Non mi stancherò mai di ripeterlo, ma l’ultimo anno si sta rivelando davvero proficuo e ricco di titoli interessanti per il mercato videoludico italiano: a partire dallo stilosissimo Soulstice fino a Saturnalia, survival horror tanto originale quanto inquietante, senza dimenticare ovviamente anche Mario + Rabbids Sparks of Hope, secondo capitolo dello strategico a turni che ha preso forma presso le fucine della sezione milanese di Ubisoft.
Insomma, l’industria italiana sta finalmente iniziando a dire la sua anche a livello videoludico, e i prossimi mesi non saranno da meno, con l’arrivo dell’attesissimo summer soulslike Enotria: The Last Song. Tra nomi più o meno altisonanti mi è capitato anche di imbattermi in una vera e propria sorpresa: una piccola perla indie dal titolo One Many Nobody, l’oggetto di questa recensione a cura del team abruzzese Chestnut Games.
Un titolo immediato, che punta dritto a offrire al giocatore un’interessante variante dei puzzle game con enigmi sempre più articolati, ma che non risultano mai frustranti grazie a un’ottima curva di difficoltà che renderà davvero difficile staccarsi dallo schermo! Analizziamo nel dettaglio questo gioiellino tutto nostrano.
Ho già visto quel tipo…
La trama di One Many Nobody si apre con il più classico degli incipit: dopo uno scontro a fuoco con un misterioso professore, il nostro protagonista si risveglia completamente privo di memoria in un laboratorio ultratecnologico, il nostro compito sarà, ovviamente, quello di trovare una via di fuga e magari capire nel frattempo cosa ci è capitato e perché ci troviamo lì.
E in effetti il gioco non ci abbandonerà a noi stessi in questo arduo compito di ricostruzione della memoria, ma farà in modo di guidarci grazie a messaggi sparsi qua e là da parte di un misterioso professore. Il punto è: sarà la stessa persona con cui stavamo avendo uno scontro a fuoco nella prima cutscene? Di chi possiamo realmente fidarci?
Non si tratta di nulla di cervellotico o complesso, anzi la trama andrà avanti in maniera molto lineare, però c’è da ammettere che, per un titolo che vuole comunque puntare tutto sul gameplay, sono rimasto piacevolmente sorpreso da questa narrazione che alla fine rivela pur sempre scontata, ma che ha saputo intrattenermi e incuriosirmi a dovere.
Lo stesso discorso si può fare anche per le ambientazioni che sono perfettamente aderenti ai canoni della più classica fantascienza tra laboratori pieni dei più disparati sistemi di sicurezza, eppure anche in questo caso si vede che gli sviluppatori hanno voluto dare un carattere unico e abbastanza riconoscibile alla produzione, riuscendo nell’impresa.
Uno, nessuno, centomila
Come anticipato, a livello di gameplay One Many Nobody si mostra come un classico puzzle game, ma con una interessante particolarità nel gameplay: i nostri migliori amici saremo… noi stessi! Non si tratta di versioni alternative del protagonista o di loop temporali in cui sovvertire il naturale ordine di causa ed effetto, ma ci troveremo a prendere il controllo di cloni del nostro protagonista.
Il gioco sarà suddiviso in vari livelli e in gran parte di questi potremo trovare delle capsule nelle quali clonare il nostro protagonista; queste capsule si troveranno spesso in punti distanti delle mappe e ci daranno accesso a sezioni delle stesse altrimenti inaccessibili. Il titolo non presenta molti elementi e tipologie di enigmi, ma riesce a ricombinare in maniera sempre originale i vari elementi, proponendo puzzle e risoluzioni sempre diverse tra loro che riescono a mettere alla prova la logica e l’abilità del giocatore che talvolta si ritroverà non solo a dover capire qual è la soluzione, ma anche a metterla in atto con il giusto tempismo.
A tal proposito, il gameplay e il suo concept di base si rivelano piacevolmente in grado di evolversi nel corso dei livelli; per esempio, potremo passare liberamente da un clone all’altro una volta che ne avremo generato uno o più di uno, ci sono però alcune capsule speciali che andranno a “collegare” i nostri cloni che si muoveranno all’unisono, questo andrà ad aggiungere parecchia profondità al gameplay in quanto dovremo iniziare a programmare le nostre mosse prendendo in considerazione più cloni in contemporanea.
E questo è solo un esempio di come il gameplay sappia riadattarsi in maniera originale nel corso dei vari livelli, a dimostrazione di quanto un’idea, per quanto semplice, possa rivelarsi efficace se ben strutturata, l’evoluzione costante del gameplay infatti scongiura il fattore noia e dà un tangibile senso di progressione al gioco, rendendolo interessante fino alla fine.
La cara, vecchia, intramontabile, pixel art
Anche per quanto riguarda il comparto tecnico, One Many Nobody gioca in una confort zone che non è sintomo di pigrizia da parte del team di sviluppo, ma si rivela piuttosto indice di quanto una direzione artistica bene a fuoco sia in grado di dare ottimi risultati. In particolare la grafica punta sulla classica pixel art minimale con i personaggi e gli elementi in primo piano, ma dando un’occhiata agli sfondi si nota quanto questi possiedano una complessità non da poco e siano ricchi di elementi che restituiscono alla perfezione l’idea dei complessi laboratori nei quali sono ambientate le vicende.
Anche per quanto riguarda il sonoro è stato fatto un lavoro discreto, è vero, ci troviamo davanti a tracce estremamente dimenticabili, ma che riescono comunque a difendersi bene e anzi si rivelano molto gradevoli e in grado di accompagnare alla perfezione la progressione e la risoluzione degli enigmi nei vari livelli.
In definitiva, One Many Nobody si è rivelato una vera e propria sorpresa, un piccolo gioiellino indie tutto italiano; di base stiamo pur sempre parlando di un puzzle game abbastanza semplice a livello concettuale, ma che comunque grazie a un gameplay con alcune idee abbastanza originali e a un comparto tecnico consapevole dei limiti della produzione, riconferma un periodo decisamente florido per il mercato videoludico nostrano.