Abbiamo finalmente messo le mani su Oninaki, l’ultimo titolo prodotto da Tokyo RPG Factory, la quale, dopo i successi di I Am Setsuna e Lost Sphear, cambia le carte in tavola e propone un prodotto profondamente diverso.
Purtroppo, non sempre diverso corrisponde a migliore, e in questa nuova produzione, il risultato è decisamente altalenante.
Oninaki infatti, sembra un titolo dalle enormi potenzialità, sia sul lato narrativo, che su quello puramente ludico, ma purtroppo è chiaramente permeato da un’estrema superficialità in ogni suo aspetto.
La storia
Partiamo per prima cosa dalla trama, elemento che, più di tutti, soffre questo enorme spreco; il giocatore impersona Kagachi, un Watchers.
I Watchers hanno la capacità di poter varcare a loro piacimento il velo che divide il mondo dei vivi da quello dei morti, e sono in tutto e per tutto un corpo speciale incaricato per impedire alle anime dei defunti di perdersi nel mondo dei morti, non avendo così la possibilità di reincarnarsi.
All’interno del mondo di Oninaki, infatti, le anime dei defunti si reincarnano in nuovi nati, dimenticandosi della loro vita precedente, a meno che non vengano trattenuti nel mondo dei morti dai loro sentimenti per i cari lasciati indietro.
L’enorme potenziale di cui si parlava prima risiede proprio in questa struttura, lo studio, infatti, tratta il tema della morte in maniera anche toccante, mostrandoci per esempio nel tutorial, il lutto di una famiglia per la quale abbiamo appena salvato l’anima del figlio morto; purtroppo anche le scene che dovrebbero risultare estremamente toccanti, e che non vogliamo anticiparvi, suscitano nel giocatore emozioni unicamente per il concetto che rappresentano, e mai perché ben illustrate a schermo, né dai dialoghi, né tanto meno dalla regia a schermo.
Anche lo svolgimento della trama principale è estremamente banale, e facilmente ascrivibile a decine di Anime giapponesi in cui si vede la lotta tra eroi e il male assoluto.
La grafica
La volontà di avvicinare il titolo ai famosi cartoni giapponesi è anche testimoniata da una grafica in cel shading che richiama fortemente quello stile, che però, al netto di una pulizia generale dell’immagine, non risulta mai particolarmente ispirata.
I personaggi principali e i Daemon, così come i nemici che ci troveremo ad affrontare, sono estremamente semplici e artisticamente poco originali, per non parlare dell’estrema ripetitività dei mostri nemici, ripetuti più volte con leggere variazioni cromatiche.
Stesso discorso per l’accompagnamento musicale, il quale accompagna bene i momenti di lotta o tragici delle vicende, con dei brani estremamente minimali ma calzanti, nulla che però possa rimanere nella memoria del giocatore più a lungo di qualche ora.
Il combat system
Veniamo ora a quello che avrebbe dovuto essere il vero cuore pulsante della produzione, il gameplay ed il suo combat system: accantonati i combattimenti a turni di I Am Setsuna e Lost Sphear, lo studio giapponese ha progettato un sistema di combattimento in tempo reale per dare al gioco un’impronta più action.
Il nostro protagonista combatterà, infatti, in tempo reale, con l’ausilio di alcuni Daemon, entità spiritiche che decideranno di accompagnarlo durante l’avventura. Ogni Daemon ha le sue caratteristiche peculiari, che caratterizzeranno il nostro stile di combattimento, questo perché l’arma brandita dal nostro protagonista varierà in base al Daemon in campo, così come gli attacchi speciali che potremo praticare.
Inoltre, più colpi sferreremo con un dato Daemon al nostro fianco, più aumenterà un contatore che segnala la nostra affinità verso di lui, maggiore sarà questo valore, fino a un massimo di 200, maggiore sarà la quantità di danno che infliggeremo e che subiremo.
Sin dai primi minuti, sarà chiaro al giocatore come mantenere l’affinità al massimo che garantirà un enorme boost di danni, a fronte di danni subiti ingenti, ma quasi mai letali, grazie anche alle numerose cure che si potranno trovare in giro.
Inoltre, il titolo vorrebbe incoraggiare il giocatore a cambiare spesso il Daemon al suo fianco, per aumentare la varietà degli scontri, ma basteranno anche in questo caso poche ore di gioco per capire quanto questo possa essere controproduttivo.
Se è vero, infatti, che ogni Daemon ha attacchi e abilità peculiari, che possono risultare particolarmente utili contro un certo tipo di nemico, bisogna anche tenere conto che, durante l’utilizzo di un certo Daemon, collezioneremo solo e unicamente drop che lo riguardano, utili a potenziarlo tramite equipaggiamenti più potenti o con l’acquisto di abilità uniche; per non parlare poi del fatto che utilizzare ripetutamente una data abilità del Daemon, con il tempo la potenzierà, donandole degli effetti aggiuntivi e, in combo con l’affinità tenuta al valore massimo, rendendoci delle macchine di morte inarrestabili, capaci di finire qualsiasi boss in pochi colpi.
Questo porterà i giocatori più navigati a scegliere il Daemon con lo stile di combattimento più affine al proprio, per poi non cambiarlo più nel corso di tutta l’avventura, il che è esattamente l’opposto di quello che i ragazzi di Tokyo RPG Factory avrebbero voluto.
Risulta inspiegabile altresì, la scelta di non creare combo di mosse più complesse e che avrebbero potuto collegare fra loro le varie abilità di un Daemon, o magari più di uno, consentendoci di cambiarlo durante una combo per incrociare attacchi di Daemon palesemente affini.
Anche per quanto riguarda l’upgrade dei Daemon sembrerebbe esserci lo stesso livello di approssimazione, con i drop dei nemici che ci doneranno tonnellate di armi identiche, utili unicamente per essere distrutte per aumentare il livello di quella in uso, e con alberi delle abilità estremamente ramificati, ma che, alla fine, faranno aumentare unicamente le statistiche del Daemon oppure potenzieranno le varie abilità, senza mai modificare davvero il gameplay.
Il combattimento si ridurrà quindi a un enorme button mashing intervallato dall’utilizzo degli attacchi speciali dei Daemon.
Il gameplay
Ultima menzione al sistema di gioco all’infuori dei combattimenti: anche in questo caso, non c’è nulla di eclatante all’orizzonte, con il nostro protagonista che potrà viaggiare a piacimento tra il mondo dei vivi e quello dei morti con la semplice pressione di un tasto.
Purtroppo, viaggiare da un mondo all’altro servirà unicamente ad attuare un fastidioso meccanismo di backtraking che ci costringerà spesso a completare una mappa nel mondo dei vivi per batterne il boss, potendo così teletrasportarci nella stessa identica mappa nel mondo dei morti, dove dovremo battere nuovamente i vari nemici, per poi terminare il livello contro un secondo boss.
In conclusione
Per finire, Oninaki partiva con delle premesse e delle aspettative enormi, che forse hanno condizionato i ragazzi di Tokyo RPG Factory impedendogli di osare quanto avrebbero dovuto.
Rimane un grande rammarico per quella che avrebbe potuto essere una perla nata sotto l’ala protettiva di Square Enix, ma che invece è rimasta chiusa nel proprio guscio.