Sviluppato da Exe-Create e pubblicato da Kemco, Overrogue è un titolo intrigante e che nasconde diverse sorprese. Fondamentalmente si tratta di un gioco di ruolo rogue like con un sistema di combattimento interamente basato sulle carte. Questo mix funziona discretamente bene e noi lo abbiamo sviscerato a dovere sulla nostra Xbox One. Pronto a scoprire la nostra recensione?
Overrogue: viaggia per i dungeon con il tuo deck personalizzato
Iniziamo col dire che Overrogue è un gioco furbo che mescola innumerevoli elementi non solo di genere (che approfondiremo nel prossimo paragrafo) ma anche narrativi ed estetici. Narrativamente parlando, ci troviamo davanti a un titolo che, innegabilmente, richiama la nota saga di Disgaea. Non solo per il fatto che esiste un overlord, un quantitativo immenso di demoni, creature fantasy, eroi e quant’altro ma anche per i siparietti ironici e alcune volte decisamente sopra le righe.
L’umorismo non è ai livelli identitari di Disgaea ma funziona discretamente bene a patto di conoscere l’inglese (sono totalmente assenti i sottotitoli in italiano) per cogliere alcuni giochi di parole (niente di troppo complesso). A tal proposito, è interessante l’intreccio narrativo che si crea con alcuni soggetti che andranno a tirare le fila del racconto. Sì, ma di che racconto parliamo?
Tutto il plot narrativo ruota intorno a un singolo obiettivo: diventare il nuovo Overlord. Per farlo… bisogna superare una serie di dungeon, facendo fuori eventuali avversari e cercare così di distinguersi dalla massa di demoni, falsi eroi e quant’altri (gli stereotipi si sprecheranno) raccogliendo per primi dei cristalli chiamati Sagan Crustals (trofeo nonché dimostrazione che si è in grado di governare).
Noi vestiamo i panni di Sael, un vampiro che dall’aspetto sembra più un demone (con tanto di corna e ali) che insieme al suo servo Monty (che funge più da mentore in realtà) proveranno a conquistare il titolo di Overlord. Ma il percorso è arduo e già il tutorial nasconde un epilogo ironicamente sorprendente e che lascia subito conoscere il carattere fin troppo mite di Sael. Ah sì, a quanto pare… Sael è anche il figlio dell’attuale Overlord (nessuna pressione).
Nel complesso la storia funziona abbastanza bene anche se non innova niente. L’intreccio di buffi personaggi dal carattere ben definito, riesce a trainare il racconto ma è il gameplay quello su cui il titolo punta decisamente di più.
Gameplay
Esordiamo annunciando che Overrogue deve moltissimo a Slay the Spire. Il gameplay è praticamente lo stesso con un sistema di carte da utilizzare in fase di combattimento. I dungeon stessi sono divisi in “segmenti” che possono variare da “combattimento” a zona col tesoro, arrivando all’immancabile boss di fine dungeon. Da segnalare anche zone per eventi in stile visual novel o shop con affari o meno. C’è perfino una zona dove è possibile potenziare temporaneamente alcune carte!
Una cosa molto gradevole di Overrogue è che non gioca subito tutte le sue carte ma lo fa in modo graduale, introducendo piccoli elementi man mano che si va avanti. Molti di questi riguardano la conformazione del party (che racchiude tutta una serie di regole e osservazioni ingegnose e strategiche da non sottovalutare). Decide dove posizionare un determinato personaggio stabilirà anche chi verrà colpito prima oltre che agevolare eventuali ruoli (il curatore lo si mette indietro, ad esempio).
L’elemento strategico viene poi ulteriormente potenziato grazie alla personalizzazione dei mazzi di carte (seppur limitata dai “temi”). I temi sono una “macrodivisione” di carte a tema (appunto) che ti costringe a utilizzare solo determinati set/tipologie. Le carte stesse non variano tantissimo (anche se ne sono oltre 300) limitandosi ad attacchi, attacchi multipli, difese, cure e quant’altro. Inoltre, ogni carta ha un valore di spesa per essere utilizzata. Ma scopriamo meglio come si combatte!
Il gioco è a turni. Nel proprio turno, si pescano delle carte (totalmente a random) e, a seconda del costo di ciascuna e del totale spesa per turno a disposizione, puoi decidere quale usare, in che ordine e contro quale nemico. A fine turno, tutte le carte non utilizzate, vengono scartate e si ricomincia. Diventa quindi essenziale studiare un mazzo equilibrato e che possa garantire un attacco efficace anche con poche mosse a disposizione. Ovviamente, i mazzi vanno rimodulati a seconda del proprio dungeon e tranquilli, morirete spesso e quindi avrete modo di capire e migliorare dai propri errori.
L’anima da roguelike
Overrogue è un roguelite e lo si capisce sia dalla difficoltà crescente sia dal fatto che se vieni sconfitto, devi ricominciare tutto il dungeon (per fortuna, è molto meno punitivo rispetto agli standard del genere). Ma come si può migliorare? Semplice, comprando nuove carte… e per farlo ci sono due modi. Il primo, è rigiocare i vecchi dungeon, sperando nella buona sorte e accumulando ricchezze (non molte in realtà). Ci vuole pazienza ma chi è avvezzo al genere, sa che il grinding fa parte del gioco.
Il secondo metodo è una scorciatoia e costa. Costa realmente. Sì, Overrogue ha un sistema di acquisti a valuta reale interno che ti permette di acquistare delle carte con zero stress… Insomma, una vera scorciatoia per chi ha soldi da spendere e poco tempo da giocare.
Piccoli extra
Segnaliamo inoltre una serie di collezionabili da raccogliere e perfino una base da personalizzare (in uno stile che c’ha ricordato leggermente Pokémon Zaffiro e Rubino). Insomma, Overrogue prova a offrire davvero tanto e ammettiamo che l’impegno è lodevole seppur mai realmente originale.
Grafica e sonoro
Graficamente il gioco Kemco osa meno rispetto a un altro titolo recentemente recensito (Ghost Sync). Ci ritroviamo davanti a pixel e mappe decisamente minimal e poco coraggiose. Da evidenziare in modo positivo giusto qualche nemico più caratterizzato ma niente di davvero memorabile. Migliori invece gli artwork dei personaggi anche se richiamano tanti altri titoli simili. In ogni caso, la grafica utilizzata fa il suo dovere risultando, probabilmente, ancora più efficace su un dispositivo portatile.
Il sonoro è sufficiente, senza tracce particolarmente evocative. Anche l’effettistica è di base, senza picchi o momenti eccessivamente fastidiosi.