I videogiochi come mezzo di immedesimazione
Alcuni videogiochi cercano di far immedesimare il giocatore in situazioni di “normalità” in cui vivono giorno per giorno migliaia di persone, affette da malattie più o meno gravi. Alcuni di questi titoli riescono a toccare nel profondo altri in modo più leggero e velato. Le tematiche trattate variano dalla “semplice” fobia, depressione, ansia, schizofrenia e tanto altro.
Oggi mi voglio soffermare su alcuni titoli che hanno avuto su di me il maggior impatto emotivo, riuscendo a colpirmi nel profondo. Tre titoli che voglio analizzare ed esporre in modo più o meno approfondito. Ci saranno probabilmente degli spoiler, me ne scuso in anticipo, qualora non li abbiate ancora giocati.
La depressione e il lutto nelle loro sfaccettature
Due sono i titoli che trattano questo disturbo e mi hanno lasciato il segno, ma prima vorrei dare alcune notizie generali sulla depressione e, più avanti, sul lutto.
“Il disturbo depressivo maggiore è una malattia invalidante che coinvolge spesso sia la sfera affettiva che cognitiva della persona influendo negativamente in modo disadattativo sulla vita familiare, lavorativa, sullo studio, sulle abitudini alimentari e riguardo al sonno, sulla salute fisica con forte impatto dunque sullo stile di vita e la qualità della vita in generale. La diagnosi si basa sulle esperienze auto-riferite dal paziente, sul comportamento riportato da parenti o amici e un esame dello stato mentale. Il momento più comune di esordio è tra i 20 e i 30 anni, con un picco tra i 30 e i 40 anni.”
Premesso questo, parliamo del primo titolo, Celeste, un gioco a piattaforme bidimensionale, in cui la protagonista Madeline, una ragazzina con appunto un disturbo depressivo maggiore, si ritrova a dover scalare un fantomatico monte chiamato Celeste, da cui il gioco prende il nome. Durante la scalata di questo monte, la protagonista si ritroverà in situazioni pericolose e tra alti e bassi continuerà la sua lotta per arrivare in cima. Durante la sua “avventura” Madeline incontrerà Badeline, la sua antagonista, o meglio la personificazione di se stessa, ma che rappresenta i sintomi più gravi del suo disturbo. Durante la scalata Badeline tenterà in tutti i modi di fermare Madeline, ma non vi riuscirà.
Cosa rappresenta la scalata del monte Celeste?
Il viaggio intrapreso da Madeline non è altro che l’interpretazione della battaglia interiore, della sua malattia che tenta in tutti i modi di farla arrendere e farla cadere nell’oblio più profondo, che non può sfociare in altro modo se non nella morte stessa. Nel gioco viene rappresentata egregiamente la battaglia interiore, tra dialoghi e combattimenti che ogni individuo, affetto da questi disturbi, deve affrontare e si svolge in due fasi. Nella prima, Madeline ripudia se stessa e non vuole averci a che fare, quasi come se non volesse accettarne l’esistenza, mentre nella seconda capisce che se prima non accetta la se stessa cattiva, non potrà mai arrivare alla fine del viaggio o quanto meno imparare a conviverci.
Il lutto
L’altra tematica che mi ha colpito molto, sempre attuale perché può presentarsi all’improvviso, è il lutto. “In psicologia, si identifica talvolta con la parola lutto anche quella serie di forti sentimenti e stati mentali derivati da accadimenti improvvisi, che creano sofferenza e che generano un forte impatto psicologico e/o modifica nella vita della persona che li subisce, come allontanamenti di persone care, o la modifica obbligata di stili di vita significativi.”
In questo caso il gioco che tratta questa tematica, e che mi ha colpito profondamente, è GRIS. Sotto una Direzione Artistica d’eccezione e musiche coinvolgenti si nasconde un capolavoro al cui interno viene “illustrata” la teoria sulle fasi dell’elaborazione del lutto e se vogliamo interpretarla in modo complementare, l’evoluzione del lutto che sfocia in depressione.
La protagonista di GRIS è sempre una ragazza, in questo caso intenta a cantare sul palmo della mano di una statua dalle fattezze femminili, ma che dopo pochi istanti si ritrova senza voce e la statua su cui si trova si sgretola facendola cadere in un deserto con la quasi completa assenza di colori. Durante il suo viaggio nelle profondità in cui si trova, aiutata in alcuni frangenti da strane creature, cercherà di ricomporre il mondo attorno a lei, ma arrivata nel punto più basso di questo luogo si incontrerà con una entità che prenderà la forma di una rondine. Quest’ultima tenterà di bloccarla in tutti i modi fischiando sempre più forte, ma durante la sua avventura acquisirà delle abilità che le permetteranno di proseguire nonostante la creatura tenti di fermarla.
Successivamente, dopo l’acquisizione del potere di nuotare sott’acqua, dovrà scappare dall’entità che si è trasformata in una murena gigante, verrà salvata da una creatura dalle fattezze di una tartaruga e, credendo di essere finalmente libera, proseguirà il suo viaggio. L’ambiente pian piano tornerà ad essere quello di prima e ad avere di nuovo dei colori. Quasi verso la fine riuscirà ad ottenere la sua voce, grazie alla quale il mondo attorno a lei acquisirà quasi del tutto i colori originali, ma giunta in un tempio si ritroverà faccia a faccia di nuovo con la oscura identità che stavolta ha acquisito le fattezze della protagonista e aspirerà al suo interno tutto il mondo, compresa la ragazza. Dentro lo “stomaco” della creatura, grazie alla sua voce, ricomporrà la statua su cui era appoggiata all’inizio della sua avventura. Ma l’oscura creatura, accortasi di ciò che accadeva, cercò di fermare la ragazza inglobandola nell’oscurità. Ed è qui che la statua magicamente inizia a cantare salvando la ragazza e il mondo. Una melodia da brividi accompagna la scena e una lacrima scende dal viso della statua, ma anche dal viso del sottoscritto.
Cosa rappresenta questo viaggio?
Il viaggio che la protagonista di GRIS fa non è altro che il viaggio interiore di chi, colpito da un lutto, compie, all’inizio toccando il fondo e incontrando ciò che il lutto stesso rappresenta, in questo caso una oscura creatura che cerca di bloccarci nelle profondità, e la sua lotta per risalire dal baratro in cui era caduta. Possiamo interpretare il viaggio come un’analisi, accettazione e rielaborazione del proprio Io e del proprio Subconscio rappresentato in questo caso dalla statua, caduta in pezzi all’inizio e ricomposta verso la fine del viaggio.
La schizofrenia e la sua rappresentazione
“La schizofrenia è una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione delle funzioni cognitive e percettive, del comportamento e dell’affettività, con un decorso superiore ai sei mesi, e con forte disadattamento della persona ovvero una gravità tale da limitare o compromettere le normali attività di vita.”
In Hellblade: Senua’s Sacrifice, vestiremo i panni di Senua, una guerriera celtica affetta da schizofrenia, e seguiremo il suo viaggio nel regno dei morti (Helheim nella mitologia norrena) per recuperare l’anima del suo amato Dillion, ucciso come sacrificio dagli “uomini del nord” che non sono altri che i vichinghi. Fin dai primi istanti in cui prenderemo conoscenza con Senua ci renderemo conto che qualcosa non va, perché all’interno del sua testa sentirà delle voci che la disturberanno di continuo, e grazie all’audio binaurale le sentiremo anche noi come se fossimo dentro la sua testa. Queste voci porranno delle domande o ci chiederanno di fare delle scelte, che la protagonista ascolterà o ignorerà senza troppi problemi. A volte ci derideranno, ci augureranno la morte o stranamente ci aiuteranno nei combattimenti . Proseguendo durante il gioco scopriremo delle verità agghiaccianti su ciò che le successe e, in alcune scene, verremo addirittura catapultati al di fuori della protagonista: lei intavolerà dei discorsi come se fossimo direttamente tirati in causa e ci guarderà dritto negli occhi. Durante il nostro viaggio incontreremo una sorta di spirito che vaga per il regno dei morti che diverrà un voce a volte fuoricampo che ci narrerà la sua storia o ci darà lezioni sulla cultura norrena. Scopriremo che la madre di Senua era affetta dal suo stesso problema, dando così credibilità alla sua malattia e alla ereditarietà. Il padre, il druido del villaggio, cercò di curarla usando le sue doti e non riuscendoci la isolò dal resto del mondo. Ma lei riuscì a scappare e vagò solitaria nei boschi, dopo i combattimenti sostenuti e dopo aver sconfitto diverse divinità appartenenti al mondo di Hellheim: Surt gigante che controlla il fuoco e Valravn un corvo padrone delle abilità illusorie.
La realtà dei fatti
Finendo il gioco, si viene portati a pensare che il viaggio compiuto da Senua sia tutto frutto della sua immaginazione, dovuto allo scatenarsi della schizofrenia scoppiata dopo la perdita del suo amato e che quindi tutto ciò che abbiamo visto e sentito non fosse per niente reale. Come abbiamo detto qualche riga sopra, la schizofrenia è ereditaria ed il fattore scatenante può essere la caduta in depressione dell’individuo, che lo porta a vivere queste esperienze come se qualcuno entrasse nella sua testa e prendesse possesso del corpo e della mente, portando l’individuo ad atti di autolesionismo (come accade a Senua in alcuni frangenti). Le voci che sentiamo rappresentano i pensieri che prendono il controllo in uno schizofrenico, voci che rappresentano le sensazioni che in quel momento gli passano per la testa. Un viaggio immersivo che gli sviluppatori di Hellblade: Senua’s Sacrifice sono riusciti a trasporre in un gioco grazie anche alla stretta collaborazione con due psichiatri dell’università di Cambridge che hanno seguito fin da subito il progetto, per far sì che il gioco fosse più realistico possibile.
“Le tematiche trattate in questo genere di giochi sono veramente importanti e ci permettono di capire cose che altrimenti non saremo mai in grado di comprendere”
Uno schiaffo morale a chi dice che “i videogiochi istigano alla violenza”!
Bellissimo quest’articolo, i videogiochi tante volte non ricevono le giuste considerazioni da tante persone. Complimenti Luca ?
Bellissimo ed interessante, senza esser troppo tecnico sei riuscito a far capire ogni singola parte del tuo ragionamento. Una visione del genere fa bene al mondo videoludico e a chi i videogiochi li demonizza. Giochi che divulgano dunque, che educano e che sensibilizzano, nel linguaggio che i videogames conoscono, ovviamente. Grazie per questo articolo e l’idea che ci sta sotto, servirebbero più articoli come questo perché la gente capisca il valore che sta dietro ad una forma espressiva che non è solo puro divertimento e fine a se stesso. Ancora complimenti!
Bellissimo articolo! Credo che MADeline (pazza) e BADeline (cattiva) sia un bellissimo gioco di parole e simboli.