luigi era quello “scivoloso” dai poteri di salto talmente astronomici da rendere inutili gli altri tre, e Wario compensava la scarsa agilità con la forza bruta.
Al di là dell’uso forzato di uno qualsiasi dei quattro in base ai nuovi ostacoli messi nei livelli, Super Mario 64 DS è rimasto lo stesso capolavoro che apprezzammo anni prima sui nostri televisori. Le Stelle da raccogliere sono aumentate da 120 a 150, e mentre molte delle 30 aggiunte sono state sparpagliate tra i livelli esistenti, per alcune di esse ne sono stati creati altri ex-novo.
Prima di concludere, cerchiamo di passare in rassegna brevemente le caratteristiche principali del gioco di base. A differenza del level design lineare dei Mario più classici, con Super Mario 64 DS abbiamo a che fare con ambientazioni tridimensionali non solo a livello grafico, ma anche e soprattutto per quanto concerne la struttura dei livelli. Le mappe sono grandi, e anziché avere un riduttivo traguardo da raggiungere dobbiamo ottenere – come anticipato – delle stelle: una caratteristica che avremmo rivisto in seguito in giochi come la trilogia di Spyro, Banjo-Kazooie e molti, molti altri.
Partenza in pole position
Se dovessimo valutare il lato tecnico del gioco, probabilmente l’upgrade grafico rimane tuttora la miglioria più evidente di Super Mario 64 DS. Tutti, tra personaggi giocabili, comprimari e nemici (soprattutto Bowser!), sono stati rimessi in pari rispetto ai render ufficiali rilasciati da Nintendo, unendo alla familiarità di un gioco già eccelso di suo la fedeltà ai canoni qualitativi a cui la Grande N ci ha sempre abituati. Riportiamo qui sotto il video della serie “Remake or Rebreak” di ExoParadigmGamer, se gli anglofoni vogliono un confronto alla pari.
Discorso analogo, seppure in modo meno marcato, per quanto concerne il comparto sonoro. Non abbiamo tirato in ballo i quattro Super Mario Advance per caso: tutti e quattro i port dovettero optare per un sound completamente diverso, a causa delle capacità audio ridotte del Game Boy Advance. Non è questo il caso: Nintendo DS riesce a replicare appieno il repertorio di Koji Kondo risalente al Super Mario 64 originale, oltre a brani inediti.
La longevità va inserita nel contesto originario, chiaramente, ma sebbene siamo abituati (fin troppo bene) ai lussi dei giochi open world dove c’è fin troppo da fare, anche qui gli impegni si sprecano: 150 stelle da recuperare, tanti coniglietti da catturare ed altrettanti minigiochi sbloccabili da provare. In particolar modo, questi ultimi sono facilmente descrivibili come “un piccolo WarioWare gratuito”, e danno altrettanta assuefazione.
Il gameplay di Super Mario 64 DS – e, per estensione, del Super Mario 64 originale – regge la prova del tempo come lo farebbe un buon vino. E quella del 1996 è stata un’annata fenomenale: mentre Crash Bandicoot donava al level design lineare dei Mario classici una dimensione in più, Super Mario 64 ha saputo reinventare completamente le radici dell’idraulico e farle fiorire verso nuovi, vasti orizzonti, dando vita a un giardino in cui abbiamo sempre piacere di tornare.