L’arte videoludica, al giorno d’oggi, non si può certo dire sia appannaggio di pochi, tanto è vero che anche gli stessi appassionati spesso si danno allo sviluppo di software del genere, dalle mod per videogiochi già esistenti fino alla creazione di veri e propri titoli completi, che da un po’ di tempo a questa parte ci siamo abituati a designare con il termine-ombrello indie. Nel largo panorama in cui si annoverano questi giochi, e nell’ampio spettro di generi da essi affrontati, può capitare di imbattersi in titoli malriusciti così come si può trovare qualcosa che pur essendo molto semplice, riesce comunque a soddisfare chi ne fruisce. Come esempi abbiamo Antonball Deluxe e Darkanoid.
Tra questi titoli indie efficaci si colloca anche Hoplegs, platform che segna la seconda opera (dopo il puzzle game TaniNani del 2020) dello studio svedese WhyKev, fondato e tutt’ora composto da una sola persona, Kevin Andersson, il quale originariamente era attivo come streamer videoludico. Questi, con l’aiuto di dei collaboratori esterni Nathan Ross e Conny Nordlund, i quali si sono occupati rispettivamente di sonoro e arte, è riuscito a dare vita a Hoplegs, che andiamo ora ad investigare più da vicino.
Un regno da salvare di corsa, se Hoppus potesse correre
Hoppus Legintfrid è l’apprendista di un potente mago, il quale è depositario di enormi conoscenze profetiche. Proprio una delle predizioni note al fattucchiere, nota con il nome non troppo originale di ‘Profezia medievale‘, sta per avverarsi, ed è compito di Hoppus raggiungere la capitale del regno di re Dartù del pericolo incombente.
Il mago non fa in tempo a terminare il suo discorso che perde conoscenza. Così Hoppus decide di partire optando per la via più breve: il teletrasporto (beh, stiamo parlando di un giovane mago, no?) Mentre lancia l’incantesimo, tuttavia, un pensiero gli balena per la mente: ha impacchettato per bene tutto prima della partenza?
Tanto basta per mandare in confusione l’incantesimo, che non sortisce l’effetto desiderato causando un grosso guaio: Hoppus ha trasformato sé stesso in una scatola dotata di quattro gambe retrattili. Nonostante il suo attuale stato, che non gli permette né di correre né di almeno poter rotolare fino a corte, il giovane mago non si dà comunque per vinto e decide di raggiungere re Dartù nell’unica maniera possibile: saltellando.
Salta di qua, salta di là
Il protagonista di ogni platform, nel corso delle sue avventure, ha sempre un acerrimo nemico da affrontare, ovvero quello più ovvio e perciò più sottovalutato: la forza di gravità. Hoplegs fa di questo pericoloso avversario l’unico da affrontare nel gioco. La sfida è resa ancora più complessa dalla forma cubica di Hoppus, che non gli permette di incedere rotolando ma solo sospingendosi con le quattro gambe di cui è fornito.
Il level design dei ventisette livelli di cui si compone la modalità storia è orchestrato proprio in modo da rendere l’avanzare del protagonista ulteriormente difficoltoso, spingendo il giocatore ad usare tanto il cervello quanto i riflessi. La domanda che bisogna farsi costantemente giocando a Hoplegs, nella maggior parte dei casi, è la seguente: ‘come ci arrivo lì?‘ Domanda che diviene fondamentale in quanto il gameplay si fa sempre più punitivo man mano che si va avanti nel gioco, arrivando a momenti che definire rocamboleschi è dire poco e che costituiscono insieme croce e delizia del giocatore in cerca di sfida.
A complicare ulteriormente le cose ci sono le zone antigravità, riconoscibili in quanto marcate da una nebbia scura che permette a Hoppus di librarsi nell’aria, sfruttando ancora una volta le gambe come unico motore. Paradossalmente, si può dire che sia molto più difficile muoversi attraverso queste zone che normalmente. Questo perché bisogna calcolare precisamente ogni spinta data con le gambe sia in termini di direzione che di intensità. Un solo movimento troppo brusco o troppo lento e si precipita nel vuoto, tornando all’ultimo dei checkpoint (i quali sono pochi e lontani tra loro).
Lo sviluppatore è stato ben consapevole della complessità del controllo sui movimenti, tanto è vero che ha deciso di complicarla ulteriormente per i trophy hunter. Un’achievement del gioco, infatti, prevede il completamento di tutti i livelli senza l’utilizzo del pad, il quale, come al solito per quanto riguarda i platform, si rende necessario per un migliore controllo dei movimenti, i quali per altro sono essenzialmente due: le spinte con le gambe (realizzabile con WASD su tastiera e XYAB su controller Xbox) e la rotazione (tasti freccia su tastiera e levetta analogica sinistra su controller Xbox).
Accanto alla modalità storia è presente il livello simil-arcade ‘La Cima’, il quale è potenzialmente infinito ed estremamente ostico anche nelle battute iniziali.
Non manca un ormai classico editor di livelli, grazie al quale si possono creare e condividere le proprie sfide personalizzate, e i mai troppo disdegnati collezionabili, consistenti in elementi di personalizzazione per Hoppus, nello specifico skin per gambe, tratti del volto, colore ed accessori cosmetici.
Fisica impeccabile ma estetica un po’ troppo grezza
Avendo Hoppus la forza di gravità come principale ‘antagonista’, era chiaro che la fisica di Hoplegs dovesse essere perfetta a livello tecnico, è così in effetti è: ad azione in-game corrisponde reazione uguale e contraria, senza la minima sbavatura. Tale minuziosità si ravvisa anche a livello sonoro, con ogni rumore perfettamente coordinato con quanto succede in-game.
È presente un minimo di doppiaggio, costituito dalla sola voce narrante e nel complesso ben orchestrato sia per quanto riguarda scrittura e vocalità, ma purtroppo sostenuto da una colonna sonora che pur essendo caratteristica (sono presenti i sempre più abbandonati leitmotiv) non colpisce. È presente una localizzazione italiana che, sebbene sia soddisfacente, è stata praticamente lasciata a metà (alcune sezioni dei menù compaiono in lingua originale), eventualità che non dovrebbe assolutamente mai verificarsi.
Sul versante estetico, perdonabile data l’atmosfera ‘cartoonesca’ del titolo, bisogna sottolineare gli eccessivi semplicismi del tratto, che risulta poco ispirato, quasi grezzo. Unico a salvarsi è proprio lo stesso Hoppus nella sua versione scatola. Anche le interfacce risultano, a colpo d’occhio, piuttosto datate e disadorne.
Per fortuna si tratta solo di finezze artistiche che non compromettono in alcun modo l’esperienza di gioco, lasciando a Hoplegs il suo ben meritato status di buon platform.