Bentornati, puntuale come ogni mercoledì qui su iCrewPlay.com, con Player One la nostra rubrica dedicata ai personaggi più iconici del mondo dei videogiochi. Quello di cui parliamo oggi ha una storia relativamente recente, ma gli è bastato poco per entrare nei cuori degli appassionati e di tutto coloro che ne hanno seguito le sue gesta e la sua parabola: stiamo parlando di Joel, uno dei protagonisti della serie di The Last of Us.
Diciamo subito che questo articolo sarà pieno zeppo di spoiler, dal momento che è impossibile slegare la figura del personaggio dalle sue vicissitudini all’interno del videogioco, quindi se sei tra quei giocatori così spregiudicati da non aver ancora provato The Last of Us (sia il primo che il secondo) e non vuole rovinarsi la sorpresa e i colpi di scena previsti dalla superba narrativa dei titoli Naughty Dog farebbe bene, per ora, a girare al largo per poi ritornare qui in un secondo momento, magari lasciando un commento per farci sapere che ne pensa.
La storia di Joel comincia nel 2013, anno in cui è ambientato l’inizio in The Last of Us: di lui sappiamo che è un padre single, che ha avuto sua figlia Sarah in età molto giovane e con la quale ha un ottimo rapporto di complicità. Sappiamo pochissimo della mamma di lei, qualcosa appena accennato ad inizio del gioco, ma i segnali ci portano a pensare che con tutta probabilità sia morta.
La serena routine di Joel e Sarah viene violentemente interrotta una sera all’improvviso, quando una non meglio identificata crisi che pare faccia impazzire le persone rendendole violente ed assassine coinvolge la città. L’uomo prende immediatamente in braccio la figlia e assieme a Tommy, il fratello di lui, si danno alla fuga.
Fuga che viene interrotta da un incidente, che costringe i due a separarsi e porta Joel e sua figlia al primo grande spartiacque narrativo del primo capitolo: la morte della giovane ragazza per mano di un soldato che, dapprima titubante, decide poi di eseguire gli ordini arrivati via radio. L’omicidio sarebbe stato doppio se non fosse intervenuto Tommy uccidendo il militare, salvando la vita a Joel ma “condannandolo” ad un futuro di muta disperazione in un mondo completamente devastato.
Con queste premesse cominciano le vicissitudini del nostro protagonista, che nella storia ritroviamo 20 anni dopo in un contesto post apocalittico e in cui si guadagna da vivere come contrabbandiere.
Joel in The Last of Us
Le premesse narrative adottate da Neil Druckmann e soci non sono probabilmente le più originali che si siano mai potute vedere in una sceneggiatura videoludica o cinematografica: abbiamo un uomo non più giovanissimo, indurito principalmente dal dramma personale oltre che dal mondo in cui tutti sono costretti a vivere, e che in seguito all’incontro con questa giovane ragazza di nome Ellie, inizialmente considerata poco più che “merce” da consegnare per lavoro ma con la quale il rapporto cresce in maniera lenta e progressiva, ritrova nuovi motivi per affrontare la crudezza della vita.
Quello che stupisce in Joel e, di conseguenza, nel suo rapporto con la giovane co-protagonista, non è quello che viene raccontato, ma il come; l’affetto della ragazza sembra farsi largo con forza nelle increspature emotive dell’uomo, tale da sviluppare il paradosso secondo cui egli sia stato in grado di sopportare, e qualche modo superare, le tante difficoltà cui la vita lo ha messo di fronte salvo poi con il tempo trovarsi indifeso alla naturalezza con la quale Ellie dimostra di volerci entrare in contatto scavando oltre la ruvida superficie che lo ha forgiato negli anni.
Risulta palese come, ancora lacerato dalla drammatica perdita della figlia, Joel faccia di tutto per respingere ogni rischio che possa in un qualche modo riaprire le sue difese oltre che le ferite emotive, rimarginate solo in superficie.
Joel ed Ellie
Questo processo di avvicinamento tra i due è il vero protagonista del primo capitolo, e dapprima timido si fa largo in maniera sempre più vigorosa da diventare inarrestabile, al punto da rappresentare la base del secondo grande spartiacque narrativo che è rappresentato dalla decisione di Joel nel finale del gioco di portare via Ellie, destinata a morte certa in quanto cavia umana usata per trovare un vaccino al pericolosissimo virus che ha stravolto il mondo.
Il dilemma era devastante: salvare l’unica vita a cui tenere davvero e che è stata capace di risvegliare sentimenti ritenuti sopiti oppure consegnarla alla scienza nel tentativo di salvare l’umanità? Il dubbio presto si dirada per lasciare spazio alla certezza di aver trovato qualcosa che ancora lo lega a doppio filo al concetto di “umanità”.
The Last of Us si conclude con la grande bugia detta a denti stretti dall’uomo alla ragazza, alla quale racconta che il suo sacrificio non sarebbe stato necessario per via che lei non era la sola immune al virus presente sulla terra. Credendogli, ma non in maniera completamente convinta, il gioco ci accompagna al suo epilogo.
Joel in The Last of Us Part II
Quella bugia sarà il grande background narrativo della prima parte del secondo capitolo, in cui ritroviamo Joel ed Ellie ottimamente inseriti in una comunità che si è creata e si è sviluppata come una vera e propria cittadina, ed in cui l’uomo è una delle figure più autorevoli. Il rapporto tra i due procede in maniera serena fino a quando Joel, incalzato dalla ragazza, non le confessa la verità di quanto successo all’ospedale, sulle reali motivazioni che lo hanno spinto a portarla via.
Lo shock di Ellie è devastante, e piegata dai sensi di colpa si allontana in maniera brusca da lui, non riuscendo in nessun modo a perdonarlo. E questo mancato perdono da parte di lei sta probabilmente alla base dell’altro grande colpo di scena di The Last of Us Part II, ovvero la morte di Joel da parte di un commando di altri sopravvissuti, proprio sotto gli occhi della ragazza.
Il contributo di Joel in The Last of Us Part II
Da questo momento in poi l’uomo, o meglio il suo ricordo, diventa un altro dei grandi protagonisti del gioco, la cui trama si sviluppa e prende corpo nel desiderio di vendetta da parte di Ellie, la quale intraprende un pericoloso cammino assieme alla compagna Dina nel tentativo di trovare i colpevoli di quel brutale omicidio e porre in atto la sua personale idea di giustizia.
Pur uscendo di scena molto presto, Joel continua ad essere una figura centrale all’interno del gioco; molto di quello che succede è motivato dalla sua morte e le azioni di Ellie ne sono la diretta e spesso brutale conseguenza. Ma è davvero così che deve essere? Joel, con la sua morte, vuole realmente che Ellie diventi una furia omicida, assottigliando le differenze che separano lei da quei mostri infetti e cannibali che popolano il pianeta?
Questa domanda, assieme ad altre, ci accompagna per gran parte dell’avventura, e trova una definitiva e per certi versi sorprendente risposta proprio nelle ultime scene del gioco, una sequenza che definire memorabile non riesce comunque a dare giustizia al coinvolgimento emotivo che porta con sé. Quello che rappresenta probabilmente uno dei più grandi contributi narrativi che Joel porta all’intera saga lo ritroviamo in quei brevissimi secondi di flashback che si fanno largo nella mente di Ellie proprio nel momento esatto in cui sta per uccidere Abby sulla spiaggia.
La figura dell’uomo, della sola persona che ha probabilmente dato significato alla vita della ragazza in un mondo disperato, riappare con tutta la sua forza emotiva nel momento esatto in cui lei sta per superare proprio quel confine immaginario che divide l’essere umano dal mostro, spingendola a fermarsi e provare pietà sia per una Abby provata dalle torture, sia forse soprattutto per se stessa, per conservare ancora quel briciolo di fondamentale lucentezza che la separa dal baratro.
E’ questo, a nostro avviso, il più grande contributo che la figura di Joel regala a The Last of Us: ricordare a tutti noi, attraverso gli occhi e le azioni di Ellie, che c’è sempre qualcosa per cui vale la pena combattere, qualcosa per cui vale la pena soffrire e, soprattutto, qualcosa per cui vale la pena perdonare.
Thank you, Joel…