Hellbreachers è la seconda fatica di OMEGACORE dopo Ace of Space. Entrambi i titoli sono usciti a distanza di quindici giorni l’uno dall’altro nel luglio 2020. Ora, a distanza di circa sette mesi, questo platform indie dalla grafica retrò è arrivato sulle maggiori console sia old-gen che next-gen grazie al lavoro di porting di Ratalaika Games, mentre il publisher di tutte le versioni dell’opera è eastasiasoft, la quale ha all’attivo circa quaranta titoli, buona parte dei quali circoscritti al mercato asiatico.
Finite le generalità di questo intricato sviluppo, andiamo ad esaminare più nel dettaglio questo action RPG platform (se di action RPG si tratta).
Semplice, troppo semplice
L’azione si svolge interamente sull’isola di Gran Paraiso alla fine del XVI secolo. Questo Eden ricco di risorse minerarie è amministrato da Lord Alastair Lancaster, un valente guerriero che grazie ai servigi resi alla non meglio specificata madrepatria ha potuto permettersene l’acquisto.
Mentre questo gran cavaliere e i suoi si profondono nel deturpare le bellezze naturali dell’isola onde riempirsi le tasche con l’oro e le gemme presenti nelle sue viscere, accade quello che qualunque feudatario latifondista non si augurerebbe mai: un’invasione. Ma non un’invasione di un qualche altro spregiudicato individuo goloso di pecunia, bensì di un’orda di mostri emersa direttamente dalle fiamme dell’Inferno.
Avendo verosimilmente scialacquato tutto il patrimonio accumulato nella costruzione del suo castello, Lord Lancaster non può permettersi di assoldare un esercito mercenario perché respinga gli sgraditi ospiti. Così decide di prendere in mano personalmente, affrontando in campo aperto i nuovi arrivati con l’aiuto di Gabriella Lavedan, una maga dai grandi (anzi grandissimi, come vedremo tra poco) poteri, e Marius Gelder, un micidiale assassino.
Quando i labirinti non bastano
Possiamo vivere l’avventura proposta da Hellbreachers nei panni di ciascuno dei tre personaggi sopracitati (qualunque sia la scelta non altererà in alcun modo il prosieguo della run). Ciascuno di essi possiede tre specializzazioni diverse di cui una da sbloccare dopo un certo numero di livelli. Le due specializzazioni subito disponibili sono rispettivamente corpo a corpo e distanza, diversamente declinate a seconda del personaggio scelto. Sulla carta sembrerebbero ognuna unica e speciale ma in realtà, andando a provare tutti e tre gli eroi uno dopo l’altro, emerge che si tratta essenzialmente delle stesse mosse reskinate (eccezion fatta per l’attacco pesante).
I livelli di gioco sono in totale cinquanta divisi in dieci distretti, ciascuno con un bioma diverso. I level design è degno del genere: labirintico e per certi versi punitivo (morendo anche solo una volta si torna ad inizio livello con ogni progresso perduto).
La varietà, tanto dei mob quanto dei boss, risulta nel complesso abbastanza ricca: sembra esserci stato un certo impegno nell’orchestrare le boss fight.
Una fiera di movimenti legnosi e di pattern ripetitivi
Una sola parola può definire l’aspetto tecnico di Hellbreachers: datato.
Le movenze dei personaggi sono estremamente legnose. Non si può fare un salto o un attaccare senza dover spammare il relativo tasto, rischiando di rompere il proprio pad (come se non fosse già rotto per definizione).
Il controller “rischi” di romperlo, mentre Hellbreachers è rotto per definizione. Come se non fosse già abbastanza facile da platinare (vedi la sezione della recensione relativa ai Trofei), la maga Gabriella con specializzazione a distanza è nettamente OP: spicca salti innaturalmente alti e il suo attacco pesante ha un portata e un danno tanto da poter addirittura shottare un boss una volta appresi i pattern di movimento di quest’ultimo. Proprio i pattern facilmente prevedibili abbassano ulteriormente il livello di sfida del gioco (che, per inciso, ha due livelli di difficoltà, o almeno sostiene di averli).
Al di là del guadagnare i relativi trofei, esplorare a fondo i livelli per farmare oro, gemme e chiavi dei forzieri risulta completamente privo di senso: non c’è assolutamente nulla da sbloccare in-game utilizzando questi come valuta.
Aggiungiamo a tutto questo una profondità narrativa approssimativa, una caratterizzazione e customizzazione dei personaggi inesistente e una colonna sonora scialba e otteniamo un non-action RPG (ecco spiegato il dubbio alla fine del primo paragrafo).
Bocciatura sonora e meritata
Hellbreachers è un esempio di grande volontà di auto-affermazione ma di scarso impegno e scarsa ispirazione da parte di OMEGACORE. Il fatto che un gioco abbia una grafica retrò o sia comunque realizzato in maniera tale da non dover essere giocato una RTX su PC non significa minimamente che non possa (e/o non debba) essere divertente o (in questo caso) addirittura giocabile: esistono tantissimi giochi nati nel 2021 sia retrò che divertenti (vedi Antonball Deluxe, che è riuscito ad aggiudicarsi un bel 7,5 come voto finale qui su iCrewPlay).
Se i ragazzi e le ragazze di OMEGACORE dovessero mai leggere questa recensione ed essere in qualche modo toccati da essa, l’augurio che possiamo e dobbiamo farci è che decidano di mettere più ispirazione e tecnica nei loro futuri lavori.