Quanto deve essere originale un videogioco per lasciare il segno e risultare rilevante per il medium e, soprattutto, per i videogiocatori? Se parliamo di originalità, mi viene istantaneamente in mente Undertale, un titolo che, a mio avviso, non ha ancora un metro di paragone perché nessun altro titolo gli si avvicina a livello concettuale, ma anche su esperimenti fortemente autoriali come Death Stranding si applica lo stesso discorso.
È però palese che non tutti i videogiochi possono inventare qualcosa di nuovo, il settore è pieno di titoli derivativi che richiamano altre opere che li hanno preceduti. Perché ho ritenuto necessaria questa premessa? Perché se dovessi descrivere con un solo termine Kandria, l’oggetto di questa recensione, utilizzerei proprio “derivativo”, senza alcun dubbio.
Kandria è un titolo strano di cui parlare, la sensazione di già visto è forte e costante, eppure i materiali e le idee di partenza vengono utilizzate in maniera soddisfacente, ma senza mai rivelarsi davvero memorabili. Il dettaglio davvero peculiare del titolo è che alla fine riesce comunque a rivelarsi godibile, rimanendo però sempre in bilico tra una bella esperienza e un titolo che facilmente cadrà nel dimenticatoio; ed è anche un peccato, dal momento che presenta un mondo di gioco che mi piacerebbe sinceramente esplorare anche in futuro con punti di vista differenti rispetto a quello della nostra protagonista.
Kandria: un futuro… non così futuro…
La trama di Kandria è tutto sommato semplice e, come anticipato, presenta tante idee tipiche del genere fantascientifico, in particolare del filone post apocalittico. Ci ritroveremo a muovere i primi passi in una sorta di strana discarica, e dopo pochi istanti ci sarà un ribaltamento di prospettiva nel momento in cui ci verrà rivelato che siamo un androide.
Dal nostro risveglio al reveal della nostra vera natura ci saranno davvero poche battute, eppure i primi dialoghi sono costruiti in maniera tale da riuscire comunque a sorprendere il giocatore e a costruire per bene questa “sorpresa”. La scrittura di Kandria in effetti si rivela curata per praticamente tutta la durata del gioco, e laddove troviamo situazioni prevedibili e citofonate, queste vengono comunque vissute da personaggi stereotipati, ma senza dubbio ben scritti.
La nostra risalita in superficie corrisponderà a un breve tutorial sulle capacità di movimento della protagonista, ma una volta sbucati dalla discarica in cui eravamo abbandonati ci si parerà davanti un panorama suggestivo, per quanto spoglio e conforme al setting post apocalittico proposto: “Spighe di grano? Qui?”, la protagonista sarà stupita quanto noi nel vedere questa contraddizione tra distruzione e natura, e questo suo senso di sorpresa sarà emblema del titolo stesso, contradditorio tra il suo non rinnovare, riuscendo comunque ad attrarre e intrattenere il videogiocatore.
Perché continuo a non dare un nome alla protagonista? Il motivo è semplice… e lo scoprirai giocando, non voglio rovinarti questa piccola chicca relativa alla costruzione del personaggio. E, come anticipato, sono proprio i personaggi che mi hanno colpito particolarmente, nello specifico il modo in cui si relazionano con la protagonista: il personaggio di cui vestiremo i panni infatti non è visto esattamente di buon occhio da tutti e passeremo da chi ci guarda con diffidenza a chi sceglie di fidarsi di noi, fino a chi si opporrà apertamente alla nostra presenza all’interno di questa neonata società.
Ciò che invece non sono riuscito ad apprezzare, paradossalmente, è la molteplicità di tematiche che il gioco tenta di proporre: sopravvivenza, emergenza climatica, mancanza di risorse primarie, infetti, sfiducia nelle intelligenze artificiali e chi più ne ha più ne metta. Certo, sono tutte narrazioni interessanti e anche molto attuali, ma si accostano tra loro in maniera sgraziata in Kandria, non trovando una vera uniformità e un filo conduttore e sembrando soltanto una confusa accozzaglia di argomenti appartenenti al genere.
Questo gameplay l’ho già visto…
Anche dal punto di vista del gameplay, Kandria decide di non correre rischi e di proporre una formula ben rodata e vista in titoli come Narita Boy: ci ritroviamo di base davanti a un Action GDR, il mondo di gioco però si sviluppa su una mappa 2D con visuale laterale e nelle cui ambientazioni ci sarà una forte componente di platforming in due dimensioni.
La nostra protagonista avrà un’ottima mobilità: potrà saltare, scattare, fare scatti a mezz’aria per raggiungere superfici lontane e scalare anche le pareti, il tutto sarà funzionale all’esplorazione, data la spiccata verticalità degli ambienti di gioco che ci porteranno letteralmente dalle fogne fino alla cima di grattacieli. Ho apprezzato particolarmente le fasi di platforming che propongono un ottimo grado di sfida: l’idea di base degli sviluppatori per queste sezioni sembra ripresa direttamente da Celeste, ma senza ovviamente mai arrivare a toccare quei picchi di difficoltà.
Se il platforming e l’esplorazione si rivelano riusciti e divertenti, purtroppo il combat system pecca un po’ di monotonia e si rivela a tratti anche un bel po’ piatto. L’arma della protagonista è anche interessante: una sorta di katana laser che all’occorrenza può anche trasformarsi in altre armi (materializzando per esempio un’ascia per gli attacchi pesanti), ma questa caratteristica viene utilizzata il minimo indispensabile, dal momento che, nonostante i potenziamenti disponibili per la nostra arma, non potremo mai realmente potenziare il sistema di combo, ma soltanto aumentare i danni dei singoli colpi, un vero peccato!
Il combattimento proposto in Kandria risulta a tutto tondo un’occasione un po’ sprecata, anche i nemici che ci ostacoleranno non saranno mai una reale minaccia e perfino dal punto di vista del design non risultano mai realmente ispirati. Ho come l’impressione che gli sviluppatori siano partiti dall’idea di proporre un titolo fortemente narrativo e basato esclusivamente sull’esplorazione e sul platforming, ma nelle ultime fasi dello sviluppo abbiano voluto inserire (a forza) il combattimento, senza però dedicarci la giusta attenzione e solo per renderlo più appetibile a un pubblico più vasto.
Ed è un vero peccato, dal momento che questa contraddizione va ancora una volta a restituire un quadro dell’opera che trasmette agli utenti un lavoro frammentario, ricco di idee e spunti che però non si amalgamano bene tra di loro. Probabilmente, gli sviluppatori hanno realmente sentito il peso di competitor come i già citati Celeste e Narita Boy, e abbiano quindi preferito puntare sulla quantità a discapito della qualità.
Comparto tecnico piacevolissimo
Come anticipato, uno dei momenti maggiormente d’impatto del titolo sarà quello che ci vedrà emergere dalla discarica e ritrovarci davanti al mondo di gioco. Non solo per la differenza di ambientazione, ma anche perché il titolo dal punto di vista grafico propone una riuscitissima pixel art, un vero e proprio tributo all’era degli 8 bit che con una manciata di pixel riusciva comunque a portare a schermo personaggi e ambientazioni diventate iconiche.
Ottima anche la colonna sonora, che si discosta fortemente dallo stile grafico e propone invece una sinfonia di cori maestosi ed evocativi che richiama particolarmente da vicino quella di opere come Horizon Forbidden West. Una proposta decisamente rischiosa, dal momento che, almeno sulla carta, questa scelta potrebbe stridere e creare un mix poco riuscito, invece le tracce proposte sono talmente gradevoli e orecchiabili che sarebbe davvero difficile non apprezzarle!
In definitiva, Kandria è un titolo che vive di contraddizioni che non sempre riescono a equilibrarsi a dovere creando quindi dei momenti in cui si sente che qualcosa non sta funzionando a dovere e altri in cui invece il titolo si fa giocare nella maniera più naturale possibile. Un esperimento interessante e a tratti riuscito, ma che rimane un po’ troppo aderente alle fonti a cui si ispira e non sempre riesce a far affiorare la propria personalità.