In Phantom Doctrine, avremo la possibilità di giocare come un agente in carico all’americana CIA o dall’altro lato della barricata, come spia del KGB; indipendentemente dall’alleanza scelta, ogni mossa che faremo va attentamente ponderata, tenendo in considerazione eventuali conseguenze su larga scala.
La sensazione di prendere decisioni strategiche, con un’alta posta sempre in gioco, unita ad una costante urgenza diventeranno la seconda natura del gioco, man mano che procediamo nella campagna.
Tensione e sospetto sono inserite in Phantom Doctrine con ottimi risultati; il suo sistema di combattimento a turni con visuale isometrica è complesso ma premiante, impregnato come è da questa costante sensazione di paranoia, in cui ogni tattica e variabile deve essere attentamente esaminata anche prima dell’inizio di una missione.
La narrazione è ricca di personaggi intriganti, con colpi di scena degni di un’epopea spionistica, complici anche un buon doppiaggio (in inglese e russo) e una colonna sonora noir a creare la giusta atmosfera.
Gameplay
Il sistema di combattimento a turni è simile a quanto visto in altri titoli dello stesso genere: azioni, copertura e sorveglianza sono concetti familiari ai giocatori, tuttavia sono presenti delle varianti al gameplay standard che andranno assorbite, occorrerà impratichirsi a fondo per padroneggiarle visto l’ampio numero di opzioni disponibili quando si tratta di raggiungere l’obiettivo.
Avanzare con le armi spianate è un’opzione percorribile, e Phantom Doctrine offre una buona meccanica di irruzione nelle stanze; ma è più piacevole utilizzare tattiche stealth, date le molte strategie disponibili.
Potremo mandare avanti delle spie travestite e fare tutto sotto il naso del nemico, utilizzare il supporto a disposizione per scovare un percorso ottimale oppure eliminare con precisione i nemici più problematici; ancora potremo lanciare una granata fumogena come diversivo o eliminare chiunque in maniera silenziosa, infine potremo ricorrere ad agenti dormienti che facciano il lavoro sporco per noi.
La libertà che il gioco ci lascia è talmente ampia da far sì che potremmo anche scegliere di sacrificare parte del tempo della nostra missione per effettuare una ricognizione, che ci metterà in una miglior posizione nel corso della missione successiva, dal momento che sblocca travestimenti e la possibilità di collocare degli agenti in posizioni strategiche.
Se invece stiamo affrontando un incarico a tempo, il supporto non sarà disponibile e i margini d’errore verranno notevolmente ristretti.
Ferma restando la possibilità di completare le missioni nel modo che preferiamo, una singola mossa falsa può avere notevoli ripercussioni sulla campagna, rispetto alla relativa clemenza che il gioco mostra davanti ad una corretta preparazione.
Una missione può andare storta, andranno prese decisioni difficili come lasciare indietro degli agenti rischiandone la cattura oppure provare ad evacuarli tutti con la possibilità che nessuno sopravviva.
Le operazioni sul campo sono eccitanti, dal momento che Phantom Doctrine riesce a bilanciare le molte variabili con una buona flessibilità nel processo decisionale, rendendolo soddisfacente da giocare e rendendosi distinguibile da titoli simili.
Il ponte delle spie
La base, così come lo sviluppo del personaggio sono elementi ben realizzati in Phantom Doctrine, al pari del sistema di combattimento. Viene utilizzato uno familiare schema a formicaio che divide la base in aree ben distinte, quali il laboratorio, il dipartimento analitico o le stanze per gli interrogatori, tutti ambienti sbloccabili man mano che procediamo nella campagna.
La stanza più importante di tutte è la sala riunioni dell’intelligence; qui, Phantom Doctrine prende il clichè della bacheca piena di foto e stringhe e lo trasforma in un minigame divertente.
Man mano che i nostri agenti scopriranno file secretati durante le missioni o tramite gli informatori, quanto ottenuto verrà raccolto e affisso sulla bacheca, richiedendo il nostro intervento per decifrare gli indizi (generati proceduralmente) e sbloccare bonus o progredire nella trama. E’ una meccanica perfetta per espandere le tematiche spionistiche di Phantom Doctrine e capire come i vari indizi si colleghino tra di loro, fornendo un quadro via via sempre più completo è molto soddisfacente.
Non dobbiamo comunque ritenere la bacheca o l’intero quartier generale indenni dal pericolo. Le spie nemiche sono costantemente sulle nostre tracce durante le operazioni ad ampio respiro; mandare le nostre spie a partecipare ad azioni che attirano l’attenzione aumenta il rischio che la posizione della nostra base venga scoperta.
Una volta scoperti, dovremo ricollocare l’intera base rimanendo bloccati nella campagna oppure rischiare di essere colpiti con un’imboscata; circostanze che ci invitano alla cautela e a pensare due volte a qualsiasi mossa.
In qualità di agente anziano, abbiamo il compito di assumere, addestrare e assegnare lavori in giro per il mondo ai nostri agenti.
Il sistema di crescita dei personaggi è profondo e richiede un’attenta pianificazione per costruire e far crescere un team di agenti che ci consenta di disporre di un’ampio ventaglio di abilità che possono essere applicate durante le varie tipologie di missioni.
Occasionalmente dovremo prendere delle decisioni esecutive che potranno influenzare il nostro rapporto con un agente, nel bene e nel male: potranno essere catturati e dovremo scegliere se abbandonarli, dedicare alcune risorse ad aiutarli oppure lanciare un’operazione di salvataggio. In base alla nostra scelta l’agente potrebbe diventare ancora più leale, rimanere disperso o peggio ancora potrebbe essere un disertore.
Ma, parlando di colpi di scena, il gioco talvolta ci metterà davanti ad eventi inaspettati che si verificheranno al di fuori del nostro controllo, come la scoperta che una spia che abbiamo utilizzato per la maggior parte della campagna si rivelerà essere un agente doppiogiochista.
Ancora più shockante, è la possibilità che una delle nostre migliori spie sia in realtà un agente dormiente cui è stato fatto il lavaggio del cervello e che si schieri con il nemico nel mezzo della battaglia.
I tradimenti vengono generati proceduralmente, oltre che essere parte integrante della trama, enfatizzando brutalmente la paranoia che permeava i due schieramenti opposti durante la guerra fredda; in questo Phantom Doctrine riesce a creare momenti sconvolgenti in maniera efficace.
Segnali di Stile
Se l’atmosfera di paranoia totalizzante tipica della guerra fredda è ben incorporata nelle meccaniche di Phantom Doctrine e supportata dalla storia e dal doppiaggio, la veste grafica di questa versione Switch lascia molto a desiderare, così come avvenuto sulle altre piattaforme del resto.
Le cutscene sono poche e la narrazione avviene principalmente per immagini statiche, che in nessun caso catturano l’occhio, dato che le scene di intermezzo sono abbastanza scialbe e anche le immagini, pur essendo un po’ migliori, sono prive di particolare fantasia.
Strano a dirsi, ciò che spicca maggiormente sono i modelli dei personaggi, che comunque appaiono innaturali e superati; le location hanno un design monotono che le rende trascurabili e virtualmente identiche.