Pubblicato e sviluppato da Valorwave, Pinku Kult passa dalle magliette al videogioco, con un RPG intitolato Pinku Kult: Hex Mortis. Forte di uno stile grafico decisamente particolare e impreziosito da alcune location memorabili, sarà riuscito a conquistarci? Scoprilo nella nostra recensione della versione per Nintendo Switch!
Pinku Kult: Hex Mortis – un mistero da svelare
L’opera di Valorwave può contare su una trama intrisa di misteri da svelare e lo anticipiamo subito: funziona discretamente bene. Ma procediamo con ordine. Razore City è una metropoli decisamente cupa e stramba in cui stanno avvenendo una serie di spiacevoli eventi. Sparizioni e morti improvvise stanno diventando una macabra routine e tu vieni incaricato, per non dire obbligato, da un’altrettanto strana azienda che porta il nome di Shōkan Corp. Il tuo scopo è semplice: indagare su questi avvenimenti e metterti sulle tracce di una donna con la maschera di volpe, identificata come possibile colpevole.
Ma chi siamo noi? Noi siamo un personaggio da personalizzare con un editor abbastanza minimal ma efficace. L’elemento del suddetto editor che balza all’occhio è la scelta di una bizzarra maschera. Maschera che ci porteremo dietro per tutta l’avventura. Altrettanto bizzarro è il mondo in cui ci muoveremo, caratterizzato da elementi stravaganti e che virano più volte all’horror o che provano a “disturbare”. Notevole anche il cast di personaggi, dalla misteriosa guida della Shōkan Corp al gruppo di soggetti assurdi che troveremo lungo l’avventura. Insomma, scoprire il mistero che si cela in Razore City è qualcosa che funziona e che riesce a trainare con efficacia il giocatore fino alla fine della storia che ha una durata abbastanza discreta seppur sotto la media del genere a cui prova ad appartenere.
Gameplay
Pinku Kult: Hex Mortis pecca proprio sul gameplay. Su carta vuole essere un po’ un ibrido tra gioco di ruolo a turni, visual novel e avventura grafica. Principalmente è un gioco di ruolo con dungeon da esplorare, nemici da abbattere e boss finale ad attenderci. I dungeon, però, sono brevi e decisamente poco ispirati. I nemici, seppur graficamente interessanti, offrono una sfida media decisamente accessibile e non richiedono una grande strategia per essere abbattuti. Anche i boss risultano abbastanza semplici. Non c’è mai nulla d’impegnativo e questo può portare spesso a stancare, soprattutto considerando la monotonia che caratterizza il genere.
Come funziona è abbastanza semplice: il proprio party contro i nemici che troveremo in giro per il dungeon (visibili sulla mappa e con la possibilità di schivarli, anche se non sempre). Noi possiamo scegliere di attaccare, utilizzare le skill o anche evocare (cosa… a te il piacere della scoperta). In basso avremo la “time bar”, letteralmente la barra del tempo che ci darà una panoramica di chi effettuerà le prossime mosse. Infine, potremo anche utilizzare gli oggetti. Informiamo che il gioco non è generoso col tutorial e quindi molte cose starà a te scoprirle, proprio durante le prime battaglie. Come detto, però, il gioco è molto semplice e difficilmente resterai bloccato.
Il lato visual novel si difende molto meglio. Come anticipato, la storia funziona e anche il cast di personaggi è ben caratterizzato. Questo comporta lunghi dialoghi, tutti rigorosamente in inglese (assenti i sottotitoli in italiano), che costruiscono una linea narrativa efficace e ben studiata. Certo, non inventa niente ma quanto viene raccontato funziona. L’intreccio narrativo non si svela subito e il mistero mantiene alta l’attenzione per quasi tutta la durata del gioco.
L’avventura grafica, invece, cede a enigmi decisamente banali, già visti e che spezzano il ritmo narrativo. Niente di gravissimo ma sarebbe stato meglio potenziare e variare ulteriormente questo aspetto… o eliminarlo radicalmente. A conti fatti si tratta di raccogliere oggetti, analizzare indizi e utilizzarli per sbloccare il passaggio. Un esempio, è la combinazione di un catenaccio i cui numeri son nascosti nel dungeon attraverso alcuni oggetti da analizzare. Insomma, nulla di impossibile o troppo ingegnoso.
Per quanto riguarda l’edizione per Nintendo Switch è da segnalare quanto Pinku Kult: Hex Mortis sia particolarmente godibile in modalità portatile. I caratteri rimangono leggibili, la grafica nasconde meglio alcune incertezze e la brevità dei dungeon offre un’esperienza che si sposa bene per partite mordi e fuggi.
Grafica e sonoro
Uno dei pregi di Pinku Kult: Hex Mortis è sicuramente l’impatto estetico, almeno finché non ci si focalizza sulle animazioni. Visivamente, il prodotto Valorwave funziona. Magari potrebbe smarrirsi tra altre opere dedicate soprattutto all’universo mobile ma la virata verso il mondo horror e una buona dosa di fantasia riescono a rendere il prodotto abbastanza unico e accattivante. Pecca invece sulle animazioni.
Quando si muovono, i personaggi risultano goffi, traballanti e qui tocca ricordarci che è comunque una piccola produzione che ha molto margine di miglioramento. Da segnalare l’ingegno degli sviluppatori che ha deciso di rendere i personaggi su schermo come se fossero di carta in stile Paper Mario. Una trovata che funziona e nasconde un po’ la goffagine.
Il sonoro è discreto e fa il suo dovere senza stupire e neanche annoiare. Anche qui si poteva osare decisamente di più ma comunque è un buon accompagnamento e difficilmente vi stancherà.