Gli eSport diventato un gioco olimpico
Il Comité International Olympique, o Comitato Olimpico, o semplicemente CIO annuncia che gli eSports possono considerarsi uno sport a tutti gli effetti, alla stregua di qualsivoglia altra attività sportiva o agonistica. E se il ruolo principale dell’associazione è quello di gestire e supervisionare i tanto attesi Giochi Olimpici, essa non perde occasione di promuovere l’olimpismo in tutto il mondo, sia a livello formale che sostanziale.
È dall’ultimo summit avuto a Losanna, in Svizzera, sede ufficiale dei lavori del CIO, che ha inizio una piccola rivoluzione che investe il campo videoludico. Il rapporto tra eGames ed eSports si intensifica a tal punto da considerare i secondi come un vero e proprio sport. Ma quali sono le conseguenza di una tale decisione? Perché crea scalpore?
Non parliamo di stupore in senso negativo, ovviamente. Certo che attribuire ai videogiochi tutti i connotati propri di un’attività sportiva, comporta tutta una serie di riflessioni che non possono non essere effettuate.
Una piccola grande rivoluzione
L’eSport competitivo andrebbe considerato come un’attività sportiva, e i giocatori coinvolti si preparano e allenano alla stregua degli atleti dediti agli sport tradizionali.
Una decisione del genere, come prima conseguenza, ha di certo quella di attribuire un valore giuridico-legale a questo tipo di “giochi”. Si instaura un rapporto obbligatorio e anche, quando previsto, contrattuale, tra i giocatori e la società e tra gli stessi giocatori. Se prima, infatti, tutto era visto alla stregua del gioco, ora è inevitabile che ogni comportamento o situazione seppur ludica sia disciplinata da regolamenti. E questi assurgono sì a fonte secondario di diritto, ma comunque dal valore legale. E gli eSports sono, come è naturale che sia, privi di un apparato legale che li definisca. Sono esenti dal rispetto delle leggi speciali in materia di attività sportiva, durante lo svolgimento dei giochi. Penso a tutta quella serie di leggi sulle scommesse sportive… o ancora sull’antidoping. Mi chiedo: con questa decisione del CIO, gli eSports dovranno munirsi di apposite strutture e controlli in materia?
Una rivoluzione che, inevitabilmente, ha alla base anche ragioni puramente commerciali. L’attrazione dei giovani in questa sfera, sponsor di un tale rilievo, un numeroso pubblico sono i punti di forza che sosterranno la qualificazione, prima di diritto e poi fattuale, degli eSports come giochi olimpici. Non a caso si stimano 493.000.000 di dollari per ricavo, più di 300.000.000 di fan e sostenitori, 50.000 spettatori live. Insomma, se dal lato tecnico formale sorge spontanea qualche domanda in più, dal lato utilitaristico e sociale si fa grande affidamento sulle statistiche degli anni addietro.
Ma può una semplice partita ai videogiochi diventare gioco olimpico?
La domanda non può che generare una serie di perplessità che, al momento, resteranno senza risposta. Saranno i fatti a dare o meno supporto alla decisione del CIO. Sicuramente è inevitabile chiedersi in che modo sarà effettuata la scelta su quale eSports potrà accedere alle Olimpiadi. O meglio, quali requisiti e caratteristiche deve avere un titolo per essere giocato a livello agonistico ai Giochi Olimpici? La popolarità… la base economica della Software house che lo produce… si rischia di trattare in modo diseguale situazioni uguali, o ancora di non garantire un’uguaglianza, intesa come garanzia di un pari livello di partecipazione.
Il CIO parla, a riguardo, di “requisiti necessari” ai fini della partecipazione alle Olimpiadi. Il livello di popolarità in ogni continente, la pari opportunità di gioco tra uomini e donne, il rispetto dei valori che sono alla base dei giochi olimpici, l’insistenza sul territorio di un’associazione che controlli il rispetto delle leggi in materia di attività sportiva. Ma se pure ci fossero tutte queste connotazioni (e ci saranno!), paragonereste un player “da casa” ad un atleta professionista che fa della sua vita, il sogno di accedere alle Olimpiadi e vincerle?