Al giorno d’oggi uno dei temi più discussi per quanto riguarda il gaming è il fatto che alcuni aspetti di determinati videogiochi possano essere considerati a tutti gli effetti gioco d’azzardo. In questo specifico campo, Electronic Arts ha fatto da apripista su una discussione che ha portato anche a risvolti legali in diversi Stati (tra cui anche l’Italia!) a causa dell’accoppiata Star Wars Battlefront II e NBA 2K18, nel primo caso a causa di microtransazioni talmente invasive e poco remunerative da essere paragonabili al gioco d’azzardo, e nel secondo a causa di alcune schermate in cui venivano sbustati pacchetti di giocatori che, infelicemente, presentavano proprio il layout di una slot machine.
La questione relativa a Electronic Arts ha assunto qualche anno fa dimensioni talmente grandi, travalicando il semplice discorso videoludico, che perfino la stampa generalista (come il Corriere della Sera) se n’è occupata. Per quanto però il gioco d’azzardo venga spesso e volentieri demonizzato, non dimentichiamo che quando quest’ultimo è svolto in maniera legale e regolamentata (ovviamente solo ed esclusivamente da maggiorenni), può in realtà rivelarsi un’attività stimolante e divertente al pari di qualsiasi altro videogioco. Ci sono, per esempio, realtà come top10casinos, un sito che si occupa di comparare i migliori casinò online per proporre un’esperienza di gioco che sia il più pulita e godibile possibile per i giocatori.
A parte il polverone e la discussione etica che si può generare sull’argomento, mi sono ritrovato ultimamente a giocare un titolo che mi ha fatto molto riflettere su come un argomento spinoso come questo sia diventato un vero e proprio tabù in certi giochi e per determinati medium: sto parlando della coppia di titoli Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente. Come sicuramente già saprai, si tratta di un remake della coppia di giochi dedicati ai mostriciattoli tascabili di quarta generazione, una riproposizione estremamente fedele, tranne che per un piccolo, grande, dettaglio…
Pokémon Diamante e Perla, c’era una volta a Rupepoli…
Data la mia particolare predilezione per la quarta generazione, mi sono rituffato a Sinnoh fin dal day one dei remake (a tal proposito, trovi qui la nostra recensione); rivedere i luoghi che avevo già esplorato nel lontano 2007 mi ha davvero emozionato, eppure, dopo un primo giro della regione, mi sono reso conto che non tutto era al proprio posto.
Dopo un primo giro perla città di Rupepoli infatti mi sono chiesto che senso avesse una struttura con un magazzino vuoto accanto alla boutique, se prima la cosa mi è passata in sordina, quando ci ho riflettuto un attimo mi sono reso conto che i conti non tornavano. Il cambio di vestiti dell’avatar è stato introdotto nei giochi di sesta generazione, mentre i remake sono relativi alla quarta… quel negozio di vestiti non dovrebbe essere lì!
Come un fulmine a ciel sereno, i ricordi sono tornati a galla: la quarta generazione Pokémon è stata l’ultima ad accogliere la struttura del Casinò, il cui minigioco (tipico della serie fin dal 1996) è stato poi rimosso da tutti i titoli futuri a causa di numerose polemiche da parte di varie associazioni dei genitori che li vedevano come “istigazione al gioco d’azzardo”. Ammetto che un po’ mi si è stretto il cuore: ricordo ancora quando per la prima volta ho giocato a Pokémon Rosso Fuoco e l’unico modo per ottenere Porygon è stato quello di ottenere una quantità invereconda di Gettoni presso la Sala Giochi Rocket, ora invece il politically correct forzato e alcuni discorsi buonisti campati per aria hanno reso più povera una delle mie serie preferite.
Nei remake di terza generazione, Pokémon Rubino Omega e Zaffiro Alfa, il Casinò di Ciclamipoli è ancora presente, sebbene sia chiuso al pubblico. Rimane comunque una memoria storica della struttura di giochi che hanno vissuto il proprio momento di gloria in una società parecchio diversa: l’aver passato ore nella Sala Giochi Rocket a Kanto non mi ha decisamente reso un ludopate! Né tantomeno l’accumulare Gettoni per ottenere i premi migliori in Dragon Quest XI mi ha messo voglia di perdere un capitale nella prima slot machine di passaggio!
Anche il fatto che i minigiochi d’azzardo siano ancora presenti in serie come Dragon Quest o Yakuza (e siano anche una costante fissa in entrambi i casi!) mi fa tristemente pensare che se al giorno d’oggi ci lamentiamo del fatto che la serie Pokémon sta assumendo sempre più i contorni di un gioco “da bambini” è perché voleva raccontare qualcosa di profondo, ma in modo leggero, finendo con l’essere etichettato male.
E non solo! La rimozione dei Casinò dalla serie è stata alla fin fine voluta da gente che nella quasi totalità dei casi si è sentita in dovere di esprimersi su qualcosa verso il quale non aveva esperienza diretta; si parla tanto di educazione delle nuove generazioni, e mi rendo conto che la formazione della mia è passata anche tramite il medium videoludico che oggi è una realtà esponenzialmente più presente che in passato e che non può più essere ignorata. Ci preoccupiamo di insegnare tanto, ma cose come il “nascondere” il Casinò in un gioco Pokémon priva i giovani giocatori di un insegnamento: la responsabilità.