Abbiamo provato Almighty: Kill Your Gods di Versus Evil e, come c’era d’aspettarsi, si è rivelato una sorpresa piacevole per alcuni aspetti, meno piacevole per altri. Siamo di fronte ad un titolo indie estremamente articolato, dotato di un’ambientazione vasta ed ispirata e di un crafting estremamente profondo, quasi arzigogolato. A tutto questo va aggiunta una lore poderosa e un gameplay che non si fa fatica a definire frenetico. La natura ‘sociale’ del titolo, il quale presenta un mondo in costante mutamento in maniera consimile a quanto avveniva in Demon’s Souls (2009), non può che giovare al suo potenziale.
Andiamo ad indagare più nel dettaglio ciò che Almighty: Kill Your Gods offre!
“Tempi avversi creano uomini forti. Uomini forti creano tempi tranquilli. Tempi tranquilli creano uomini deboli. Uomini deboli creano tempi avversi.”
Questa lunga ma efficace massima di G. Michael Hopf, romanziere ed ex-militare statunitense, riassume in maniera eccellente il fato del popolo dei Kun Anun, una razza di lupi antropomorfi dotati di lunghe corna. Riusciti ad elevarsi al di sopra del proprio primigenio stato bestiale grazie all’evoluzione e alla guida dei loro leader, gli Apex Alpha, i Kun Anun riuscirono a surclassare le altre specie animali con cui condividevano la loro terra, creare una società progredita e prospera e, come ultimo atto, liberarsi dei loro dei, visti come un ostacolo per la loro sete di potenza.
La tracotanza degli Apex Alpha e di tutto il loro popolo, tuttavia, venne meno nel giro di poche generazioni: impigriti e fiacchi a causa della stessa civiltà a cui i loro antenati avevano dato vita, i Kun Anun si trovano ora a dover affrontare una pericolosa ondata di ‘dei’ proveniente dal cielo (probabilmente specie aliene idealizzate come divinità dato il loro aspetto). Una sfida per la quale non sono pronti.
Per salvare loro stessi e il loro mondo da quest’invasione, i Kun Anun sperano in un solo evento: il ritorno degli Alpha.
Sono proprio questi nuovi Alpha i protagonisti e unici personaggi giocanti in Almighty: Kill Your Gods. Loro (quindi nostro) compito sarà migliorare e potenziare noi stessi, restaurare e riportare la nostra civiltà al suo antico splendore e sfidare i ‘divini invasori’, nell’ottica di diventare onnipotenti (per l’appunto, almighty).
Ambienti vasti da esplorare, risorse da raccogliere e tanti avversari da sconfiggere
Anche dal suo solo peso in termini di spazio su disco, di per sé notevole per una produzione indipendente (stiamo parlando di circa 15 gigabyte), si evince quando Almighty: Kill Your Gods sia un prodotto approfondito e curato, non solo nella trama e nella lore (come abbiamo già visto), ma anche nel gameplay, il quale è ricco di azione a trecentosessanta gradi. Stare fermi comporta quasi sicuramente la sconfitta, un po’ come succede in shooter nudi e crudi quali DOOM, dove il rimanere in costante movimento è praticamente obbligatorio.
Almighty: Kill Your Gods è veramente difficile da classificare a livello di genere. L’interfaccia, la prospettiva e i controlli sono quelli di un TPS orientato alla verticalità quale poteva essere lo sfortunato Anthem di BioWare (2019), ma la dettagliata customizzabilità tanto del personaggio quanto dell’equipaggiamento, oltre alla raccolta di risorse e alle aree connesse e condivise in cui si agisce, lasciano pensare agli RPG e ai più recenti Looter-Shooter.
Queste aree connesse e condivise consistono in dodici isole liberamente esplorabili, ciascuna dotata di specifiche risorse naturali, fauna endemica e nemici. La trama del gioco, portata avanti tramite l’accettazione di quest disponibili presso il Muro delle preghiere, ci porterà a visitarle tutte, in quanto è lì che si trovano le risorse necessarie per ricostruire la nostra isola (che sarebbe nient’altro che il nostro quartier generale), sbloccando via via nuovi edifici e nuove difese, i primi utili per migliorare il nostro Alpha dotandolo di nuovi item e nuovi elementi cosmetici, le seconde per proteggere l’isola dai possibili attacchi degli dei/alieni.
Sebbene la nostra isola produca risorse già autonomamente, esistono, come anticipato, risorse endemiche di alcune tra le dodici isole esplorabili, per cui sarà necessario viaggiare fino ad esse onde recuperarle.
Se le risorse prodotte dalla nostra isola vengono immagazzinate automaticamente, quelle raccolte altrove, inclusi i drop dei nemici, vanno estratte. L’estrazione delle risorse costituisce la meccanica più ricca di sfida e allo stesso tempo più frustrante del gioco. Essa viene tramite l’attivazione di speciali portali presenti sulle isole, i quali, alla loro attivazione, verranno sistematicamente attaccati dai nostri nemici. Se la barra di salute del portale si esaurisce, l’estrazione viene annullata, costringendo il giocatore a riavviare il procedimento.
La difficoltà di tale atto aumenta se si sta estraendo qualcosa di vivo (e.g. un cinghiale stordito o un Kun Anun disperso), che il più delle volte finisce vittima collaterale dello scontro per la difesa del portale.
Parlando dei nemici, in Almighty: Kill Your Gods ce ne sono tanti e tutti diversi. Si parte, come da tradizione, dai mob che cadono dopo un paio di colpi, a mostroni mastodontici più comodi da sconfiggere quando in compagnia di altri giocatori, fino ad arrivare agli scontri con gli dei/alieni, i quali sono da affrontare obbligatoriamente in gruppo, pena sconfitta sicura e conseguente drop delle risorse raccolte, difficilmente recuperabile data la permanenza in loco dell’ostico avversario.
Va detto che quanto più a lungo si rimane su una determinata isola ad abbattere nemici, tanto più aumenta la rabbia degli dei, aumentando così il livello di difficoltà con lo spawn di nemici sempre più potenti. Gli dei di livello minore cominciano a palesarsi già al livello quattro di rabbia degli dei, ergo è consigliabile trattenersi poco tempo su ciascuna isola se si è di livello eccessivamente basso.
L’alternanza periodica tra le build durante il combattimento è anch’essa molto importante, tuttavia è estremamente penalizzata dall’assenza di un tasto di scelta rapida volto a favorire un passaggio rapido da una build all’altra. Data la natura online del titolo, l’azione non si ferma né rallenta quando si aprono i menù per cambiare build, ciò significa doversi necessariamente allontanare dal combattimento per evitare di rimanere uccisi.
Estetica ispirata ma tecnica insoddisfacente
Anche dal punto di vista puramente artistico Almighty: Kill Your Gods fa la sua figura. Le isole presentano edifici dall’estetica che ricorda quella delle più importanti culture dell’asia orientale e meridionale immersi in ambienti selvaggi, che servono a rimarcare l’intrinseca natura animalesca dei Kun Anun e dei loro Alpha.
La colonna sonora è probabilmente una delle meglio curate tra quelle dell’attuale panorama indie: momenti metal sapientemente mischiati con sonorità orientali sui quali spiccano l’erhu cinese e il tambura indiano che ben si accordano tanto con la frenesia dei combattimenti quanto con la placidità dei paesaggi.
L’unico personaggio del gioco dotato di una voce, l’antenato Dormarth, nostra principale guida nel gioco, è nel complesso ben scritto e ben doppiato, sorreggendo egregiamente l’intero carico recitativo di Almighty: Kill Your Gods.
A non reggere bene il titolo sono le purtroppo numerose lacune tecniche. L’assenza di crash e bug è sopperita in negativo da un problema che è ormai un classico del mondo videoludico in generale: all’aumentare dell’affollamento di nemici corrisponde un inesorabile calo di framerate, che impedisce al giocatore di godersi per bene l’azione proposta dal titolo. Non mancano alcuni input lag, sebbene non troppo frequenti, ed effetti sonori fuori tempo rispetto a quanto avviene in-game.
Noi e i Kun Anun
Un vero peccato che un titolo come Almighty: Kill Your Gods, che potrebbe costruirsi attorno un’affiatata e numerosa community, sia afflitto da tutte queste carenze a livello tecnico. Stiamo parlando, come già anticipato a più riprese, di un titolo profondo e degno di attenzioni che se raffinato a dovere potrebbe davvero diventare il piccolo grande capolavoro che merita di essere.
Al di là di tutti i pregi di cui abbiamo già parlato, ad elevare ancora di più Almighty: Kill Your Gods da altri titoli è il fatto che sembra essere animato da una riflessione filosofica sullo stato attuale del genere umano della nostra epoca, infiacchito dalle comodità della società dei consumi e solo apparentemente liberatosi dalle tanto discusse catene della religione per divenire nient’altro che schiavo di sé stesso e del suo smisurato ego, mentre distrugge il mondo che lo ospita e spadroneggia sulle specie animali di cui una volta era pari. La decadenza dei Kun Anun non sarebbe altro che la parodia di un altro declino: il nostro.