L’ottava generazione videoludica è stata indubbiamente segnata da un fenomeno che sarebbe stato impensabile prima d’ora: i remake! Quella che sembrava un’operazione commerciale passeggera, che presto avrebbe lasciato il posto ad altre tendenze si è rivelata in realtà essere lo zoccolo duro degli ultimi anni, soprattutto a partire dal 2017.
Non cito quest’anno a caso, indico invece proprio il 2017 come boom del fenomeno dei remake a causa di un titolo in particolare: Crash Bandicoot N. Sane Trilogy. Lanciato in esclusiva temporale su PlayStation 4 il 30 giugno 2017, questo pack 3 in 1 di remake ha riportato sulle console di ottava generazione la trilogia originale con protagonista il folle peramele arancione ideato da Naughty Dog.
Senza mezzi termini, il gioco fu a dir poco un successo sotto ogni punto di vista, in breve tempo le scorte furono esaurite ovunque (portando ad allucinanti fenomeni di bagarinaggio prima che fosse mainstream), e come nel 1996 (anno di lancio del primo gioco con protagonista Crash Bandicoot) i titoli dedicati all’icona PlayStation si rivelarono vere e proprie killer app, nonostante avessero concettualmente più di vent’anni sulle spalle, riuscendo a far lievitare le vendite della console di casa Sony.
Certo, all’epoca non era ancora chiaro il concetto di esclusiva temporanea diventato ormai un leit motiv di casa Sony, se in molti avessero saputo che dopo un anno la N. Sane Trilogy sarebbe sbarcata anche su Nintendo Switch, Xbox One e PC, probabilmente non avrebbero acquistato appositamente una PlayStation 4, ma commercialmente il messaggio fu chiarissimo: si può puntare sulla nostalgia, anche nei videogiochi.
Dopo la N. Sane Trilogy quindi è stato tutto un susseguirsi di remake, rimanendo nel campo delle icone Sony abbiamo visto Crash Team Racing Nitro Fueled, Spyro: Reignited Trilogy, Medievil o il recente Demon’s Souls in esclusiva per PlayStation 5; Nintendo ha invece sfornato remake del calibro di The Legend of Zelda Link’s Awakening e Microsft… beh, non ha poi bisogno di remake delle sue IP dato il discorso di retrocompatibilità che si porta dietro da ormai due generazioni.
Senza contare poi i multipiattaforma, abbiamo avuto remake del calibro di Resident Evil 2 (e anche il 3, seppure inferiore al suo predecessore) o Final Fantasy VII Remake, che sebbene sia a tutti gli effetti un’esclusiva Sony, i rumor sul fatto che l’esclusività temporale stia per finire sono troppo insistenti per essere ignorati, restando poi in casa Square Enix anche Nier Replicant (remake della versione nipponica del predecessore di Nier Automata) sta ricevendo la sua meritata dose d’attenzione.
Naturalmente, tutti questi remake non sono nati dopo il successo della N. Sane Trilogy, per capire dove inserire commercialmente un’operazione che coinvolga titoli del passato così amati, e soprattutto per svilupparli, c’è bisogno di anni (e il già citato Final Fantasy VII Remake è l’esempio più lampante), il peramele ha semplicemente fatto capire all’industria che titoli del genere possono effettivamente avere valore e riscontro da parte del pubblico.
Il punto è: quando e quanto è giusto aspettarsi un remake? Questo articolo nasce a causa di eventi ben precisi che mi hanno portato a questa domanda: i rumor sul remake del primo The Last of Us e la chiusura degli Store di PlayStation 3, PlayStation Portable e PlayStation Vita, evento che renderà letteralmente inaccessibili alcuni titoli.
A mio parere, un remake del primo The Last of Us in questo momento sarebbe un’idea alquanto inutile, ricordiamo che il titolo Naughty Dog, lanciato come canto del cigno di PlayStation 3 (e qualitativamente incredibilmente vicino alle prime produzioni PlayStation 4) possiede un gameplay e un comparto tecnico che non avrebbe poi bisogno di chissà quali svecchiamenti, anche il fatto che a poco più di un anno dal lancio il gioco abbia ricevuto una remaster per PlayStation 4 allontana ancora di più la necessità di rivederne una versione nuova anche su PlayStation 5.
Tornando in casa Capcom poi, sono stati in molti a chiedersi se la naturale prosecuzione dei remake dovesse avvenire con Resident Evil 4 Remake. Il survival horror con protagonista Leon Kennedy abbandonava per la prima volta la classica impostazione con sfondi prerenderizzati e comandi tank facendo fare alla storica saga Capcom un incredibile salto di qualità che rende un titolo del 2005 relativamente attuale al giorno d’oggi.
Scrivo questo articolo il 16 aprile 2021, e proprio stanotte Capcom ha confermato di essersi fatta delle domande sul futuro di Resident Evil 4, annunciandone una nuova versione… per Oculus Quest 2! L’azienda nipponica ha centrato il punto! Un remake andrebbe fatto se e quando le tecnologie più recenti permettono di vivere un’esperienza “vecchia” dandole un sapore completamente nuovo: oggigiorno i survival horror seguono in buona parte l’impostazione della disavventura di Leon Kennedy, se la si deve riproporre lo si deve fare in maniera totalmente nuova, altrimenti ha poco senso!
Dopo questa lunga premessa passiamo alla ciccia vera e propria: quali vecchie glorie avrebbero effettivamente bisogno di un remake al giorno d’oggi? Ecco le mie proposte, come potrai notare ho evitato titoli blasonati come Silent Hill e Metal Gear Solid, da mesi ormai si specula su possibili remake a cura di Bluepoint Games (e spero davvero che questi rumor si rivelino veri prima o poi), ho preferito invece scelte più “esotiche”, che ritengo ugualmente degne di essere riscoperte. Ti aspetto nei commenti per sapere la tua!
Duck Hunt
Penso che dopo aver tirato in ballo serie del calibro di Final Fantasy e Resident Evil la scelta di aprire questa lista con Duck Hunt ti abbia spiazzato, e va benissimo così! Lanciato per cabinati arcade e NES nel lontano 1984, Duck Hunt è uno dei più bizzarri sparatutto mai concepiti, e proprio per questo ha fatto la storia!
Per anni il gioco è stato letteralmente ingiocabile a causa dell’evoluzione tecnologica che ha portato progressivamente le televisioni a tubo catodico a scomparire un po’ dappertutto, indispensabili per ricevere input dal NES Zapper (la pistola dedicata al gioco). Il titolo è tornato poi nel 2014 grazie alla versione originale inclusa nella Virtual Console di Wii U.
Con la tecnologia utilizzata da Nintendo prima nei WiiMote e poi nei Joy-Con, il limite del televisore a tubo catodico viene abbattuto, permettendo al giocatore anche un sistema di puntamento più reattivo e preciso. Il fatto che il Duo Duck Hunt sia uno dei personaggi del roster di vari Super Smash Bros. (e in particolare dell’Ultimate) fa capire quanto Nintendo sia affezionata al titolo e rivederlo su Nintendo Switch con una veste grafica aggiornata e magari qualche implementazione nel gameplay sarebbe un colpaccio da parte della casa della grande N, che ancora una volta potrebbe riuscire a riunire generazioni di videogiocatori lontane tra loro.
Pokémon Conquest
Rimaniamo in casa Nintendo perché c’è poco da fare: il colosso nipponico sotto molti punti di vista si ostina a mettersi al passo coi tempi, ma al contempo riesce sempre ad anticipare le tendenze future. Prima della N. Sane Trilogy e del boom dei remake (molto prima), Nintendo lancia nel 2004 l’accoppiata Pokémon Rosso Fuoco e Verde Foglia: i remake erano arrivati (con largo anticipo) nel mondo Pokémon.
Il concetto di remake di vecchie generazioni Pokémon è diventato ormai una prassi per Game Freak, tanto che diamo per scontata una certa alternanza tra nuove generazioni e riproposizione di vecchie regioni tanto che, dopo aver esplorato in lungo e in largo Galar su Pokémon Spada e Scudo, attendiamo con ansia Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente per fare un tuffo nel passato e tornare a Sinnoh.
Ultimamente però i remake del mondo Pokémon iniziano a battere anche la via degli spin-off, infatti lo scorso anno abbiamo avuto Pokémon Mistery Dungeon: Squadra di Soccorso DX, remake dei primi due capitoli della serie spin-off ovvero Squadra Rossa e Squadra Blu. Tra fine 2021 e inizio 2022 torneremo a Sinnoh non solo coi remake di quarta generazione, ma anche con un esperimento a dir poco ambizioso: Leggende Pokémon Arceus, un open world ambientato in una Sinnoh medievale, ma non è la prima volta che i Pokémon tornano indietro nel tempo.
Nel 2012 infatti veniva lanciato il particolare crossover Pokémon Conquest che vedeva coinvolti come protagonisti i mostriciattoli tascabili e le figure storiche della serie Nobunaga no Yabō, saga di strategici a turni popolarissima in Giappone ambientata nel periodo Sengoku che vede come protagonista Oda Nobunaga.
La serie di strategici a turni difficilmente ha varcato le soglie del Paese del Sol Levante sia per il genere (che porta con sé una difficoltà non indifferente) che per le tematiche storiche, care al popolo nipponico, ma scarsamente rilevanti agli occhi del resto del mondo; per questo motivo Pokémon Conquest non ha potuto godere di una distribuzione ottimale, cosa che anche a livello di traduzione ha portato a preferire quasi esclusivamente l’inglese come lingua alternativa al giapponese.
A quasi dieci anni di distanza dal lancio di Pokémon Conquest il genere degli strategici a turni gode di maggiore visibilità che in passato, merito anche di titoli come Fire Emblem: Three Houses, XCom e Mario + Rabbids Kingdom Battle, questo particolare, unito all’imminente ritorno dei Pokémon nel Medioevo, potrebbe fare da apripista per il ritorno di questo particolare crossover.
The Legend of Dragoon
Con The Legend of Dragoon si rientra nel secondo discorso a cui si faceva riferimento in precedenza, ovvero la chiusura degli store su vecchie console di casa Sony. Uscito originariamente nel 1999 sulla prima gloriosa PlayStation, attualmente il titolo è giocabile solo scaricandolo dal PlayStation Store di PlayStation 3, PlayStation Portable e PlayStation Vita e soltanto su store nordamericano e nipponico. Dopo la chiusura del servizio, il gioco sarà inaccessibile in tutti i modi.
Purtroppo, rientro tra i videogiocatori che non sono riusciti a mettere le mani su questo storico GDR (e quindi il problema della chiusura degli Store mi tocca molto da vicino), pertanto in questo paragrafo lascio volentieri la parola a Leonardo Calamari che ti spiegherà perché questo titolo andrebbe assolutamente recuperato, magari proprio tramite un remake!
Assolutamente sì Francesco, e lo faccio più che volentieri dato che parliamo di uno dei J-RPG che mi porto nel cuore da un paio di decadi. Sviluppato nel giro di soli tre anni dall’ormai compianto Sony Japan Studio, che a partire dal suo storico organico non ha più nulla di quel tempo, The Legend of Dragoon non può che rientrare a pieno titolo in questa lista per diversi, validi, motivi oltre a quelli che hai giustamente citato. Un esempio? Il sistema di combattimento.
Dopo l’equilibrio trovato da Square Enix tra le barre ATB (Active Time Battle) e l’azione pura, mi è davvero impossibile non immaginare le potenzialità del gioco in questione e di quella struttura che sfruttava i Quick Time Event in modo così brillante; un dettaglio non trascurabile dato che la loro concezione moderna nacque solamente con l’uscita di Shenmue, ovvero pochi giorni più tardi rispetto all’epopea di Dart e soci.
A ogni modo, riassumere le ottime ragioni per cui mi piacerebbe vederne un remake nelle poche righe che mi rimangono è un’impresa impossibile, perciò mi limiterò a dire che quel progetto tanto ambizioso da poter competere già all’epoca con un Final Fantasy (l’VIII per la precisione) fresco d’uscita, potrebbe cavalcare a testa alta l’ondata di remake odierna alimentata a nostalgia e mossa da impulsi di mercato. La speranza, comunque, non è esattamente morta.
Forse è vero che dopo tutto questo tempo non vedremo mai quel famoso sequel entrato in fase di pre-produzione e poi scomparso da un giorno all’altro, ma data l’IP nelle mani di Sony e la vicinanza con Bluepoint Games dimmi perché non dovrei sognare di enormi draghi e cavalieri alati. Prima che tu possa rispondermi però, spedendomi nuovamente nel mio antro buio, ci terrei a ricordarti di quella volta in cui il CTO (direttore tecnico) dello studio texano postò un cinguettio che ancora oggi risuona limpido nelle mie retine.
I love “The Legend of Dragoon”. Perhaps it should be a project?
— Peter Dalton (@peter_dalton) August 22, 2019
Legend of Legaia
Restiamo sempre nel campo degli RPG, ma stavolta le motivazioni sono diametralmente opposte, mi chiedo infatti: perché un remake dovrebbe servire solo a riportare in vita vecchie glorie del passato? Non potrebbe anche dare la possibilità di far scoprire ai giocatori titoli con cui il tempo è stato inclemente? Legend of Legaia ne è il perfetto esempio.
Legend of Legaia è un RPG a turni che ha avuto un’unica, immensa, sfortuna: uscire nel 1998. Si è trattato senza alcun dubbio di un anno terribile per i GDR, o perlomeno, per tutti i GDR che non fossero Final Fantasy. Si trattava sostanzialmente di un anno di vuoto per la serie, ma tra Final Fantasy VII uscito appena un anno prima e le prime avvisaglie di un Final Fantasy VIII in uscita nel 1999, la concorrenza veniva sostanzialmente ignorata.
I due Final Fantasy sopracitati a livello di ambientazione accantonavano completamente il concetto classico di mondo Fantasy, proponendo atmosfere cyberpunk in un caso e storicamente moderne in un altro. Legend of Legaia invece rimaneva ancorato al concetto di mondo fantasy medievale, ma riusciva a rapire con una storia profonda e matura, a dare al giocatore un costante senso di tensione e di missione urgente da compiere a causa di un mondo interamente ricoperto da una nebbia malvagia.
Legend of Legaia non si prende mai tempo per un senso di buonismo, racconta dolorose storie di perdita e mostra eroi corrotti che un tempo erano icone di giustizia, allo stesso tempo ci sono dei momenti di serenità in cui il giocatore può distendersi e rilassarsi prima di ripartire per la sua missione, e altri al limite della comicità nonsense come un casinò che scimmiotta il Gould Saucer.
E Legend of Legaia si rivela brillante anche dal punto di vista del gameplay! La classica progressione da GDR che vede un continuo ciclo di scontri, farming e boss fight (con tanto di boss fight segrete) viene accompagnata da un sistema di combattimento che mette al centro i Seru, mostri che potremo soggiogare (non spoilero il perché) e portarli poi in battaglia. Inoltre, potremo impostare autonomamente delle combo per gli attacchi fisici scegliendo con quale parte del corpo attaccare e scoprire combinazioni segrete sempre più potenti.
Il titolo (che tra l’altro tre anni dopo generò un sequel… che sarebbe meglio dimenticare…) fu sviluppato da Contrail, una sussidiaria di Sony Computer Entertainment in attività per appena tre anni, dal 1997 al 2000, che fu poi inglobata nuovamente nella compagnia principale, quindi anche a livello di diritti la serie è ben ancorata agli studi di Sony, quindi perché aspettare ancora?
Dino Crisis
Arriviamo quindi all’ultimo titolo, non si tratta di una top 5 e i giochi citati non sono in ordine di importanza, ma devo dire che personalmente spero con tutto me stesso che Capcom prenda in considerazione il prima possibile questo progetto, vedendo anche il successo dei due remake di Resident Evil degli ultimi anni (soprattutto del 2, repetita iuvant).
E non parlo solo del primo Dino Crisis, ma di tutta la serie! Mi piacerebbe davvero rivedere Regina e Dylan in azione in tutti e due i giochi della serie (si, perché sono solo due, non esiste un terzo capitolo con dinosauri mutanti nello spazio, sarebbe assurdo se esistesse) riportati in auge grazie all’ottimo RE Engine. Penso che i plot twist della serie siano tra i più sorprendenti che si possano tirare fuori in un titolo del genere, e in un periodo in cui lo “spara spara” per molti basta e avanza in un survival horror, tornare a far conoscere sceneggiature di un certo spessore ai videogiocatori non sarebbe poi una cattiva idea.
Inoltre, se Resident Evil negli anni ha continuato a camminare sulle proprie gambe ininterrottamente, Dino Crisis grazie a dei remake potrebbe riscattarsi e potremmo veder il franchise espandersi e potremmo vedere dei nuovi capitoli degni di nota. In fondo, se si pensa al survival horror dei tempi moderni, mutazioni e zombie (complice il successo di The Walking Dead) sono ormai quasi l’unica minaccia rappresentata.
I due Dino Crisis venivano lanciati in un momento storico in cui Jurassic Park spopolava grazie ai film di Spielberg, e quindi i dinosauri, minacciosi o amichevoli che fossero, erano onnipresenti nella cultura di massa. Al giorno d’oggi invece (a parte i film della serie Jurassic World, che non fanno però scalpore come quella originale) i dinosauri sono stati un po’ messi da parte nei mass media, e la serie Capcom potrebbe aver ben pochi rivali nella giungla videoludica, proprio come… un tirannosauro!