Se segui il panorama indie da un pò di tempo, ti sei sicuramente imbattuto nel genere dei roguelike, che ormai è stato riproposto in tutte le salse possibili, spesso con risultati davvero discutibili. Su Steam troviamo un numero immenso di titoli del genere, e la maggior parte di essi sono soltato delle esperienze dimenticabili, sviluppate pigramente e senza nessuna idea valida. Questo non è il caso di Orbital Bullet, che invece ci porta un gameplay solido, divertente e originale.
Nonostante siamo di fronte a un titolo in accesso anticipato, l’esperienza offerta da Orbital Bullet è già rifinita e curata, al punto da poter essere quasi pronto a una pubblicazione vera e propria. Con qualche rifinitura, quindi, varrà la pena entrare in questo loop di morti e rinascite?
Storia? Basta uccidere qualche alieno!
Orbital Bullet propone una storia tanto semplice quanto efficace. L’umanità è stata invasa da una razza aliena immensamente più potente ed è sull’orlo dell’estinzione. Si forma quindi una resistenza umana, che cerca di riprendere il controllo della situazione. Gli alieni, però, scoprono il luogo dove i ribelli si nascondono e lanciano un attacco a sorpresa.
Per sopravvivere, il protagonista carica la sua mente nel corpo di un cyborg, diventando così potentissimo e iniziando la sua personale crociata contro gli alieni stessi. Impersoneremo quindi un generico cyborg dalle fattezze umane, che si catapulterà su un pianeta alieno partendo dalla sua stazione spaziale, cercando quindi di eliminare più nemici possibile mentre si fa strada in un ambiente ostile.
Tutto qui. Parliamo quindi di un difetto? Assolutamente no, dato che il titolo punta chiaramente sul gameplay e sul loop di morti e rinascite. Una trama sarebbe quindi superflua o secondaria, quindi non se ne sente la mancanza.
Round and round it goes
Il gameplay di Orbital Bullet potrebbe quasi essere riassunto così, dato che la caratteristica più originale del titolo sono le arene particolarissime. Queste sono infatti dei grossi cilindri, composti da una serie di anelli posti uno sopra l’altro. Ognuno di essi è un piano del dungeon, che si aprirà solo dopo aver sconfitto tutti i nemici presenti. Spesso i singoli piani ospiteranno anche dei cerchi concentrici o sopraelevati, rendendo più complessi i combattimenti.
Tutto questo, chiaramente, è inserito nel classico loop tipico del genere: ogni partita inizia da un hub centrale, da cui possiamo potenziare il nostro personaggio, sbloccare equipaggiamento e così via. Da qui si cominciano le run vere e proprie, dov’è possibile raccogliere risorse e progetti, cercando di arrivare più lontano possibile. Infine, dopo l’inevitabile morte, si ritorna all’hub iniziale e si spendono i punti ottenuti per migliorare le nostre chance nelle run successive.
Questo è possibile grazie a un albero delle abilità ben costruito, che permette di spendere i crediti ottenuti in cambio di abilità davvero utili, che vanno dalla possibilità di curarsi, all’ottenimento di uno scudo, passando per un sistema di combo e dei modi per conservare i crediti ottenuti.
Inoltre, durante le partite è possibile ottenere dei progetti che permettono di sbloccare nuove armi, le quali verranno aggiunte ai ritrovamenti casuali durante le partite. Ma quindi, come funziona una tipica partita?
Dopo esserci preparati nell’hub, veniamo catapultati in un’arena organizzata ad anello, navigabile con uno scorrimento orizzontale a 2.5D. In alcuni casi troveremo anelli concentrici, a cui si può accedere con dei trampolini, o degli anelli sopraelevati. La particolarità del gameplay risiede nella balistica delle armi: ogni proiettile “girerà” le curve dei vari carchi, proseguendo nella sua traiettoria e, potenzialmente, arrivandoci persino alle spalle.
Questo, in soldoni, vuol dire che i proiettili delle armi con la maggiore portata potrebbero persino colpire dei nemici dietro di noi, percorrendo tutto il cerchio fino ad arrivare alla loro posizione. Allo stesso modo, noi saremo costantemente minacciati da entrambi i lati, dato che ogni proiettile o attacco nemico può fare il giro dell’anello.
Le armi stesse, peraltro, hanno una discreta varietà, che permette al giocatore di creare delle piccole build tenendo conto del tipo di proiettile, della classe selezionata e di varie abilità sbloccate. Il risultato è davvero ottimo, anche se manca della profondità vista, ad esempio, in Dead Cells.
Gli sviluppatori, poi, hanno introdotto delle armi che sfruttano a dovere questa meccanica, per esempio lanciando proiettili che tornano indietro, seguendo i nostri spostamenti lungo l’anello.
Menzione d’onore, poi, per i controlli del personaggio, sempre fluidi e veloci. E’ infatti possibile saltare, rotolare – con invincibilità temporanea annessa – e danneggiare i nemici saltandoci sopra. Tutto ciò resta sempre preciso, anche nelle situazioni più concitate, dov’è possibile saltare tra i nemici, i proiettili o i dislivelli dell’arena.
Uccidendo i vari nemici, si sale sempre di più nel cilindro composto dai vari anelli, fino ad arrivare in cima. Qui è possibile riprendere fiato, acquistare armi, punti vita e potenziamenti. Ogni run, infatti, prone un albero delle abilità staccato da quello della metaprogressione (quello dell’hub, per intenderci), che viene resettato con ogni morte, per poi essere generato casualmente nella partita successiva.
Questo permette di ottenere varie abilità passive, che vanno dai droni, alle bombe, alla riduzione di rinculo. Con ogni livello, poi, possiamo scegliere le successive linee di potenziamento, che vengono proposte tra varie alternative. E’ quindi possibile creare delle piccole build, magari tenendo conto delle armi equipaggiate.
Vanno segnalate, in questo caso, alcune abilità fin troppo performanti, che rendono decisamente troppo facile la vita del giocatore. Tra queste, per esempio, troviamo gli stivali che permettono di sparare un laser con il doppio salto, danneggiando agevolmente tutto ciò che si trova sotto di noi.
Infine, va detto che ogni cilindro nasconde dei segreti staccati da quelli della strada principale, come aree extra, portali dimensionali e così via. Questi luoghi permettono di ottenere crediti, armi o potenziamenti temporanei, ma devono essere esplorati con cura. Di fatto, non sempre conviene combattere un gruppo extra di nemici, dato che i nostri PV sono molto limitati.
Troviamo poi vari pianeti, che sono di fatto strutturati come i biomi di Dead Cells. Questi sono infatti selezionabili alla fine di un bioma e presentano nemici e ambienti leggermente diversi.
Tutto questo ha qualche difetto? Pur partendo da ottime basi Orbital Bullet ha ancora spazio per il miglioramento. Va segnalata poca varietà dei nemici, che tendono a ripetersi persino nei biomi più avanzati, a volte con piccole variazioni. Essendo il gioco basato sulla ripetizione di un loop di morti e rinascite, avere degli avversari più diversificati renderebbe tutto più interessante nel lungo periodo.
La situazione, poi, è resa peggiore dal lungo tempo necessario a sbloccare nuove armi e abilità di base. Le prime ore di gioco sono quindi molto meno interessanti di quelle avanzate, per via del grinding richiesto a creare le condizioni per avere un pizzico di varietà extra.
Infine, la curva di difficoltà andrebbe rivista. Orbital Bullet propone infatti un primo bioma eccessivamente semplice, a cui seguono dei pianeti molto più difficili da affrontare.
Speriamo che il Orbital Bullet riceva un supporto paragonabile a quello di Dead Cells, dove abbiamo visto l’aggiunta di armi, nemici aree mid game e persino meccaniche. Il gioco è solido, interessante e divertente, ma ora sta agli sviluppatori lavorare su queste ottime basi per migliorarle, aggiungendo contenuti, varietà e profondità generale.
2D e mezzo
Orbital Bullet vanta un ottimo comparto tecnico, che sfrutta in maniera davvero ottima la tecnica del 2.5D. Pur essendo a scorrimento orizzontale, gli scenari del gioco sono tridimensionali ed è sempre possibile vedere la parte “dietro” dell’anello, per ragionare su quello che accade. Gli scenari sono una bella combinazione di elementi tridimensionali e bidimensionali, con un effetto finale davvero bello da vedere. Nel complesso, l’esperienza si mantiene fluida, fatta eccezione per alcuni frangenti, dove abbiamo alcuni cali di FPS.
Il comparto artistico, invece, pecca forse di eccessiva genericità, dato che il tutto sembra semplicemente derivativo dalle classiche opere ambientate nello spazio.
Infine, il comparto sonoro fa il suo lavoro, con musiche adatte e buoni effetti sonori.