Nell’ultimo biennio i videogiocatori si stanno ritrovando sempre più spesso a confrontarsi con l’annoso problema del rinvio di titoli molto attesi. Un trend iniziato quasi in sordina, coi rinvii di The Last of Us Part II e Cyberpunk 2077, è letteralmente esploso nel corso del 2020, in buona parte a causa della pandemia da Covid-19, che sta rallentando tutti i settori dell’industria, ma anche per uno dei passaggi generazionali più caotici di sempre a causa di una comunicazione generalmente confusa da parte di Sony e Microsoft.
Proprio per questo le grandi produzioni in arrivo in questi primi mesi del 2021 tendono ad attirare particolarmente l’attenzione dei giocatori; è il caso, per esempio, di Hitman 3, It Takes Two e dell’oggetto di questa recensione: Outriders.
Questo particolare sparatutto con una forte componente da GDR sta facendo molto parlare di sé a causa di alcune circostanze e dichiarazioni che ne hanno preceduto il lancio. In particolare, il clamore provocato da Outriders sta già nel suo essere gratuito fin dal day one, fissato per lo scorso 1 aprile, su Xbox Game Pass, un colpaccio da parte di Microsoft a cui Sony ha parzialmente risposto con l’inclusione di Oddworld: Soulstorm nella line up di PlayStation Plus di aprile fin dal lancio.
Come se non bastasse, gli sviluppatori di People Can Fly, noti per titoli del calibro di Gears of War e per la costante collaborazione con Epic Games per lo sviluppo di nuovi contenuti sul popolare battle royale Fortnite, si sono tuffati a capofitto in una campagna a dir poco provocatoria, attaccando in maniera per niente velata gli “sparatutto con una storia stupida”, e promettendo al pubblico un titolo con una trama coinvolgente nonostante il focus principale rimanga sullo shooting frenetico.
Come si suol dire però “Più grandi sono, più rumore fanno quando cadono”, pertanto Outriders si è rivelato un titolo complesso e delicato da approcciare, soprattutto per un day one non proprio rose e fiori. La mole di videogiocatori che si è riversata sul titolo infatti ha fatto sì che i server di gioco non reggessero, e il primo fine settimana di Outriders è stato segnato da un single player quasi obbligato (grande punto a sfavore per produzioni del genere fortemente improntate verso il multiplayer online).
Tuttavia, gli sviluppatori di People Can Fly non hanno voluto nascondersi dietro un dito, e consapevoli del grosso inconveniente hanno rilasciato un messaggio in game in cui chiedono ai giocatori di valutare Outriders per la qualità del prodotto in sé, e non per i problemi ai server già in via di risoluzione. Pertanto, è necessario chiarire che questa recensione riguarda l’aspetto puramente ludico del titolo, per fare chiarezza sulla qualità generale della produzione.
Quando i server saranno più stabili torneremo indubbiamente a parlare di Outriders e di come si comporti il titolo quando più pistoleri spaziali decidono di riunirsi per affrontare le minacce del pianeta Enoch; soprattutto, per quanto gli sviluppatori di People Can Fly abbiano chiarito di non aver realizzato un game as a service (e a tutti gli effetti Outriders è un gioco fatto e finito) torneremo sicuramente a parlare di contenuti post lancio già nella mente degli autori, che si concretizzeranno però solo se il titolo riscuoterà abbastanza consenso, e siamo tranquilli nell’affermare che al momento le carte in regola ci sono tutte!
Benvenuti su Enoch, Outriders!
La trama quindi, uno dei punti forti del titolo a detta degli sviluppatori, è davvero così incredibile? Non esattamente, ma non per questo ci troviamo davanti a una narrazione mediocre, anzi, personalmente l’ho trovata parecchio soddisfacente per quanto non sia nulla di realmente innovativo o rivoluzionario.
Il vero punto di forza della trama sta nello strizzare costantemente l’occhio ai più importanti lungometraggi fantascientifici degli ultimi anni. Outriders decide di omaggiare pellicole pluripremiate come Avatar e Mad Max Fury Road, e non prova nemmeno a nascondere queste influenze, anzi, mette in mostra senza mezzi termini tutto ciò che ha, e riesce a rendere il tutto interessante proprio perché si tratta di omaggi ben riusciti.
Fin dall’incipit narrativo capiamo di essere palesemente davanti alla trasposizione videoludica di Avatar di James Cameron (ben fatta però, nulla a che vedere con lo scadente tie-in sviluppato per console di settima generazione): una colonia spaziale si avventura sul pianeta Enoch, pacifico e dominato dalla natura selvaggia, un nuovo pianeta facile da soggiogare ai bisogni degli uomini che hanno ormai sviluppato tecnologie avanzatissime.
Purtroppo per i nostri però non tutto andrà come previsto, e dopo esserci imbattuti nella cosiddetta Anomalia le cose precipiteranno, il nuovo pianeta si rivelerà più ostile del previsto e una serie di eventi porterà il nostro protagonista all’ibernazione. Risvegliandoci anni dopo questi eventi scopriremo che la situazione è precipitata e che ormai i coloni di Enoch hanno ricreato una società post-apocalittica ancora più allo sbando di quella terrestre.
Come se non bastasse, scopriremo che il nostro incontro con l’Anomalia ci ha donato poteri soprannaturali che ci hanno trasformato in una Mutazione, entità che ormai la società di Enoch ha imparato a temere al pari di divinità. Le Mutazioni vengono sfruttate come vere e proprie armi da guerra per determinare la vittoria di una o l’altra fazione e sono visti alla stregua degli X-Men targati Marvel: temuti, più che rispettati.
Oltre a essere una Mutazione poi, il nostro protagonista dovrà caricare sulle proprie spalle anche il peso di essere un Outrider, se originariamente questi mercenari spaziali erano stati accolti sulla colonia per aiutare nella conquista di Enoch, durante la nostra ibernazione la loro reputazione è colata a picco, e venire guardati con diffidenza sarà quindi all’ordine del giorno per più di un motivo.
Ed è qui che ha inizio il nostro road movie alla Mad Max, la trama ci porterà a esplorare tappa per tappa buona parte di Enoch con dei palesi riferimenti alla trama dell’ultima pellicola diretta da George Miller, sono pronto a scommettere che ogni appassionato del genere troverà davvero gradevole questa riproposizione, che si sposa perfettamente con la progressione e con l’impianto ludico. Va però specificato che, al di là delle strizzate d’occhio, non ci troviamo comunque mai di fronte a una narrazione sorprendente, alcuni potrebbero addirittura trovarla stucchevole o accessoria.
Tra redattori capita quotidianamente di scambiarsi opinioni sui titoli in uscita o sulle produzioni più interessanti in vista, e la demo di Outriders aveva lasciato generalmente un senso di indifferenza. Col senno di poi e col prodotto completo tra le mani si può tranquillamente affermare che il titolo è solo uno di quei tanti prodotti che vengono venduti male all’utenza.
Proprio perché la trama del titolo è stata ritenuta fondamentale dagli sviluppatori, la versione demo proponeva le prime battute del gioco, non le più esaltanti né a livello narrativo né tantomeno di gameplay. Questo è il perfetto esempio di prodotto venduto male, perché Outriders ci mette un bel po’ a ingranare, e soprattutto perché c’è un palese cambio di tono nei personaggi dopo il prologo.
Ed è un vero peccato perché questa gestione del titolo a livello quantomeno commerciale rende ancora più palese una scrittura alquanto disomogenea. Outriders tenta di prendersi terribilmente sul serio grazie al realismo grafico proposto e alla premessa narrativa, ma inciampa poi in personaggi che tentano a tutti i costi di risultare simpatici (riuscendoci anche talvolta e dando vita a gradevoli siparietti comici) e ammiccanti in maniera fin troppo insistente.
“Prima spara, poi pensa!”
Il cuore pulsante di Outriders risiede innegabilmente nel suo gameplay, frenetico e adrenalinico, ma con l’incredibile capacità di non diventare mai caotico: l’azione sarà sempre perfettamente a fuoco, e già solo questo basta a far capire l’incredibile qualità ludica del titolo, naturalmente però approfondiamone tutti gli aspetti, perché ci troviamo davanti a un gioco che ha davvero tanto da dire nel panorama videoludico odierno!
Sostanzialmente, Outriders si presenta come uno sparatutto con forti influenze da GDR, ma questa sua reale natura sarà visibile solo a partire dalla fine del prologo, ovvero dal momento in cui otterremo i nostri nuovi poteri da Mutazione e il gameplay assumerà tutt’altro tono.
Il giocatore potrà scegliere la natura dei poteri del proprio Outrider, e questo cambierà drasticamente l’approccio al gioco del protagonista, si potrà infatti scegliere tra quattro differenti classi, Piromante, Distruttore, Mistificatore e Tecnomante, ognuna con le proprie peculiarità e mosse speciali.
Il titolo inoltre fornirà un albero delle abilità ricchissimo per ogni classe, e questo permetterà di personalizzare ancora di più il nostro protagonista e andare a integrare l’utilizzo di mosse speciali e armi di un determinato tipo con precise caratteristiche del nostro Outrider. Questo aspetto, unito a un loot vastissimo e in continua evoluzione, dà modo di rendere unico ogni singolo scontro a fuoco, soprattutto considerando che potremo in qualsiasi momento resettare le abilità e ridistribuire i punti a nostro piacimento per tentare una diversa via da seguire.
Sempre a proposito dell’equipaggiamento poi, ci troviamo davanti a un sistema di evoluzione e miglioramento davvero intelligente e ben studiato. Potremo disfarci del vecchio loot in due modi infatti, vendendolo e smontandolo; nel primo modo otterremo i Rottami, ovvero la valuta di gioco, altrimenti potremo ottenere materiali utili al potenziamento di altri oggetti, ma non solo.
Infatti, smontando un pezzo di equipaggiamento otterremo anche le abilità che conteneva, e potremo trasferirle ad altre armi e armature. Questo comporta che, potenzialmente, potremo portarci dietro un’arma con cui abbiamo una particolare affinità fin dalle prime battute del gioco fino in fondo alla nostra campagna, facendola salire di livello di volta in volta e dotandola di abilità sempre più utili all’occorrenza.
Questa può sembrare una cosa da poco, ma chi è avvezzo al sistema dei looter shooter saprà bene che buona parte delle fasi di gioco, soprattutto nell’endgame, sono dedicate a un frenetico grinding nella speranza di un reroll soddisfacente sulle caratteristiche di una determinata arma. Col sistema di potenziamento e personalizzazione proposto da Outriders questa necessità viene del tutto eliminata, permettendo in ogni momento al giocatore di accedere alla build che desidera provare o a quella che ha già identificato come più performante.
Continuando a falcidiare nemici e uscendo vittoriosi dagli scontri a fuoco, il nostro personaggio acquisirà punti esperienza e salirà di livello, caratteristica fondamentale per poter equipaggiare armi e armature sempre migliori, tuttavia non sarà solo il livello del protagonista a salire, ma anche quello del mondo, dando vita a un vero e proprio sistema di no pain, no gain.
Infatti, il livello del mondo continuerà a salire solo se terremo il livello massimo impostato (per esempio, se il livello massimo sbloccato sarà il 4 e noi decideremo di impostare il 3, non guadagneremo punti per farlo salire al 5); un livello del mondo più alto comporta anche un bottino di livello maggiore e una migliore probabilità di ottenere equipaggiamenti rari, ci consente inoltre di equipaggiare armi e armature di livello superiore al nostro, ma c’è un altro lato della medaglia ovviamente.
La controparte spiacevole nell’aumento del livello del mondo sta, come ovviamente intuibile, nell’aumento del livello degli avversari. Il tutto seguirà una precisa progressione aritmetica, i livelli del mondo saranno 15 in totale, e ogni livello corrisponde un livello in più dell’equipaggiamento utilizzabile, ma anche un livello in più dei nemici. Questo vuol dire che in uno scenario endgame con il livello del mondo settato a 15, se avremo raggiunto il livello 30, potremo utilizzare armi e armature di livello 45, che sarà anche il livello dei nemici. Questo aggiunge un ottimo grado di sfida al tutto, che viene adeguatamente ricompensato.
Se fin qui sembra che Outriders sia un gioco identico a titoli come Destiny o Borderlands, c’è un piccolo particolare, che in realtà si rivela fondamentale e stravolge l’intera esperienza, dando al titolo un ritmo unico che lo differenzia da tutti gli altri: nel gioco è totalmente assente qualsiasi sistema di cura. L’unico modo di curarsi sarà continuare ad attaccare senza sosta.
Le mappe sono studiate alla perfezione, in modo che i vari ripari ci possano fornire un avanzamento adeguato nello scontro a fuoco che non spezzi il ritmo forsennato dell’azione. Il tutto viene poi integrato dal poter utilizzare incessantemente (previo opportuno cooldown) le abilità date dalla nostra mutazione, l’unico modo di sopravvivere agli abitanti ostili di Enoch e alle sue letali creature sarà imparare a sfruttare adeguatamente ogni singola risorsa.
Tutto ciò rientra naturalmente nel discorso dell’assenza di cure, il tutto non si riduce a un banale “uccidi per curarti”, ma vengono poste dal gioco delle intelligenti limitazioni. Per esempio, il Piromante, classe col quale ho affrontato l’avventura, recupererà salute dai nemici uccisi solo se questi ultimi sono stati “marchiati” ovvero colpiti dalle sue abilità basate sull’utilizzo del fuoco. Ogni abilità naturalmente sarà più o meno improntata al danno puro, al riposizionamento, o al recupero immediato di vitalità, dovremo essere capaci di combinarle adeguatamente per non ritrovarci mai con gli HP a 0.
Insomma, un gameplay shooter che rasenta la perfezione grazie alle centinaia di soluzioni d’attacco rappresentate da bocche da fuoco tutte differenti tra loro e alle abilità uniche delle Mutazioni, qualche inciampo però c’è anche sotto questo punto di vista. A lungo andare il sistema di gioco risulta sempre uguale a sé stesso, non che mi aspettassi qualcosa di differente da un titolo del genere, ma spesso ci ritroviamo convolti in diverse sparatorie di fila con nemici tutti identici tra loro, che ci costringeranno quindi a ripetere in loop gli stessi approcci.
Inoltre, c’è anche un leggero sbilanciamento in alcuni aspetti del gioco, per esempio i cecchini nemici sono fin troppo letali, il che rende frustrante alcuni scontri particolarmente complessi che vedono coinvolti anche questi tiratori a lungo raggio. Il problema è che quando saremo noi a imbracciare un fucile di precisione saremo estremamente inefficaci (perlomeno utilizzando il Piromante in single player), pertanto spero che People Can Fly continui a dimostrarsi attenta nei confronti delle richieste degli utenti e sia già al lavoro su un ribilanciamento di alcuni aspetti.
Comparto tecnico spaziale, ma non troppo
Purtroppo, dal punto di vista tecnico Outriders non riesce a raggiungere l’eccellenza mostrata nel gameplay, non per disimpegno da parte del team di sviluppo, quanto piuttosto dal fardello di essere una produzione cross-gen che deve quindi adattarsi alle esigenze hardware di quella che, seppur da poco, è ormai la vecchia generazione.
Questo è palese soprattutto del punto di vista grafico, infatti in Outriders avremo una disarmante alternanza tra gli ambienti di gioco, mozzafiato in ogni singolo scorcio, e i volti dei personaggi, molto spesso imbambolati e poco espressivi, con una cura che, si vede, è stata tutta riservata agli equipaggiamenti piuttosto che ai personaggi in sé. A questo poi si aggiungono le texture, non sempre implementate a dovere, soprattutto sui veicoli; si tratta di piccolezze, ma che purtroppo vengono accentuate dal fatto che nello stesso gioco si possono comunque trovare scenari e biomi visivamente di altissima qualità.
Dal punto di vista sonoro invece Outriders zoppica, mostrando quello che è probabilmente il neo più evidente e invalidante dell’intera produzione. Se la colonna sonora si rivela comunque sempre adrenalinica e azzeccata data la natura fortemente action del titolo, i dialoghi riservano (almeno nell’adattamento italiano) una brutta sorpresa.
Capita infatti molto spesso che l’audio delle voci dei personaggi venga restituito in maniera fortemente ovattata, questo non rende i dialoghi incomprensibili, ma certamente non è mai piacevoli e balza subito all’orecchio come un fastidioso difetto. Provando ad aggirare il problema con l’utilizzo dei sottotitoli, ancora una volta l’adattamento italiano viene invalidato da un difetto che sembra ormai comune in questo tipo di produzioni, ovvero ci sono intere linee di dialogo talvolta non tradotte, cosa che si ripete anche in alcuni menù di gioco (soprattutto sugli oggetti in vendita presso alcuni mercanti).
Capisco che in titoli con migliaia di linee di dialogo da tradurre ne possa sfuggire qualcuna, ma il fatto che a soffrirne siano sempre produzioni analoghe ad Outriders come Destiny o Marvel’s Avengers mette in luce una scarsa cura in generale per questo aspetto dei videogiochi nell’industria odierna che si preoccupa più di puntare al gameplay (scelta che comunque non va assolutamente biasimata, anzi!) che a rendere comprensibili trame e dialoghi.
Un ultimo difetto che va annoverato tra quelli relativi al comparto sonoro è relativo alla gestione di alcuni effetti sonori, soprattutto durante la gestione dei dialoghi. Parlare in un luogo chiuso con un personaggio in movimento darà vita a un rumore di passi in sottofondo talmente pesante e fuori sincrono coi reali movimenti di chi sta dialogando da risultare snervante a dir poco. Anche in questo caso, può sembrare una piccolezza, ma cuffie alle orecchie ci renderemo conto che sarà meglio saltare certi dialoghi che perseverare nell’ascolto.
In definitiva, Outriders è un gran bel titolo, la letterale ventata d’aria fresca in un’industria videoludica che, un po’ per paura di sperimentare, un po’ per forza di cose dato il particolare momento storico, sta ormai stagnando e ha bisogno di proposte così coraggiose e ben realizzate. Un gioco certamente non privo di difetti, ma che coi suoi innegabili pregi riesce a far chiudere al giocatore un occhio senza troppe remore, un titolo inoltre talmente ampio che questa recensione da sola non basta.
Infatti, ti rinnovo il mio invito a tornare tra qualche giorno per leggere le considerazioni relative a endgame e comparto multiplayer, tenendo soprattutto a mente che in questo caso più che mai il voto assegnato al gioco è completamente relativo e a tratti parziale e potrebbe tranquillamente salire o scendere (ma ritengo altamente improbabile che accada) dopo aver testato tutto ciò che Outriders ha da offrire in compagnia.