Chiudi gli occhi per un attimo, li riapri, non riesci a vedere molto bene cosa sta succedendo, hai qualcosa che ti offusca la vista. Sei prigioniero e ti trovi a bordo di un kayak, uno dei tuoi due carcerieri ti sfila un sacco dalla testa e davanti a te la meraviglia: cascate limpide, natura rigogliosa e incontaminata che cresce a ogni dove e poi una coppia di Avistempesta sorvola il kayak, tutto attorno a te vibra leggermente sospinto dagli spostamenti d’aria delle due macchine: Horizon Call of the Mountain ha uno degli incipit più suggestivi della storia del gaming.
Non inventa niente, sia chiaro, e anzi è palese come gli sviluppatori di Guerrilla Games e di Firesprite abbiano voluto strizzare l’occhio a una pietra miliare come Skyrim, ma vivere un prologo del genere ed essere accompagnati in un nuovo mondo in cui saremo immersi in prima persona grazie alla realtà virtuale ha un altro sapore, unico, sorprendente e che sarà difficile da dimenticare per davvero molto tempo. Questo nuovo capitolo (più una side story che uno spin-off) della saga di Horizon è la punta di diamante della nutrita line up di lancio di PlayStation VR 2, e il perché è presto detto.
Abbiamo analizzato qui in dettaglio il nuovo visore di casa Sony e Horizon Call of the Mountain è un titolo in perfetta simbiosi con questo nuovo e sbalorditivo hardware: si adegua alle caratteristiche di questa nuova filosofia di realtà virtuale, e allo stesso tempo si ha l’impressione che spinga il visore a dare il massimo (sebbene, a onor del vero, non ci siano ancora metri di paragone all’altezza), analizziamo in dettaglio quella che, probabilmente per un bel po’, sarà la migliore esperienza in realtà virtuale su console!
Aloy non c’è, è andata via…
Quando Guerrilla Games ha diffuso le prime informazioni relative alla trama del gioco, molti fan della serie sono rimasti perplessi: i due capitoli principali della serie avevano come protagonista Aloy, l’eroina di questo nuovo mondo destinata a scoprire verità inaspettate su sé stessa, sulla civiltà che ha preceduto la sua e sulle Macchine; dopo decine di ore passate nel mondo di Horizon ci si è affezionati a questa coraggiosa guerriera Nora… che però non è la protagonista di Call of the Mountain!
Vestiremo infatti i panni di Ryas, un detenuto che è stato ingiustamente accusato di aver preso parte alla cospirazione che ha portato alla morte del Re Folle del Sole e a un vuoto di poteri che ha portato a disordini e rivolte tra le tribù. Il fatto che dovremo impersonare un personaggio anonimo e del tutto sconosciuto nella mitologia di Horizon può sicuramente aver destato molte perplessità, ma in realtà è stata la scelta migliore e il perché è presto detto.
Nel corso di Zero Dawn e Forbidden West la psicologia e la caratterizzazione di Aloy l’hanno delineata in maniera netta, e farla impersonare ai giocatori in un’avventura in prima persona avrebbe potuto straniarli, da sempre i titoli che vogliono far immergere emotivamente e non solo il giocatore nelle proprie trame e meccaniche tendono a fornire protagonisti anonimi e indefiniti, così da favorire l’immedesimazione del giocatore; questa scelta in un titolo pensato esclusivamente per la realtà virtuale assume un significato tutto nuovo e decisamente più profondo.
Le vicende che coinvolgeranno Ryas non saranno certamente le più originali di sempre, ma c’è da dire che, superata una prima parte leggermente farraginosa nel quale si punta sugli aspetti più politici che regolano la convivenza tra tribù, si parte con una narrazione ritmata e ben calibrata. Le premesse sono molto semplici: Ryas in quanto un prigioniero politico è una pedina in un gioco più grande di lui, e al contempo è un elemento sacrificabile senza remore.
Ciò che decreta la salvezza del personaggio però è la sua indiscussa abilità da scalatore e arciere, che lo rendono anche un soggetto perfetto per una missione davvero pericolosa. Lascio scoprire a te in che vicende si ritroverà coinvolto Ryas, ma sappi che ho particolarmente apprezzato le ragioni che lo porteranno ad accettare questo incarico: la grazia in cambio di un’indagine. Le motivazioni del nostro protagonista inoltre non saranno del tutto egoistiche, in quanto vorrà anche fare luce sulla scomparsa di suo fratello ed eventualmente ritrovarlo. Insomma, una trama che, nonostante i cliché, mi ha intrattenuto abbastanza nelle 7/8 ore necessarie al completamento della campagna, ma la produzione non punta sicuramente a una narrazione originale, quanto a un gameplay unico!
Mira, trattieni il respiro, scaglia la tua freccia!
Come anticipato, il nostro Ryas è noto per la sua abilità come scalatore e arciere, e vestendone i panni saremo chiamati proprio ad avventurarci nel mondo selvaggio di Horizon facendo proprio ciò che caratterizza il personaggio! A livello di gameplay il titolo mette in mostra fin da subito le potenzialità di PlayStation VR 2 e in particolare dei Sense Controller.
Appena avremo preso il controllo di Ryas infatti saremo chiamati ad affrontare una breve sezione a nuoto nel quale dovremo farci largo tra le acque infestate da Celermorsi simulando il movimento dello stile a rana, un piccolo antipasto di quanto il movimento delle braccia sarà fondamentale per il gioco. Spesso e volentieri infatti ci ritroveremo ad arrampicarci su pareti di roccia, scale e corde verticali, per farlo dovremo protendere le braccia verso l’alto e afferrare sporgenze e pioli grazie ai trigger dei controller, simulando nel più realistico dei modi una vera scalata.
Sempre a proposito di usare le braccia, anche il sistema di movimento sarà delegato a queste ultime, non potendo ovviamente utilizzare le gambe. Ci sposteremo in maniera molto fluida utilizzando i tasti X e Quadrato dei controller e muovendo gli avambracci come se stessimo correndo; questa non è stata solo una scelta “stilistica” da parte degli sviluppatori, ma penso aiuti molto anche nell’evitare il più possibile il rischio di chinetosi, andando a simulare il movimento che faremmo durante una corsa leggera.
Horizon Call of the Mountain però non vive solamente di esplorazione e movimento, ma ha anche un ottimo combat system dalla sua! In qualità di arcieri la nostra arma principale (nonché l’unica) sarà naturalmente un arco che, per aumentare ulteriormente il realismo, dovremo estrarre portando una mano dietro la schiena prima di utilizzare il comando per la presa, stesso discorso vale anche per le frecce che andranno estratte una alla volta dalla faretra.
Dovremo poi simulare anche l’incoccatura e il lancio della freccia tendendo la corda allontanando tra loro i controller in linea retta; la cosa che più mi ha sorpreso è che mi sono reso conto, nelle battaglie più concitate, che trattenere il respiro per un attimo serviva a rendere più stabile la mira stessa, un accorgimento possibile anche grazie all’uso estremamente preciso del sistema di eye tracking del nuovo visore.
Per concludere il capitolo frecce e scontri, sappi che è presente anche un sistema di crafting molto semplice che ci permetterà di creare prima delle battaglie le frecce più efficaci al combattimento, studiando la zona così da capire in anticipo le Macchine che potremmo trovare di lì a breve e utilizzare frecce che ne sfruttino le debolezze per fare più danno.
Il combattimento tuttavia non sarà solo un botta e risposta di attacchi di Ryas e delle Macchine, quanto una sorta di morra cinese nel quale dovremo alternare attacchi e schivate per rispondere ai colpi nemici: un sistema semplice e basilare, che si rivela però molto efficace e divertente grazie a un ritmo dinamico ma mai eccessivamente frenetico e soprattutto grazie a una difficoltà ben calibrata che non ci metterà mai davanti a scontri frustranti.
Esplorazione, stealth e combattimenti al cardiopalma, la formula di gameplay più antica del mondo, ma se funziona ancora oggi ci sarà un perché; il merito di Horizon Call of the Mountain sta però nell’essere riuscito a trasportare nella realtà virtuale questa formula senza banalizzarla e anzi riuscendo a settare un nuovo standard che sarà difficile da abbandonare d’ora in avanti.
Horizon Call of the Mountain: il benchmark di PlayStation VR 2!
Come già anticipato, Horizon Call of the Mountain è a mani basse il punto più alto raggiunto al momento dalle produzioni per PlayStation VR 2, ovviamente non abbiamo ancora termini di paragone validi, ma se questo deve essere un punto di partenza il futuro, questo visore potrebbe avere un avvenire davvero roseo! Il gioco infatti a livello grafico non ha nulla da invidiare ai titoli della serie principale, che sono stati sempre tra le produzioni più riuscite per PlayStation sotto questo punto di vista, e soprattutto a livello di direzione artistica restituisce alla perfezione il mondo che abbiamo esplorato nei panni di Aloy.
Viste mozzafiato dal ciglio degli strapiombi, pareti di roccia che sembrano insormontabili, cascate imponenti, la zampa di un Collolungo che passa noncurante su di noi… ogni singola sezione del mondo sembra fatta appositamente per stupire il giocatore, e ci riesce alla perfezione! Il senso di stupore è ovviamente coronato da un ottimo sonoro: l’audio ambientale è reso alla perfezione già tramite le auricolari che accompagnano PlayStation VR 2, ma raggiunge il suo apice se utilizziamo un paio di cuffie (in particolare le Pulse 3D, che si adattano alla perfezione per forma e pairing al visore), la colonna sonora poi alterna alla perfezione ritmi tribali e fanfare epiche che difficilmente potranno lasciarci indifferenti.
In definitiva, Horizon Call of the Mountain incarna alla perfezione il concetto di killer app: un titolo che dà senso all’acquisto di PlayStation VR 2 e che allo stesso tempo dovrebbe far parte del parco titoli di tutti i possessori del nuovo visore di casa Sony: un gioco che riesce a dare alla perfezione un nuovo senso all’IP da cui proviene e non fa rimpiangere l’open world tipico di Horizon. Un vero e proprio must have che setta nuovi standard qualitativi a livello tecnico e di gameplay per le produzioni in VR.