Ormai l’argomento non è più attualissimo e ha fatto il proprio tempo, ma negli ultimi anni si è molto discusso della difficoltà nei videogiochi. Da quando i Souls di casa Fromsfotware e i loro derivati hanno ricominciato ad alzare l’asticella dell’impegno richiesto al giocatore in un mercato stagnante e fatto di produzioni genericamente tendenti verso il basso per il loro grado di sfida, quella della difficoltà è diventata una delle principali preoccupazioni di molti utenti.
“Gioco difficile = gioco bello”, oppure “I videogiochi prima erano migliori perché erano più difficili” e tanti altri luoghi comuni e discorsi generici che difficilmente andavano a centrare il punto, e le conversazioni a riguardo hanno smesso ben presto di risultare interessanti. Eppure, di tanto in tanto c’è sempre quel titolo in particolare che riesce a riaccendere la discussione sulla difficoltà nei videogiochi, penso negli ultimi anni a opere come Cuphead, o il recente Sifu, ma anche ScourgeBringer, l’oggetto di questa recensione, potrebbe essere un perfetto candidato.
E non parlo solo di meriti oggettivi come il suo tasso di difficoltà oggettivamente sopra la media, ma soprattutto per un disclaimer iniziale che ha iniziato a farmi riflettere ancor prima di gettarmi in partita. ScourgeBringer infatti annuncia a chiare lettere di voler proporre al giocatore un’esperienza impegnativa che si può fruire in due modi: con la difficoltà originale con cui è stato pensato o con la cosiddetta difficoltà adattiva, un grado di sfida dinamico che varierà in base alle performance del giocatore, rendendo così le sifde sempre soddisfacenti, ma mai frustranti.
Ho letteralmente amato questa particolare scelta, che approfondiremo nella sezione dedicata al gameplay, e ritengo che, se ben sfruttata anche da produzioni più grandi (magari un GDR, e sì Pokémon, sto guardando proprio te) potrebbe diventare un nuovo standard per il gaming in generale: una difficoltà che si adatta al giocatore e viceversa, così da spingerlo a migliorare un gradino alla volta, piazzando l’obiettivo sempre un po’ più in là, questo secondo me è il vero concetto di divertimento a cui un videogioco dovrebbe (e coi moderni algoritmi e IA, potrebbe) ambire.
Un pizzico di Made in Abyss…
La trama del titolo è semplice, ma efficace. A dirla tutta, è semplice solo apparentemente, perché andando a scavare a fondo in alcuni discorsi di personaggi si possono trovare, in pure stile soulslike, collegamenti e relazioni difficili da carpire a uno sguardo superficiale, andando così a espandere una lore che saprà rivelarsi affascinante e ben più antica di quanto potrebbe sembrare a una prima occhiata.
Il mondo di gioco è stato devastato dallo ScourgeBringer, una calamità misteriosa che si è manifestata sottoforma di una sorta di torre che con un raggio energetico ha devastato il mondo stesso. Nella speranza di scoprire la natura di questa calamità ultraterrena, alcuni impavidi avventurieri si sono inoltrati nelle profondità di questa torre, sperando di riuscire a trarne qualche informazione, ma nessuno è mai tornato vivo da questa difficile esperienza.
Ci toccherà impersonare Kyhra, la più abile guerriera che il mondo abbia mai conosciuto, che armata di spada e blaster dovrà farsi strada tra le insidie e le creature mostruose che si annidando nella torre. Ben presto però ci sarà chiaro come la sfida non sarà soltanto relativa alla salvezza del mondo, ma Kyhra è ben più legata di quanto possa pensare a questa calamità e ben presto inizieranno a venire a galla verità che legano la ragazza ai suoi valorosi antenati, che prima di lei hanno dato la vita alla ricerca della verità.
Ho amato la narrazione proposta dal gioco, essenziale, ma densa di informazioni disposte a metà strada tra il complesso e il lineare. Molto spesso potremo fare teorie su quello che stiamo leggendo, ma alla fine tutto ci sarà chiaro e ci sarà poco spazio per i dubbi, costruendo una trama non scontata, ma nemmeno fumosa o eccessivamente criptica, un plauso quindi agli sceneggiatori per l’ottima qualità della scrittura.
Spara, affetta, colpisci… al volo!
La narrazione di ScourgeBringer si rivela già soddisfacente, e non è nemmeno il punto focale della produzione, che punta piuttosto su un gameplay pulito e dinamico, ma soprattutto avvincente. L’esplorazione della torre da cui è partito lo ScourgeBringer è un pretesto perfetto per incorniciare l’esplorazione in un roguelike, a ogni morte infatti ci toccherà ripartire da zero, arricchiti però di più esperienza nei confronti delle minacce presenti nella torre e, se avremo accumulato abbastanza punti per il potenziamento, anche di nuovi power up permanenti.
Per il resto, il ciclo di azioni proposto da ScourgeBringer e semplice da comprendere, ma estremamente complesso da padroneggiare a causa della difficoltà proposta dal titolo: la torre è composta da diversi ambienti suddivisi in stanze, il nostro obiettivo principale sarà trovare in questo dedalo la chiave che apra la porta del boss, così da affrontarlo e passare all’ambiente successivo in caso di vittoria. Le stanze in questione saranno però piene di abomini da affrontare e trappole ambientali, che ci renderanno la vita decisamente complicata e ci richiederanno dei riflessi sempre pronti e un’ottima reattività, pena la sconfitta istantanea.
Ovviamente, nella nostra esplorazione potremo imbatterci negli eventi e nei personaggi più disparati, da file salvati su antichi floppy disk che chiariranno interessanti retroscena sulla lore del mondo di gioco a mercanti pronti a venderci oggetti che (in teoria) accresceranno le nostre chance di vittoria. È necessario però chiarire come avvengono gli scontri in ScourgeBringer, infatti anche in questo caso ci ritroviamo davanti a un sistema semplice e immediato, ma allo stesso tempo soddisfacente.
La nostra protagonista infatti potrà contare su un sistema di combo di spada, utili a caricare i colpi d’arma da fuoco (potremo trovare diverse armi nel corso delle nostre esplorazioni) e, per finire, anche attacchi corpo a corpo a mani nude per avvicinarci istantaneamente ai nemici e stordirli all’istante. Il tutto potrà avvenire senza mai toccare terra, in un sistema di combattimento velocissimo e dinamico (che mi ha ricordato molto da vicino quello adottato in Celeste), trascinante fin dal primo momento e capace di esplodere durante le boss fight difficili e articolate.
Particolarmente interessante poi è la difficoltà adattiva, che a livello pratico viene incarnata in un mercante che, in seguito a un ripetuto numero di morti, apparirà a inizio run per offrirci un pool casuale di potenziamenti, così da ritrovarci temporaneamente avvantaggiati nell’esplorazione e poter affrontare almeno una run a cuor leggero, per scoprire più meccaniche e nemici di quanto faremmo durante una run standard. Un’intuizione semplice, ma che riesce alla perfezione a equilibrare la difficoltà del gioco senza banalizzarla, e permettendo al giocatore di riprendere la propria scalata sia in senso di progressione nel gioco che di apprendimento e memoria muscolare.
Pixel art a livelli altissimi!
Senza troppi giri di parole, ScourgeBringer si è rivelato un titolo ottimo sotto praticamente tutti i punti di vista, e la sua realizzazione tecnica non fa eccezione! A partire dal comparto grafico, il titolo è stato realizzato con una pixel art essenziale che ricorda il negativo di una fotografia, con sfondi neri e contorni bianchi che incorniciano colori che passano dal bordeaux scuro all’azzurro accesissimo.
Per quanto già il comparto grafico sia davvero soddisfacente nella sua semplicità, il gioco esplode letteralmente nel momento in cui fa il proprio debutto la colonna sonora. Muoveremo i nostri primi passi nel buio e nel silenzio, letteralmente, la comparsa del primo nemico però darà il via a melodie heavy metal che entreranno istantaneamente nella testa del giocatore e accompagneranno alla perfezione il ritmo forsennato degli scontri. A farla da padrone saranno i riff di chitarra elettrica, ma non mancheranno le sonorità di batteria e basso a completare l’opera.
In definitiva, ScourgeBringer è un titolo che non ci si deve assolutamente lasciar sfuggire! Presenta un ottimo tasso di sfida ben calibrato che riuscirà ad accontentare letteralmente tutti i videogiocatori, una lore non necessaria per l’economia del gioco, ma presente e interessante, e soprattutto una colonna sonora adrenalinica che sarà difficile togliersi dalla testa! Ho provato il titolo su PlayStation 5 e mi ha soddisfatto parecchio la sinergia col controller DualSense, ma ritengo che un gioco del genere possa sempre dare il proprio massimo su Nintendo Switch grazie alla sua natura veloce e alla portatilità dell’ibrida di casa Nintendo.