Project Aether: First Contact, lo shoot ‘em up twin stick con elementi da bullet hell sviluppato da Sleepy Spider Studios, arriva su Nintendo Switch dopo una fruttuosa campagna Kickstarter e il lancio della versione PC uscita ad inizio dello scorso anno.
Con un gameplay che ci ricorda capisaldi del genere come Geometry Wars e Ikaruga e un mech da comandare che potrebbe benissimo essere un Eva e una storia che inevitabilmente assomiglia ad un anime, Project Aether verrà fuori come un prodotto con una sua dignità o si limiterà ad esser un more of the same?
Scopriamolo insieme.
Spazio: ultima frontiera
La Storia di Project Aether, come d’abitudine per questo tipo di titoli, è poco più di un pretesto per metterci al comando del nostro robottone: il Capitano Theresa Martins è impegnata nella fase di test del primo (e unico) prototipo di Aether, il mech che comanderemo per tutto il gioco, quando un’improvvisa minaccia si manifesta poco sopra l’atmosfera terrestre.
Si tratta di astronavi aliene, senza alcun pilota, che metteranno a serio rischio tutti i pianeti del sistema solare. Senza troppi dubbi, e con incrollabile fiducia nel prototipo, Theresa Martins viene inviata a salvare la situazione dove l’esercito regolare fallisce miseramente.
Poco realistico se vogliamo, altrettanto scontato in effetti, ma efficace per avviare l’azione di un titolo in cui sparare (ed evitare i colpi nemici) è tutto quello che dovremo fare.
Il gameplay di Project Aether: first contact
Il gameplay di Project Aether è abbastanza semplice, pur con qualche piccola novità, e al tempo stesso solido.
All’inizio del gioco abbiamo a disposizione 4 tipologie di attacchi, o meglio 3 più 1, scoprirai presto perchè. L’Aether è equipaggiato con una mitragliatrice, un fucile rail gun e una spada; la prima è chiaramente l’arma base, che ci fornisce fuoco rapido e causa danni moderati ai nemici ed è consigliata principalmente nelle fasi concitate in cui abbiamo bisogno di smistare quanti più colpi possibili. Il fucile invece è un’arma più lenta ma più efficace nell’eliminazione del nemico, tenuto conto del fatto che con un singolo colpo possiamo danneggiare più navicelle contemporaneamente, a patto che siano in fila ravvicinata.
Infine, l’ultima arma a nostra disposizione è unaspada da utilizzare nel corpo a corpo, efficace anche ai livelli più bassi e utile per amplificare gli impulsi EMP emessi dal nemico. Questo ci porta dritto all’ultimo tipo di attacco di cui ti parlavo prima, che risulta essere una gradita novità nell’intero gameplay: partendo dal presupposto che le navi sono prive di pilota e vengono comandate da remoto, ogni colpo che infliggeremo al nemico contribuirà a creare un piccolo cortocircuito che si manifesterà sotto forma di cerchio intorno alla navicella.
Una volta che questo cerchio si sarà formato, attivando i nostri reattori al suo interno daremo vita ad un impulso elettromagnetico che farà esplodere qualsiasi nemico entro il suo raggio.
Si tratta di una caratteristica peculiare, che aggiunge un tocco di strategia all’intero titolo; se ai livelli di difficoltà più bassa potremmo anche disinteressarci di questa tecnica, la stessa diventa essenziale giocando ai livelli Difficile e Intenso. Così come, sfruttando il doppio analogico, il nostro Aether si muove liberamente sullo schermo, anche le navi nemiche avranno dei percorsi più o meno casuali, motivo per cui spingerle vicine con i nostri attacchi e poi farle fuori rapidamente con l’impulso EMP diventa fondamentale per evitare quanti più danni possibile.
Diversamente da altri shmup, in Project Aether non abbiamo un vero e proprio scudo e sopratutto non esistono i tipi attacchi “pulisci schermo” che fanno tanto old school; oltre alle armi di cui ti ho parlato abbiamo a disposizione una mossa che ci permette di muoverci rapidamente grazie ai reattori montati sul mech, evitando gli attacchi nemici (o posizionandoci meglio) diventando al tempo stesso invulnerabili per i pochi secondi che il movimento ci richiederà.
Nonostante la struttura da bullet hell duro e puro, Project Aether riesce ad essere player friendly anche con chi difficilmente si accosta al genere.
Non veniamo subito gettati nella mischia, ma abbiamo a disposizione un primo livello tutorial in cui apprendere con calma come comandare l’Aether e utilizzarne con profitto le armi a disposizione. Inoltre, diversamente da quanto accade normalmente, anzichè venire eliminati al primo colpo preso possiamo resistere fino allo svuotamento della barra della vitalità e anche in questo caso, prima di capitolare, abbiamo a disposizione alcuni kit di riparazione in grado di ripristinare in parte l’energia del mech.
Man mano che avanzeremo nei 9 livelli che compongono il gioco principale riceveremo nuove armi che migliorano quelle già in nostro possesso, non sono troppe e anche la varietà difetta ma tutto sommato è un aspetto secondario. Sempre secondo il criterio arma principale – arma secondaria ci ritroveremo a impugnare lanciarazzi, fucili a corto raggio e armi a concussione in grado di spostare le navi, mettendole nella giusta posizione per una catena di esplosioni EMP.
E’ vero, armi più potenti e visivamente appaganti aumentano il piacere del gioco, ma paradossalmente Project Aether sarebbe completabile anche senza sparare un colpo: facendo attenzione, anche quando lo schermo è saturo di nemici, sarà sempre possibile individuare uno spazio in cui infilarsi restando al riparo dai colpi delle navi avversarie, sfruttando il sistema di comandi sempre reattivo e molto preciso.
Ma le armi non sono l’unico elemento personalizzabile del gioco: anche alcuni pezzi dell’Aether sono personalizzabili, sbloccandone degli aggiornamenti come avviene per il modulo per la schivata.
Non parliamo di grandissimi cambiamenti, ma sperimentare le varie combinazioni aggiunge un ulteriore elemento interessante a quello che, va ricordato, è comunque un titolo low budget.
Una parziale pecca di Project Aether: First Contactè la durata della campagna, suddivisa in 9 missioni che ci vedono passare tra campi di asteroidi, pianeti congelati come Hoth o simili alla Terra in una continua lotta con il nemico, che appare in ondate valutate singolarmente una volta distrutta l’ultima nave. Come da tradizione, alla fine di ogni livello troviamo l’immancabile boss, normalmente una nave un po’ più grande delle altre con qualche gregario e un rateo di fuoco più martellante. Nulla di troppo difficile o particolarmente fantasioso, qualche colpo ben assestato e anche loro esploderanno in mille pezzi. In totale per terminare la campagna basta un’oretta e mezza di gioco.
Ad aggiungere un pizzico di longevità ci pensano le classiche modalità aggiuntive: Trials, che ci vede affrontare dei livelli con un obiettivo definito (ad esempio utilizzare fucile e spada per eliminare dei missili), Survival che ci propone la consueta gara di sopravvivenza e per ultima la modalità Boss Rush che ci propone di affrontare tutti i boss nemici in rapida sequenza.
Segnali di Stile
Nonostante la giocabilità sia praticamente esente da difetti, e questo è molto importante nell’economia del gioco, l’aspetto grafico di questa versione Switch non è esaltante.
I modelli delle navi e dell’Aether sono quasi stilizzati, con un livello di dettaglio minimo e una varietà molto bassa. Anche gli sfondi, sempliciimmagini statiche, non rendono al meglio, specialmente in quei frangenti in cui ci troviamo ad attraversare campi di detriti che sembrano così provenire dal nulla.
Il tutto migliora leggermente in modalità handheld, ma più per le ridotte dimensioni dello schermo che per altri motivi.
Anche il comparto sonoro non brilla: i rumori della battaglia sono pressoché standardizzati e non restituiscono i feeling che un combattimento a suon di raggi laser ed esplosioni EMP dovrebbe dare al giocatore.
Anche il doppiaggio, solo in lingua inglese e chiaramente influenzato da certa tradizione anime, non è un granchè: è vero, la trama deve essere in qualche modo portata avanti ma una recitazione non eccellente e dei dialoghi spesso sopra le righe spezzano l’azione in maniera un po’ troppo invadente.
Nettamente migliore la soundtrack del gioco, che riesce ad enfatizzare l’azione su schermo con pezzi interessanti e dalle sonorità adatte all’ambientazione fantascientifica del gioco.