Se ci leggi già da un po’ sai che noi di iCrewPlay siamo buongustai per quanto riguarda l’arte videoludica: trattiamo e recensiamo praticamente ogni titolo con cui entriamo in contatto, senza temere di trovarci davanti opere scandenti. Un evento del genere può capitare trattando tanto indie quanto tripla A ed è un rischio che, facendo questo lavoro, si è tenuti a correre.
Oggi è arrivato il momento di parlare un po’ di Mad Rat Dead, un’opera che, pur trasmettendo l’idea di indie, non lo è assolutamente. È infatti stata sviluppata da Nippon Ichi Software, software house giapponese attiva dal lontano 1991 che vanta un portfolio di oltre cinquanta titoli non sempre riusciti a sconfinare al di fuori del mercato del Sol Levante, oltre ad occuparsi della localizzazione per quest’ultimo di opere estere.
Il titolo, disponibile in realtà già da quasi otto mesi su PlayStation 4 e Nintendo Switch (ne abbiamo parlato per la prima volta qui), è un rhythm platform 2D a scorrimento laterale che colpisce non tanto per qualcosa come il gameplay, l’estetica o il livello tecnico, quanto per la profondità delle riflessioni che propone, pur trattandosi di un titolo dal tono piuttosto goliardico e a tratti demenziale. Per comprendere meglio, andiamo ad analizzare quest’opera videoludica!
Mad Rat Dead, l’opera esistenzialista che non ti aspetti
L’inizio del gioco lascia piuttosto spiazzati e al contempo abbastanza sicuri di trovarsi davanti ad una scena da black humour: un topo, che altri non è che il nostro protagonista, sta per essere vivisezionato mentre sullo schermo scorrono dilemmi di tipo esistenzialistico ed etico a cui dovremo rispondere parlando di noi stessi. A questa sorta di terzo grado morale fa da sfondo la lenta agonia del povero roditore, per il quale, tuttavia, non è ancora finita.
Il piccoletto si risveglia in una sorta di limbo dove gli si palesa un suo simile dall’abbigliamento molto chic. Questi si presenta semplicemente come il Dio dei topi e, dispiaciuto per la sorte del suo protetto, gli fa una generosa proposta: fargli rivivere il suo ultimo giorno di vita in modo da permettergli di liberarsi dai propri rimpianti. Il topo accetta e, quando il suo divino interlocutore gli chiede come impiegherà quest’ultimo suo giorno, gli risponde che vuole sfruttarlo per vendicarsi dell’umano che lo ha vivisezionato, uccidendolo. Allibito da questo macabro proposito, il Dio dei topi non può far altro che assecondarlo, ricordandogli tuttavia che ha comunque le ore contate.
Comincia così per il topo pazzo di rancore un viaggio verso la propria vendetta. A fargli compagnia ci sarà (letteralmente) solo il suo cuore, che lo porrà davanti a tutta una serie di interrogativi rispetto all’uso corretto che sta facendo del tempo rimastogli.
Per vincere una corsa contro il tempo bisogna… beh… avanzare ‘a tempo’
Come anticipato, Mad Rat Dead è un rhythm platform, vale a dire un platform arricchito dall’obbligo, onde trionfare, di premere i vari comandi a tempo di musica (in questo caso dei piacevoli motivi electro swing strumentali). I controlli sono in realtà piuttosto basilari (scatto, salto e schiacciata), tuttavia abbiamo il level design, alternatamente vertiginoso e claustrofobico, che accresce il livello di sfida unitamente alla natura anch’essa ‘a tempo‘ dei livelli. Ciascuno di essi va infatti completato entro un tempo specifico, pena la perdita dei propri progressi in quello specifico livello.
Non manca la presenza di vari mob, di cui si registra una discreta varietà, i quali vengono chiamati ‘incubi‘ e ai quali basta un solo tocco per uccidere il ratto pazzo. Tuttavia, l’essere uccisi dagli incubi non comporta il Game Over: si può infatti riportare indietro il tempo di pochi secondi onde scegliere meglio le proprie mosse.
Questo pseudo-combat system risulta nel complesso essere uno degli elementi meno convincenti del titolo. Gli incubi (non tutti) possono anche essi essere uccisi con un solo colpo, consistente in una schiacciata o in un doppio salto (chiaramente da effettuare a tempo). Deboli sono anche le boss-fight, che finiscono per essere null’altro che fughe dal nemico, senza possibilità di contrattaccare tranne in casi sporadici.
Tanto humour e tanta musica, ma senza voce…
Già dalle primissime battute del gioco e nel prosieguo dei livelli si capisce l’intento umoristico dietro Mad Rat Dead, il quale riesce in modo calviniano a proporre con leggerezza delle riflessioni serie sul modo giusto di passare i propri ultimi momenti di vita. Tali considerazioni risultano essere uno dei punti di forza del titolo, che finisce per risultare inaspettatamente profondo a livello psicologico.
A contribuire alla narrazione ‘leggera ma non troppo’ c’è il versante estetico del titolo: puro cartoon americano con qualche occhione alla Tezuka Osamu qua e là (non dimentichiamo che si tratta di un titolo proveniente dal Giappone), condito con la truculenza di cui ogni opera black humour necessita.
Per quanto riguarda il livello tecnico del titolo, tutto scorre agevolmente senza traccia di bug di sorta o cali di framerate. Un altro punto a favore di Mad Rat Dead è l’assenza di input lag, i quali avrebbero senza dubbio compromesso l’esperienza, trattandosi di un gioco dove praticamente il tempismo è tutto.
Arriviamo ora ad un altro aspetto del titolo trattato, come d’uopo dato il genere, in maniera egregia: il sonoro. La scelta dell’electro swing come stile preminente per la colonna sonora risulta oltremodo efficace grazie alla sua natura cadenzata e alle sue sonorità che lo rendono adatto a fare da sfondo alle scene rocambolesche che popolano il gioco. L’effettistica è anch’essa ben curata e a tempo con quanto avviene in game.
I motivi dietro l’assenza del doppiaggio (i dialoghi avvengono in forma di balloon fumettistici) sono lasciati alla libera interpretazione del giocatore. Un vero peccato se si pensa all’ottima scrittura dei colloqui tra il nostro pazzo protagonista e i suoi comprimari, i quali si sarebbero di certo prestati al sostegno di voci umane.