È innegabile il fatto che da quando esiste il medium videoludico, il genere del Gioco di Ruolo o RPG ha trovato una comfort zone non indifferente, trasportando le classiche avventure cartacee su schermo. Nel corso dei decenni il GDR si è evoluto, ha assunto nuove forme e interessanti derive che hanno dato vita a tanti nuovi sottogeneri tra GDR a turni, GDR strategico, Action GDR e chi più ne ha più ne metta.
Per quanto oggi il genere presenti tantissime sfumature e serie rappresentative è impossibile non ricordare gli albori del genere a una serie in particolare, non esattamente la prima in senso cronologico quanto piuttosto la serie che ha contribuito a togliere la “J” che indicava il mercato nipponico dalla sigla JRPG e far diventare man mano il genere RPG a essere conosciuto, apprezzato e amato letteralmente in tutto il mondo, stiamo parlando ovviamente di Final Fantasy.
Per quanto il fenomeno sia letteralmente esploso a fine anni ’90 con l’indimenticabile Final Fantasy VII, il GDR è talmente forte e autonomo al giorno d’oggi da essere ancora una punta di diamante per il mercato videoludico. Un mercato che però è innegabilmente cambiato, perché banalmente sono cambiati i giocatori e il modo di fruire il videogioco.
Se oggi il GDR deve essere, nella maggior parte dei casi, necessariamente snellito delle meccaniche più vetuste per risultare appetibile ai giocatori, c’è di tanto in tanto qualche software house più coraggiosa che vuole regalare ai nostalgici esperienze che omaggino i grandi classici, ed è proprio il caso degli sviluppatori di Artisan Studios.
Questa piccola software house francese si è già occupata in passato di omaggiare i classici GDR con Super Neptunia RPG, ma il loro nuovo titolo nonché oggetto di questa recensione, Astria Ascending, vuole andare ancora più in profondità nel genere, andando a ricalcare i primi Final Fantasy e più in generale l’estetica che da anni accompagna la serie. Il risultato è una gioia per gli occhi e per le orecchie, con un impianto ludico che, al netto di qualche scelta strana (ma comprensibile a dire il vero), farà tornare indietro di qualche decennio i nostalgici e magari fare affezionare qualche nuovo videogiocatore al genere.
Un’armonia minacciata!
Astria Ascending ci porta fin dalle prime battute nel Frutteto di Harmonia, un luogo pacifico in cui convivono svariate razze in pace e, è proprio il caso di dirlo, armonia, a dispetto di differenze sostanziali che intercorrono tra i vari abitanti di questo mondo fantasy. Nell’introdurci alla lore del mondo di gioco ci viene raccontato che la pace in questo mondo rimane intatta e violata grazie a un antico rituale che protegge da un millennio l’equilibrio.
Il rituale in questione consiste nell’eleggere otto nobili guerrieri che nel corso di tre anni verranno riconosciuti come semi-dei, al termine del terzo anno però questi valorosi combattenti dovranno compiere un sacrificio e ascendere per preservare l’armonia. Il sacrificio però non pesa a nessuno dei prescelti dal momento che nei loro ultimi tre anni di vita sono consapevoli che verranno letteralmente trattati come divinità.
Il giocatore si ritroverà a vestire i panni della divisione numero 333, ovvero il gruppo prescelto di guerrieri pronti al sacrificio e guidato dalla guerriera Ulan. Il Frutteto di Harmonia viene però presto invaso dai Noise, ovvero delle creature malvagie che in mille anni non erano mai riuscite a spingersi così vicino ad Harmonia da rappresentare una minaccia, qualcosa di strano sta accadendo e i nostri avranno solo tre mesi prima dell’ascensione per scoprire cosa e liberare il mondo di gioco da questa oscura minaccia prima di sacrificarsi.
Questo presupposto narrativo ci porterà a esplorare un mondo di gioco vasto e variegato, per ricevere i doni degli Arbiter, ovvero delle antiche entità che dimorano in templi che richiamano i segni zodiacali (un elemento molto presente nella lore di gioco) e che potranno, grazie ai loro consigli, aiutarci a capire cosa sta succedendo.
Va subito detto che, per quanto il presupposto alla base della trama sia abbastanza classico e per certi versi anche poco originale, la qualità di una scrittura che non lascia nulla al caso impreziosisce la narrazione rendendola coerente e piacevole. L’unico difetto, purtroppo e paradossalmente, sta proprio nei personaggi principali che non solo risultano particolarmente stereotipati, abbastanza in linea con l’andamento generale del titolo in realtà, ma su riveleranno fin troppo abbozzati per buona parte del gioco.
Astria Ascending vuole un po’ fare il verso all’impostazione narrativa di Octopath Traveler andando però a correggere ciò che molti hanno trovato un difetto del titolo Square Enix. L’ex esclusiva Nintendo Switch infatti si rivelava ben presto estremamente ridondante poiché i giocatori desiderosi di approfondire in toto la lore si ritrovavano a vivere letteralmente otto prologhi, uno per personaggio.
Astria Ascending, nella sua voglia di presentare un party anch’esso composto da ben otto elementi, ci mostra un gruppo già formato e coeso, con cui tuttavia è veramente difficile empatizzare perché a parte qualche didascalia, il background dei personaggi ci sarà a lungo totalmente ignoto, andando così a compiere esattamente l’errore opposto di Octopath Traveler, sostituendo però alla lentezza del titolo Square Enix una narrazione in media res che risulta ancora meno efficace.
Per il resto invece, ci troviamo davanti a un mondo di gioco e a una trama in grado di incuriosire e affascinare il giocatore senza troppi problemi, con un ritmo anche abbastanza sostenuto e con una quantità di contenuti notevole che non lasceranno mai tempi morti e anzi, l’interesse che potrà generare una trama che sa rivelare i suoi punti di forza al momento giusto porterà anche i completisti più ostinati a lasciare da parte le missioni secondarie per un secondo momento e proseguire con la campagna principale.
È il mio turno?
Dal punto di vista del gameplay, come già anticipato, Astria Ascending vuole omaggiare gli albori del genere JRPG con un combat system che vede il nostro party scontrarsi contro i nemici in un campo di battaglia perfettamente diviso a metà e con attacchi e abilità che procederanno con un rito scandito da turni prestabiliti in base alla velocità.
Fin qui, tutto abbastanza “classico”, potremo scegliere se attaccare, difendere, lanciare magie o utilizzare abilità, inoltre il nostro party è composto da otto membri in totale, ma solamente quattro per volta scenderanno in battaglia e potremo quindi scegliere di alternarli liberamente. Ciò che dimostra che gli sviluppatori di casa Artisan Studios hanno “fatto i compiti a casa” sta nel peculiare sistema di Focus, in cui si incontrano alcune caratteristiche del già citato Octopath Traveler e della serie Bravely Default.
Il Focus infatti ci permetterà di sferrare versioni più potenti di attacchi, abilità e magie e tanto noi quanto i nostri avversari potremo utilizzarlo. Per utilizzarlo avremo bisogno di punti Focus che accumuleremo andando a colpire le debolezze nemiche o potremo anche perdere se andremo a utilizzare attacchi deboli contro i nemici, potremo anche decidere di tenere un personaggio “a riposo” per un turno, ciò aggiungerà un punto Focus temporaneo che andrà pero se non utilizzato a fine turno. Un sistema di power up abbastanza basilare, ma che si rivela stratificato al punto giusto e riesce a donare la giusta profondità alla battaglia.
La vera profondità del titolo sta però nella personalizzazione dei personaggi che, nel continuo citazionismo a Final Fantasy e affini insito nel gioco, ricorda la complessa Sferografia (molto semplificata però) dell’indimenticabile decimo capitolo. Avremo anzitutto un vasto skill tree in cui potremo sia sbloccare nuove abilità e magie che potenziare i parametri dei singoli personaggi, in quest’ultimo caso però avremo bisogno anche di apposite sfere che andranno a sbloccare a tutti gli effetti questi potenziamenti puramente parametrici.
Le cose si faranno più complesse dopo uno dei primi boss da battere in cui vedremo le nostre potenzialità di personalizzazione crescere in maniera esponenziale. Ogni membro del party infatti possiede una classe di base, questa però potrà essere affiancata da ben tre altre classi: una principale, una secondaria e una di supporto. Questa possibilità andrà non solo a espandere la crescita dei personaggi, ma anche a renderli letteralmente unici sia nell’aspetto che nei loro ruoli in battaglia, in quanto potremo scegliere di avere personaggi puramente di supporto, d’attacco o magici, oppure se avere membri del team efficienti in più ruoli, i classici “tuttofare”.
Per quanto riguarda le attività da svolgere in game, oltre alla campagna principale, avremo anche le classiche missioni secondarie affidate dagli NPC sparsi in tutto il mondo di gioco, le Cacce, ovvero gli scontri contro particolari mostri ricercati dalla Gilda dei Cacciatori e il J-Ster, un gioco da tavolo di strategia davvero intrigante, in entrambi i casi, la serie Final Fantasy (rispettivamente XII per le Cacce e VIII e IX per il J-Ster) viene omaggiata con successo creando un gioco di collezionabili interessante e ricco di regole e modalità di gioco e degli scontri soddisfacenti contro particolari mostri dalla difficoltà adeguata.
Da amante del genere però, proprio la difficoltà però mi ha lasciato perplesso a causa di una strana gestione e scelte che destano una certa perplessità. Di base, il livello di sfida proposto dal gioco è di suo soddisfacente, con sfide ben calibrate durante la progressione e qualche picco di difficoltà durante le boss fight. Tuttavia, dalle impostazioni del gioco è possibile andare letteralmente a modificare le ricompense delle varie battaglie, scegliendo così di ottenere più esperienza e risorse, andando tra l’altro a rompere l’equilibrio di gioco, oltre a poter cambiare direttamente il livello di difficoltà.
Non è certamente una scelta obbligatoria, anzi, si potrebbero anche utilizzare determinate impostazioni per avere una sfida più ostica del normale, tuttavia è veramente strano trovare determinate opzioni in un titolo del genere, quasi a simboleggiare che l’andare incontro ai nuovi videogiocatori o al videogioco moderno significhi abbandonare le lungaggini del GDR classico, coi suoi momenti di grinding dell’esperienza che ci portavano per ore a combattere gli stessi nemici e a cercare in qualsiasi modo di risultare i più efficienti possibili tramite stratagemmi di ogni sorta.
Non è un vero difetto del gioco, quanto piuttosto una triste considerazione di come il mercato e i singoli generi si stiano evolvendo e adattando.
Fantasia finale? No! Ascesa degli Astri!
Il mantra secondo il quale Astria Ascending vuole essere un grande omaggio nei confronti di Final Fantasy si ripete anche nel suo comparto tecnico. Visivamente infatti, i modelli dei personaggi sono palesi riferimenti ai personaggi nati dalla matita di Yoshitaka Amano, storico illustratore dalla serie che dal 1987 riesce a donare ai personaggi della serie (e non solo) quell’aspetto unico e inconfondibile che li rende letteralmente immortali.
L’intero mondo di gioco, oltre ai personaggi e ai nemici può vantare una direzione artistica invidiabile, i modelli sono curati al dettaglio e pieni di particolari, il tutto viene reso alla perfezione da colori pastello e modelli che risultano davvero riusciti con tratti tridimensionali in alcuni menù specifici. Proprio per questa bellezza dei modelli è un peccato vedere un certo riciclo di materiale in alcuni boss che vengono riproposti più di una volta (anche se il tutto viene giustificato dalla trama) e anche in nemici che talvolta sono semplici recolor di altri incontrati in precedenza, va detto però che anche questo in un certo senso rientra nei canoni classici del genere.
Anche per quanto riguarda poi la colonna sonora, l’omaggio a Final Fantasy, o meglio ai GDR fantasy in generale, è sempre palese. A parte alcuni trascurabili scivoloni, in cui anche in fasi di gioco più rilassate il ritmo incalzante suggerirà un ritmo totalmente opposto, le tracce in realtà saranno sempre adeguate alla situazione e anzi risulteranno davvero piacevoli.
In conclusione, Astria Ascending non solo è un riuscitissimo omaggio ai classici GDR e soprattutto ai primi Final Fantasy, ma anche preso come un gioco a sé stante riesce a risultare un’esperienza divertente e intrigante, supportata da un gameplay profondo e stratificato oltre che da una direzione artistica che propone suoni e immagini veramente piacevoli che faranno la gioia dei nostalgici, ma anche di chi non ha mai scoperto i grandi classici del genere!