Nel corso dei suoi quindici anni di età, la saga di Assassin’s Creed si è fatta amare e odiare, e il volto iniziale cui i gamer e le gamer di tutto il mondo hanno rivolto il sia il proprio affetto che il proprio disprezzo è stato sempre uno: quello di Altaïr Ibn La’Ahad, ormai da tutti i fan e le fan considerato il Mentore per eccellenza dividendo il proprio piedistallo con il successore (nonché diretto discendente) Ezio Auditore da Firenze, anch’egli oggetto di venerazione da parte chi ama la serie.
La scelta di dedicare questo novantaquattresimo player one alla figura di Altaïr Ibn La’Ahad è dovuta, come anticipato nel sottotitolo, ai festeggiamenti che stanno accompagnando il quindicesimo anniversario del debutto della serie, il cui primo protagonista fu proprio Altaïr, che con i suoi inconfondibili attributi (veste bianca con cappuccio a becco d’aquila e lama celata sguainata dietro il moncherino dell’anulare sacrificato) campeggiava sulla copertina delle diverse edizioni (nel 2007 le edizioni digitali erano ancora di là da venire o comunque da popolarizzarsi).
Enigmatico, letale, determinato e al tempo stesso capace di rendersi latore di una saggezza degna dei grandi filosofi di un tempo, Altaïr ha ricevuto nel corso del tempo diversi approfondimenti sulla sua persona e sulle sue vicende non solo attraverso i vari titoli (sui quali oltre all’Assassin’s Creed originale spiccano il maltrattato Assassin’s Creed Revelations e i due titoli per console portatili Assassin’s Creed: Altaïr’s Chronicles e Assassin’s Creed Bloodlines, ormai quasi inghiottiti dall’abisso del tempo, oltre allo stesso Assassin’s Creed II), ma anche vari prodotti crossmediali, sui quali spicca il romanzo Assassin’s Creed: La crociata segreta.
Con questo Player One cercheremo di riassumere brevemente le vicende che riguardano il personaggio, e trattandosi di una serie storica, imposteremo il tutto come una piccola biografia, conducendo uno “studio sincero e spassionato” di verghiana memoria sul primo tra i Mentori.
I primi anni di Altaïr, “nato nell’Ordine“
Le parole che Al Mualim (al secolo Rashid ad-Din Sinan) rivolge al proprio discepolo facendo menzione di averlo addestrato fin da quando era bambino sono state confermate più e più volte attraverso i vari media: incrociando le informazioni si può far risalire la data di nascita di Altaïr Ibn La’Ahad all’anno 1165 e il luogo di nascita si può identificare nello stesso villaggio di Masyaf.
Egli non dà molte informazioni sulla propria famiglia biologica, e nel suo Codice asserisce chiaramente di non aver avuto un rapporto granché caloroso con i propri genitori, tanto è vero che al trapasso di suo padre Umarsi sentì come se avesse perso un estraneo (la madre, Maud, morì dandolo alla luce). Cionondimeno, la perdita del padre finì per segnare profondamente il suo futuro a causa delle circostanze in cui si verificò.
Umar, anch’egli assassino di gran levatura, terminò i suoi giorni che Altaïr era ancora undicenne a causa del fallimento di un piano volto ad inviare un messaggio minatorio al condottiero curdo Salah Al-Din mentre le sue truppe ponevano sotto assedio Masyaf stesso. Consegnato al nemico per ordine dello stesso Al Mualim, che dovette accettare lo scambio di vite proposto dal condottiero avversario per la pace, Umar viene giustiziato, e Ahmad Sofian, l’assassino che aveva trovato la posizione della tenda di Salah Al-Din finendo per essere catturato e torturato, ottenendo la libertà in cambio del nome di Umar, decise di seguire il compagno nella morte.
L’ascesa come guida degli Assassini
Altaïr cresce così da solo, scalando poco alla volta i ranghi della setta fino a diventarne uno degli esponenti più abili e rispettati, capace di portare a termine anche il più arduo degli incarichi. Una virtù, questa, senza dubbio dovuta anche al suo possedere l’abilità nota come ‘Occhio dell’Aquila‘, che non è altro che quel ‘sesto senso’ che gli Isu, nel progettarla, non concessero all’umanità, ma che si manifesto naturalmente in alcuni soggetti una volta che Isu ed esseri umani cominciarono ad accoppiarsi gli uni con gli altri, generando una progenie ibrida dotata di questo ‘sesto senso’ che permette di leggere la realtà.
Una delle sue ultime imprese prima delle vicende del primo capitolo lo vede impegnato nella difesa di Masyaf del 1189, invasa da un manipolo di crociati guidato dal traditore Haras, spazientito a causa della sua lenta ascesa tra gli Assassini, e, pochi mesi prima dell’incursione nei sotterranei del Tempio di Salomone, un viaggio all’inseguimento di un misterioso manufatto chiamato il Calice, che si rivela infine essere una donna, Adha, di cui il giovane assassino si innamora ma che finisce per perdere a bordo di una nave templare.
Il 1191 è l’anno di svolta per la sua vita, oltreché il momento in cui lo incontriamo per la prima volta: l’insuccesso di una missione consistente nel recupero di un altro misterioso manufatto a causa dell’eccessiva fiducia nelle proprie abilità lo porta a venire privato del suo rango, che dovrà riconquistarsi attraverso l’eliminazione di nove individui che, a sentire Al Mualim, impediscono alla Terra Santa di trovare pace.
Vittima dopo vittima, Altaïr comincia a farsi dubbioso su tutte le sedicenti verità in cui si è sempre rifugiato, e i frequenti colloqui con il suo Maestro non fanno che confondergli ancora di più le idee. Tali perplessità culminano nella seguente affermazione:
Il nostro credo non ci comanda di essere liberi, ci comanda di essere saggi.
La saggezza diviene per l’appunto la guida preminente della mano di Altaïr, che proprio in nome della ricerca di essa desiste dal distruggere la Mela dell’Eden sottratta ad Al Mualim una volta scoperto e punito il di lui tradimento, al cui studio si dedica senza sosta, portandola con sé persino durante la sua missione a Cipro dopo gli eventi del primo gioco, dove avrà come alleata la templare inglese Maria Thorpe, che smessi i vecchi panni dell’eterno avversario diventerà la moglie del nuovo Mentore, dandogli i figli Darim e Sef.
Con la metà divide inoltre una delle più rilevanti vicende non narrate nei videogiochi: l’assassinio di Gengis Khan, la cui espansione verso il Vicino Oriente costituiva una minaccia verso la culla degli Assassini, un evento narrato solo e soltanto nel già citato romanzo Assassin’s Creed: La crociata segreta. Nel loro viaggio nelle steppe mongole, i due trovano un prezioso alleato nell’assassino locale Qulan Gal, alle cui spoglie mortali, come sappiamo, sarà affidata una delle sei chiavi destinate ad Ezio Auditore onde ottenere l’armatura di Altaïr in Assassin’s Creed II.
Esilio e ritorno
Tornati a Masyaf ormai in età avanzata, la coppia trova una situazione tumultuosa dovuta alla loro assenza, con Abbas Sofyan eletto ad interim come guida dalla Confraternita dopo essere riuscito con l’inganno ad imprigionare Malik As-Sayf, uomo di fiducia di Altaïr lasciato alla reggenza, incolpandolo dell’operato da sé medesimo omicidio dello stesso Sef, rimasto anch’egli a Masyaf insieme alla famiglia al contrario del fratello maggiore Darim, che aveva seguito i genitori nella loro impresa in Mongolia.
Il suddetto Abbas non è altri che il figlio di quell’Ahmad che si tolse la vita per il rimorso a causa del sacrificio del padre di Altaïr, e che ha quest’ultimo ha sempre riservato un odio profondo, rancore che culmina quando rivela al Mentore da egli deposto che non solo ha tolto di mezzo anche Malik, ma che ha anche fatto credere a Sef che sia stato sua padre ad ordinarne l’esecuzione, facendolo morire con questa convinzione.
Nella colluttazione che segue la confessione, Maria resta uccisa ed Altaïr è costretto a darsi alla fuga insieme a Darim, riuscendo in seguito a portare via dal villaggio anche la famiglia di Sef. Ricomincia così una vita di peregrinazioni per il bacino orientale del Mediterraneo e in Persia, ristabilendo vecchie sedi assassine ivi sparse e rinvenendo i sei sigilli della memoria ove il vecchio Mentore sigillerà i propri ricordi che Ezio rivivrà in Assassin’s Creed Revelations.
Dopo vent’anni di proselitismo accompagnati da ininterrotti studi sulla Mela dell’Eden, l’ottantaduenne Altaïr decide di riprendersi la propria patria, e così, trovando dei sostenitori in una cricca di Assassini insofferenti al governo di Abbas, riesce a riaffrontarlo e sconfiggerlo, riservandogli parole di conforto dopo averlo colpito con il primo prototipo di pistola celata esistente.
Una fine solitaria
Riconquistata la sede principale della Confraternita, Altaïr inizia a ricostruirla insieme a Darim nonostante l’instabilità politica attorno ad essa, che culmina con una nuova invasione da parte dei mongoli, guidata stavolta da Hülegü Khan, nipote di Gengis Khan e Ilkhan di Persia, il cui impero si estendeva dall’attuale Pakistan meridionale alla Cappadocia.
Lasciato il proprio prezioso Codice e cinque dei sei sigilli della memoria nelle mani di Niccolò Polo, padre e compagno di viaggio di quel Marco che arrivò fino in Cina, Altaïr conduce una breve ma strenua resistenza contro l’Ilkhan, il quale brandisce la spada dell’Eden, un’altra reliquia Isu di cui già il potente nonno era in possesso.
Riuscito a guadagnare tempo onde mettere in salvo la popolazione in fuga, Altaïr, ormai provato dall’età, decide di non abbandonare la propria casa dicendo addio al primogenito prima di rinchiudersi all’interno della biblioteca da egli fatta realizzare onde contenere la saggezza che la Mela gli avrebbe donato. Ivi, contemplato per l’ultima volta il manufatto, si siede ed incide l’ultimo sigillo della memoria, lasciandosi morire lentamente a venerandi novantadue anni. Proprio lì i suoi resti verranno rinvenuti dal suo discendente Ezio Auditore due secoli e mezzo dopo.
Maestro dei Maestri
Complice l’oscurità che in un certo senso sembra avvolgere gli Occulti, ovvero i proto-Assassini nati dagli sforzi di Bayek di Siwa e Aya-Amunet, Altaïr Ibn La’Ahad è ricordato dai propri posteriori come il più grande Assassino mai esistito, tanto è vero che gli echi delle sue imprese sono ben noti anche ad Assassini appartenenti a rami della Confraternita ben lontani da quello cui egli faceva capo (i cosiddetti ‘Assassini del Levante‘, ossia gli ‘Hashash‘ propriamente detti).
Un esempio lampante è costituito dall’Assassino maya Ah Tabai, il quale menziona direttamente il Mentore siriano durante uno dei suoi colloqui con Edward Kenway, protagonista di Assassin’s Creed IV: Black Flag, ignorando (o fingendo di ignorare) di essere al cospetto di un di egli diretto discendente.
[…] il nostro obiettivo è ampliare le nostre operazioni. Vivere insieme alla gente che proteggiamo, come Altaïr Ibn-La’Ahad ci ha consigliato.
Anche l’Abstergo Industries, incarnazione contemporanea dell’Ordine Templare, rivale storico e giurato degli Assassini, riconosce il valore del pensiero e della maturazione di Altaïr, tanto è vero che gli dedica un intero studio d’analisi di mercato onde proporlo come personaggio per uno degli audiovisivi ‘rieducativi’ che produce come Abstergo Entertainment, finendo tuttavia per liquidarlo come un semplice arruffapopolo guidato da un’arroganza di cui non si è mai realmente disfatto.
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