Pneumata é un videogioco horror in prima persona sviluppato da Deadbolt Interactive, team di sviluppo in realtà formato da una singola persona, ossia Antonio Alvarado. Purtroppo, nonostante l’incredibile lavoro dietro a questo titolo, il gioco soffre di molti problemi, a partire dal modo in cui si racconta fino ad arrivare alla struttura ludica, molto probabilmente riconducibili proprio al fatto che sia stato sviluppato da una persona sola, ma scopriamolo nel dettaglio!
Pneumata, anche detto Resident Hill
Pneumata é un titolo estremamente derivativo e Alvarado non ce lo nasconde, anzi, é proprio sua intenzione mostrare chiaramente ai giocatori tutte le varie ispirazioni che lo hanno portato alla creazione del suo gioco. Possiamo dire che Pneumata sia la fusione tra Resident Evil 7 e Silent Hill 2, con un pizzico di Outlast giusto per. Dal titolo di Capcom é stata presa l’intera struttura di gameplay, mentre dalla saga di Konami l’ispirazione é da ricondurla più dal punto di vista narrativo, con tutte le conseguenze del caso.
Pneumata racconta la storia di David, un detective con un passato oscuro e nebuloso, e come ogni buon detective non può che essere schiavo di fumo, alcool e monologhi dal tono amaro e rassegnato. L’incipit non é tra i più originali: nel nostro grottesco appartamento ci verrà consegnato un VHS dal contenuto a dir poco perturbante; sulla cassetta possiamo leggere un nome, precisamente un nome di una città, “Milton“. David decide così di investigare più a fondo sulla questione e partirà con la propria auto verso la piccola cittadina americana.
Purtroppo, durante il tragitto un animale ci attraverserà la strada e finiremo schiantati contro alcuni alberi, perdendo coscienza: proprio come in Silent Hill, questo incidente darà vita al nostro incubo personale, intrappolati in una località chiamata Clover Hills – wink wink – circondati da mostri e da persone ormai folli, dovremo riuscire a sopravvivere, armati di pistola e fucile, così da ritrovare la via per casa.
Il problema di Pneumata non è tanto la trama, che non propone nulla di originale, andando a prendere pezzi un po’ lì e un po’ là dai titoli già sopracitati, ma piuttosto il modo in cui viene raccontata. David è il classico protagonista dei giochi horror, ovvero quel tipo di persona che non dice nulla davanti a mostri e sbudellamenti, ma che invece si pone domande inutili tipo “perché c’è tutto questo sangue per terra?”.
Il suo carisma è prossimo allo zero e di certo il doppiaggio semi-amatoriale non aiuta a farci legare con lui, in più per tutta la durata del gioco sarà l’unico essere pensante presente (o quasi). Come i capostipiti del genere ci insegnano, per fare un buon horror c’è bisogno di un cast vario e imprevedibile, così da rappresentare ogni elemento della storia nel miglior modo possibile.
Non proprio uno sparatutto
Ogni tanto è bene ricordarlo, Pneumata è un titolo sviluppato da una sola persona e l’esperienza che ho vissuto giocandolo è stata più piacevole del previsto, niente in confronto con altri titoli sviluppati da solo-developer. Questo per dire che il potenziale c’è, soprattutto dal punto di vista della ricostruzione degli ambienti, il problema è che per proporre un titolo del genere serve ben più di una persona. Pneumata si gioca esattamente come Resident Evil 7 (o 8), ossia un survival horror in prima persona con fasi di shooting, gestione dell’inventario con tanto di slot, enigmi da risolvere e save room con musica rilassante.
C’è da dire che complessivamente, dal modo in cui si muove David e da come interagisce con il mondo, il lavoro svolto è veramente ammirevole, il problema, anzi i problemi, arrivano quando andiamo a guardare sotto il bellissimo velo che è Pneumata. Prima di tutto analizziamo l’esplorazione: in breve, è un caos. Non ci sarà nessuna mappa ad aiutarci ed ogni area è come un labirinto di porte e corridoi, non sapremo quasi mai dove andare e cosa fare, soprattutto visto che molto spesso dovremo fare del backtracking molto poco intuibile per poter proseguire.
L’altro grosso problema è il combattimento, ma non per il gunplay in sé che a differenza di altre opere simili qua funziona decentemente, ma per colpa dell’AI deficitaria dei mostri. La maggior parte degli incontri si è risolta con io che “cheesavo” (scusatemi per il termine) i nemici, affrontandoli senza alcun pericolo, anche perché molto spesso si bloccavano da soli, intrappolati nella loro animazione di corsa senza fare nessun passo in avanti. Anche con le poche boss fight che dovremo affrontare si presenterà lo stesso problema, rendendole così poco più che una perdita di tempo, visto che non ci sarà nessuna tattica da applicare, né tanto meno avremo bisogno di particolari skill per portarci a casa la vittoria.
Bello da vedere, meno da sentire
Pneumata è sviluppato interamente con Unreal Engine 5 e si vede: gli scorci sono veramente suggestivi e rievocano a più riprese gli scenari che hanno incantato i giocatori dediti al genere horror nel passato. L’illuminazione è ben pensata, tranne quella della torcia in nostro possesso, che risulta a più prese inutile, visto che illuminerà ben poco, ma se prendiamo in esame quella ambientale c’è poco da dire, Unreal Engine 5 dà il massimo in questi casi.
Sul sonoro invece c’è molto da migliorare, a partire dal mixaggio generale che risulta mal fatto in più occasioni, con voci e suoni che aumentano di volume senza un reale motivo. Però la criticità maggiore è da ricercare nel doppiaggio, anche se capisco che il progetto sia molto piccolo, le prove attoriali non sono sufficienti e buttano parecchio giù l’esperienza quando qualcuno prova a parlare all’interno del titolo.