I videogiochi giochi possono suscitare tante emozioni diverse: gioia, rabbia, paura, divertimento, tensione… a volte però capita di ritrovarsi davanti a titoli che causano perplessità. Ci sono diversi tipi di perplessità, soprattutto in campo videoludico. Basti pensare alla campagna pubblicitaria di Death Stranding e al suo gameplay, a oltre un anno di distanza e a pochi giorni dalla release della sua versione Director’s Cut, l’ultima opera partorita dal genio di Hideo Kojima continua a generare perplessità, dividendo in maniera netta chi l’ha giocato tra chi lo ama e chi lo odia e lasciando spesato chi non l’ha ancora giocato.
Questa potrebbe essere definita una perplessità positiva, che può generare curiosità e farne parlare, c’è invece un sentimento sconfortante che si può provare pad alla mano ed è ciò che mi è capitato di pensare quando ho avviato Heart Chain Kitty, l’oggetto di questa (sofferta) recensione, e mi sono subito ritrovato, con molta perplessità, a pensare: perché? Perché lo hanno sviluppato e a chi e sembrata una buona idea pubblicare il titolo in queste condizioni?
È difficile parlare di Heart Chain Kitty e rimanere professionale allo stesso tempo, ma tentiamo di analizzare in maniera seria e il più lucida possibile questo sfacelo videoludico, che non riesce a risultare appagante sotto praticamente nessun punto di vista.
Esploriamo un sogno, o meglio, un incubo…
Heart Chain Kitty si apre col nonno del nostro protagonista, un gatto blu antropomorfo, che fantasiosamente si chiama Kittey, in cerca di aiuto poiché uno strano essere simile a una piovra sta attaccando il suo villaggio. Kittey però non risponde alla richiesta d’aiuto e la cinematica lo mostra intento a schiacciare un pisolino. Veniamo quindi subito catapultati nel mondo dei sogni, all’interno del quale sembra essere a proprio agio e potersi muovere liberamente.
All’interno di questo mondo onirico facciamo subito la conoscenza di Dewsey, una strana (o meglio, inquietante, come ogni personaggio del gioco d’altronde) fatina che avrà il compito di guidarci nel mondo dei sogni. Dopo una prima fase che farà da tutorial, ci ritroveremo al cospetto della Catena dei Sogni che dà il titolo al gioco che però si spezzerà accidentalmente mettendo così a repentaglio la stessa esistenza e stabilità di questo mondo.
Ritrovandosi catapultato fuori dal mondo dei sogni, Kittey si precipita in aiuto di suo nonno e apprende che i suoi genitori sono scomparsi proprio nel mondo dei sogni! Inizierà così una confusionaria ricerca dei due che porterà Kittey sia a esplorare diverse aree del mondo onirico che l’isola che, nella realtà, costituisce il mondo di gioco. Il problema della trama di Heart Chain Kitty però sta nella confusione della narrazione, nel suo essere piatta e con personaggi buttati lì letteralmente a caso, con dialoghi insensati e senza alcuna caratterizzazione.
Nulla riesce a funzionare a dovere nel gioco, gli eventi sono incomprensibili, il senso di minaccia praticamente assente e le relazioni coi vari NPC del tutto illogiche. Per un titolo che sembra essere orientato verso un pubblico infantile non è certamente un buon biglietto da visita, dal momento che anch’io mi sono trovato spaesato non riesco proprio a immaginare questo titolo in mano a un bambino o semplicemente a un giocatore meno navigato.
Gameplay? Quale gameplay?
Per stessa ammissione degli sviluppatori, Heart Chain Kitty vorrebbe essere un omaggio ai classici platform 3D, soprattutto i primi titoli dedicati a Mario sviluppati in tre dimensioni. Dopo aver provato il gioco però certe dichiarazioni fanno rabbrividire, letteralmente; effettivamente il titolo ha un’impostante che ricalca pedissequamente i platform 3D vecchia scuola, ma ancora una volta ciò in cui il gioco fallisce è la realizzazione.
Kittey non potrà far altro che saltare, per fare letteralmente qualsiasi cosa, dal superare gli ostacoli del mondo di gioco all’eliminare gli avversari. La situazione varierà soltanto in alcuni livelli in cui il protagonista potrà reperire (in stile Super Mario Sunshine) degli oggetti che gli doneranno capacità uniche e gli permetteranno di affrontare gli enigmi ambientali in maniera diversa. Purtroppo però questi scampoli di varietà non riusciranno a salvare una situazione monotona e sempre uguale a sé stessa.
Come se non bastasse, i controlli inoltre non sono (almeno per quanto riguarda la versione per Nintendo Switch) particolarmente responsivi e oltre a una marcata sensazione di input lag, ogni interazione e movimento darà la sensazione che il protagonista stia costantemente scivolando e non ne abbiamo il pieno controllo. Per un titolo nel quale la quasi totalità delle azioni richiede una certa precisione, questi dettagli possono facilmente rendere il tutto a dir poco frustante.
Comparto tecnico da dimenticare, e alla svelta…
Voglio ribadire che il titolo sembra particolarmente orientato verso un pubblico molto giovane, particolare che rende letteralmente inquietante l’aspetto grafico e la direzione artistica di Heart Chain Kitty. I personaggi hanno dei modelli poco rifiniti e con colori disturbanti, soprattutto nei volti, vacui e inespressivi, inoltre, il mondo di gioco presenta colori davvero fastidiosi alla vista, con tonalità lisergiche e acide. Per quanto si tratti di una produzione a basso budget, non possiamo parlare di ristrettezze o scelte artistiche, se il gioco che sto guardando mi risulta letteralmente fastidioso per gli occhi, è realizzato male, non c’è altra spiegazione.
Non c’è scusante che regga nemmeno per quanto riguarda la colonna sonora: assente in alcuni momenti (il che è una fortuna) e composta da nenie fastidiose e monotone quando presente, insomma, nemmeno le orecchie dei poveri giocatori avranno pace.
In definitiva, Heart Chain Kitty è un titolo mal realizzato sotto qualunque punto di vista, e anzi a tratti inquietante e disturbante, ma per i motivi sbagliati e sicuramente non intenzionali; assolutamente da evitare.