Little Red Dog Games, dopo sei anni di attività e tre release alle spalle, è giunta alla maturità artistica con Rogue State Revolution, versione rinnovata e senza dubbio migliorata del suo titolo d’esordio Rogue State, arrivato su Steam il 16 ottobre 2015.
Rogue State Revolution, che condivide con il predecessore ambientazione e meccaniche, oltre ad esserne il seguito spirituale, sarà disponibile sulla medesima piattaforma a partire dal 18 marzo 2021.
“Dateci il re! Dateci la corda! Leghiamogli mani e piedi! Gettiamolo in mare, così il nostro popolo sarà libero!”
Queste parole, molto pacifistiche e per nulla truculente, sono i primi versi dell’inno nazionale del piccolo Paese mediorientale di Basenji. Questa terra, desertica ma ricca di risorse minerarie e di assolate spiagge, ha alle spalle un lungo periodo di guerra civile conclusosi con la deposizione ed esecuzione del sovrano che la governava, al quale ha fatto seguito un governo di transizione con a capo il leader dei rivoluzionari (che sarebbe il giocatore). Le vicende legate a questa parentesi sono narrate nel Rogue State del 2015, poc’anzi citato.
Ora che il governo di transizione si è concluso e siamo stati posti regolarmente alla guida della neonata Gloriosa Repubblica Popolare di Basenji, ci tocca governarla ed essere degni dell’appellativo di Glorioso Leader (no, non siamo Sacha Baron Cohen ne Il dittatore). Ad assisterci nell’arduo compito avremo i consiglieri Sabriyah Altaf, esperta di politica ed economia, e Yusef Kouri, capo dell’esercito di Basenji.
Più il paese è piccolo, più le grane sono gigantesche
Il gameplay di Rogue State Revolution rimane quello di un qualunque strategico a turni con alcuni elementi più comuni negli rts quali ad esempio la gestione dello spazio, importantissima per l’ottenimento delle risorse naturali e per l’efficacia delle infrastrutture, di solito automatizzata in altri titoli del genere (vedasi i vari Total War).
Il nostro primissimo compito, ancora prima di cominciare la gestione vera e propria di Basenji, sarà quella di formare il governo tramite il reclutamento dei vari ministri, inizialmente quattro per poi salire a sette. Ognuno di questi spietati politicanti avrà pregi e difetti che influiranno sugli eventi e sulle politiche da adottare, le quali cambieranno a seconda delle esigenze sia del popolo che dei ministri stessi.
Sul versante economico, dovremo sfruttare al massimo le risorse offerte dalle cinque provincie di Basenji: Banifa, Rumai, Saba, Kharyk e Qarif. Ognuna di queste province è dominata da una tribù diversa, ciascuna con prerogative eterogenee difficilmente in armonia l’una con l’altra.
Un altro elemento a cui sarà necessario prestare attenzione sarà la diplomazia: Basenji è circondato da tre nazioni più o meno nelle sue stesse condizioni. Al di là di questi vicini, con i quali dovremo commerciare e che dovremo tenere d’occhio tramite spionaggio e controspionaggio, sarà necessario metterci in mostra con le tre superpotenze mondiali: Stati Uniti d’America, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese, che potranno rappresentare tanto degli alleati quanto dei pericoli.
Non mancheranno le ribellioni da stroncare: il nostro primo avversario sarà proprio il Basenji Liberation Front, un’organizzazione di ribelli che dovremo periodicamente stanare con le nostre truppe, le quali potranno muoversi liberamente sulla mappa (unica sia per la gestione che per i combattimenti).
Realistico e giocabile: una rara accoppiata
In Rogue State Revolution la gestione politica ed economica è estremamente realista. Ogni game si configura come una colossale ed intricata partita a scacchi tanto lunga quanto imprevedibile. I dati da studiare e da tenere alla mano per risolvere le situazioni in maniera ottimale sono numerosi e complessi. Nonostante ciò, Little Red Dog Games è riuscita a non sacrificare la giocabilità del titolo in favore di questo puntiglioso realismo. Proprio questo rende Rogue State Revolution un gioco che riesce dove molti altri titoli, anche di genere diverso, hanno fallito (un esempio è l’infelice parabola di Kingdom Come: Deliverance, che ha fatto discutere anche per altri motivi).
La giocabilità del titolo è favorita anche dall’intelligente vena umoristica: capitano spesso momenti esilaranti degni della migliore satira politica. Un buon esempio è la presenza, tra i vicini di Basenji, di uno Stato chiamato Chickenistan, il quale, come dice il nome, è abitato e governato da polli.
Anche a livello di lore Rogue State Revolution risulta piacevolmente ispirato: ogni tribù, ogni nazione confinante, ogni ministro ha la sua storia ben congegnata ed approfondita. Notevole anche il lavoro degli unici due interpreti presenti nel gioco, Sam Smilovic e Karim Bayoumi, che compaiono anche nelle cutscene, rigorosamente live action, nel ruolo rispettivamente dei sopracitati Sabriyah e Yusef, veri e propri co-protagonisti delle nostre vicende, dando prova di grandi doti attoriali. L’atmosfera è completata da una gradevole colonna sonora orientaleggiante la cui punta di diamante è proprio l’inno nazionale di Basenji: un capolavoro di poetica.
Una nota negativa del gioco è costituita da alcuni elementi del versante tecnico. Al di là della grafica, nel suo complesso non spiacevole ma neanche eccellente, c’è il problema dell’imprecisione nel controllo dei movimenti dei personaggi sulla mappa, che può diventare uno scoglio molto grande nel momento in cui sia necessario condurre grosse manovre militari (e in Rogue State Revolution capita spesso). Un’altra problematica è costituita dalla dispersività dell’interfaccia, nella quale risulta difficile navigare agevolmente, rischiando di perdersi nella miriade di microscopiche opzioni (“microscopiche” in senso letterale: i caratteri sono veramente troppo piccoli).
Vuoi imparare come si governa un Paese? Rogue State Revolution è ciò che fa per te!
Il perfetto bilanciamento tra giocabilità e realismo rende Rogue State Revolution non solo un ottimo ibrido tra tbs e simulatore di politica, ma anche un egregio strumento didattico per quanti si chiedano “come si fa politica“, illuminando su dinamiche sociali che coinvolgono anche noi come cittadini sebbene calate in un contesto diverso quale potrebbe essere, in questo caso, quello mediorientale. Le problematiche riscontrate, per quanto gravi trattandosi di uno strategico a turni, sono comunque risolvibili tramite semplici aggiornamenti che potrebbero arrivare prima di quanto immaginiamo.
La scommessa che Little Red Dog Games ha fatto su questo titolo può dirsi indubbiamente vinta, anche grazie alla collaborazione, per la prima volta, di un publisher di tutto rispetto quale Modern Wolf, dotata di un bel pieno di feedback positivi.