Out Zone è un arcade che torna su PC con un buon porting, che però non è paragonabile ai classici che abbiamo visto negli ultimi tempi. Non ci troviamo quindi di fronte a titoli come Centipede: Recharged, Missile Command: Recharged o gli altri remake di questa serie. Al contrario, parliamo di un semplice porting, con tutti i crismi del caso. Quindi bando alle ciance e buttiamoci nella recensione!
Una storia classica
La storia di Out Zone è la tipica trama arcade, dove l’intreccio di fatti è un semplice pretesto per giustificare le carneficine: gli alieni hanno invaso la terra e l’umanità non è riuscita a respingerli. Per questo motivo, l’unica speranza viene ripoista in un avanzatissimo cyborg, il quale dovrà farsi strada tra le orde di alieni, uccidendone il più possibile e respingendo l’invasione.
Come sempre, in questi casi, non parliamo di un difetto, ma di una caratteristica tipica degli arcade, dove contava semplicemente la velocità tra le partite e tutto si concentrava sul gameplay.
Il cabinato di Out Zone
Out Zone riprende la classica struttura da shoot ’em up a scorrimento verticale, dove si avanza in scenari che scorrono verso l’alto pieni di nemici e proiettili, raccogliendo potenziamenti e cercando di arrivare al tipico boss finale. Siamo quindi davanti a uno strettissimo loop di gameplay, dove la struttura di gioco si riduce essenzialmente a un susseguirsi di livelli autoconclusivi e molto simili tra loro.
Ciò che distingue molto Out Zone da altri congeneri come Raiden, per esempio, è il fatto che il protagonista si muova a terra e non in volo. Questo permette di rendere lo scenario in qualche modo rilevante nella struttura di gioco, attraverso ostacoli ambientali che impediscono il movimento. Per esempio è possibile trovare livelli con delle pareti, altri con buche da evitare e altri ancora con ostacoli di vario tipo.
Chiaramente, questi ostacoli si applicano anche a molti nemici, non solo al protagonista. Out Zone resta quindi uno shoot ’em up molto classico, ma che almeno riesce a differenziarsi dalla massa per via di questa meccanica. Tolta questa, però, si trova un classico titolo da cabinato arcade dell’epoca, con tutto quello che ne consegue.
Di base, il loop di gameplay ci vede quindi avanzare contro ondate di nemici, raccogliere potenziamenti e continuare così fino alla fine del livello di turno. I nemici si dimostrano prevedibili e non troppo elaborati e di conseguenza la difficoltà viene soprattutto dalla necessità di schivare un gran numero di proiettili tutti insieme. Al contrario, i potenziamenti possono cambiare il tipo di fuoco, modificando ad esempio la rosa di colpi, lo spessore di ogni singolo proiettile, ma anche concedendo armi più performanti.
A queste basi si aggiunge la necessità di gestire i già citati ostacoli ambientali e quella di caricare la batteria del protagonista. Essendo un cuyuborg, infatti, quest’ultimo si ritrva a scaricare continuamente una barra di energia che, una volta raggiunto il fondo, condurrà al game over. Per evitare che questo accada occorre raccogliere delle celle di energia che possano ricaricarla. Di conseguenza, per proseguire in un livello non basta semplicemente avanzare, ma occorre anche farlo senza perdere troppo tempo.
Un’altra particolarità di Out Zone, che però oggi risulta scomoda, è la necessità di muvoersi e sparare con la stessa levetta, rendendo quindi decisamente impegnativi alcuni movimenti che altrimenti sarebbero scontati. Una meccanica, questa, oggi invecchiata malissimo, ma che qui deve tornare necessariamente, dato che siamo davanti a un porting. Un porting, peraltro, ben fatto, dato che consente di accedere a funzioni che alleggeriscono l’esperienza di gioco, come il rewind, la possibilità di caricare save e quella di continuare a giocare anche dopo diverse morti.
In poche parole, Out Zone è un titolo “senza infamia e senza lode”, che si conferma un ottimo porting di un classico arcade meno conosciuto dei congeneri. Questo porting porta alcuni miglioramenti di vita in grado di rendere il titolo più fluido ma di base propone una struttura di gioco invecchiata, che quindi può essere apprezzata soltanto dagli appassionati del genere, data la sua intrinseca ripetitività e limitatezza.
Tecnicamente vecchia scuola
Il comparto tecnico di Out Zone è praticamente lo stesso dell’epoca, che qui viene riproposto con un’emulazione stabile e reattiva. Scenari, sprite, animazioni ed effetti non sono troppo dettagliati, soprattutto per gli standard odierni. Ciononostante, il colpo d’occhio generale non è troppo distante dai titoli dell’epoca e di conseguenza resta soddisfacente per un giocatore che sa cosa aspettarsi.
Il comparto artistico è invece quello che ci si può aspettare da un titolo arcade dell’epoca, che quindi punta tutto su un generico stile futuristico non troppo elaborato e decisamente stereotipico.
Infine, il comparto sonoro rispecchia quanto ci si può aspettare dai titoli dell’epoca e propone quindi tracce ed effetti mai troppo complessi.