Ti è mai capitato di giocare un videogioco e pensare: “È fatto apposta per me”, oppure, al contrario, ti giocarne uno che non ti prenda inizialmente ma che, rigiocato tempo dopo, si riveli un’esperienza completamente diversa e molto più soddisfacente e in linea con ciò che sperimentare pad alla mano? Se non ti è mai capitato, preparati, perché Season: A Letter to the Future, l’oggetto di questa recensione, potrebbe con ogni probabilità rientrare proprio in una di queste categorie.
Season: A Letter to the Future è, a mio avviso, il classico videogioco “Non per tutti” che potrebbe essere facilmente etichettato come prodotto di nicchia, eppure, scavando un po’ più a fondo, si potrebbe rivelare un’esperienza in cui ogni videogiocatore dovrebbe immergersi almeno una volta, anche a costo di rimanerne straniato e magari abbandonarlo dopo poco, ma senza dubbio il gioco rappresenta uno di quegli unicum nel panorama videoludico che cercano di proporre qualcosa di completamente nuovo per il medium, ed è pertanto degno di attenzione: analizziamolo nel dettaglio!
Season: A Letter to the Future, un racconto sospeso nel tempo
La nuova opera a cura di Scavengers Studios mi ha lasciato perplesso fin dalla sua campagna marketing, ma perplesso in modo strano… e positivo, tanto da rivelarsi affascinante e allo stesso tempo a tratti inquietante. La trama e il mondo di Season: A Letter to the Future infatti sembravano a prima vista privi di qualsiasi influenza fantasy e paranormale, rivelandosi una semplice avventura esplorativa al pari di un walking simulator molto ispirato, invece il gioco nasconde molto di più…
Vestiremo i panni di Estelle, cresciuta in un piccolo villaggio della Tieng Valley, un villaggio che tiene morbosamente legati a sé i suoi abitanti che potrebbero completamente perdere la memoria qualora si allontanassero dai suoi confini. Tutta la vallata ha i minuti contati in quanto la zona sta per essere inondata per mancanza di manutenzione della diga, eppure, nessuno sembra voler fare nulla per evitare la catastrofe, e anzi ci sono perfino persone che stanno tentando di accelerare il processo.
L’evento viene anticipato dalla visione di uno degli abitanti del villaggio, e come l’Anziana afferma: “Le visioni portano a una nuova stagione”, facendo intendere che dopo ogni catastrofe si debba necessariamente tagliare ogni legame col passato e ricominciare da zero. Eppure, a confini del mondo, o meglio del tempo, pare esserci un museo nel quale tutto il tempo stesso e tutti i ricordi vengono conservati e protetti da questo ciclo di morte e rinascita, ed è proprio qui che inizia la nostra storia.
Ed è proprio qui, nelle sue primissime battute, che il gioco rivela tutta la malinconia che nasconde oltre a palesare il modo peculiare in cui questo mondo concepisce lo scorrere del tempo: infatti noi saremo allo stesso tempo spettatori e protagonisti delle vicende mostrate a schermo, vedremo la versione adulta di Estelle, che ha finalmente trovato il museo, ripercorrere il suo viaggio alla scoperta dei ricordi, il tutto mentre impersoneremo la giovane Estelle durante la sua avventura. Vivremo quindi un tempo che scorre talmente lento da essere ormai vicino al fermarsi (un po’ alla Dark Souls), al punto che parlare di passato, presente e futuro non avrà più molto senso nel gioco.
Una malinconia che pervade le prime sezioni del gioco, nel quale Estelle starà dando l’addio al suo villaggio e alla sua famiglia, a sua madre in particolare, che forgerà un pendente che proteggerà i ricordi di sua figlia, a costo di sacrificare i suoi. Ed è già in questi primi momenti che Season diventa un titolo non per tutti, che va a toccare delle corde molto specifiche che potrebbero turbare alcuni e lasciare del tutto indifferenti altri.
Dopo aver varcato le porte del villaggio un mondo molto più vasto si aprirà davanti a noi, un mondo che, come anticipato, si è ormai arenato e nel quale a sopravvivere sono solo alcuni ricordi strappati con violenza dai propri possessori. Non saremo del tutto soli in questa traversata però, ad accompagnarci ci sarà la nostra fidata bicicletta, e di tanto in tanto la nostra strada incrocerà quella di altri personaggi, tutti ottimamente caratterizzati e ben diversificati, ognuno con qualcosa da raccontare per fare chiarezza, o confondere le acque, sui ricordi trovati.
Se ciò che ti ho raccontato di Season: A Letter to the Future ti sembra confuso… benvenuto. Il gioco non vuole accogliere il giocatore, piuttosto vuole straniarlo proponendo una narrazione che non si preoccupa di essere chiara né nelle sue premesse né tantomeno nel suo finale: tocca al giocatore ricostruire, comprendere e creare una propria versione della storia, propri come i ricordi che ognuno vive e custodisce in maniera diversa creandosi un proprio passato.
“Hi Ho, Silver”
Season: A Letter to the Future protende quasi completamente verso la trama nell’esperienza ludica che vuole proporre al giocatore, riducendo il gameplay all’osso. Non per questo però risulta monotono o scarso di interazioni, anzi, proprio in questo risiede il fascino della Tieng Valley nel quale ogni elemento potrebbe essere importante ai fini del nostro scopo di preservare le memorie sparse per il mondo.
Lo strumento più importante a nostra disposizione sarà il taccuino di Estelle, sul quale potremo annotare i frammenti di ricordi, inserire istantanee e note audio sparse per il mondo, il tutto per riscostruire le storie, più o meno felici, di chi abitava la Tieng Valley. Proprio per questo, il gioco si rivela molto più di un semplice walking simulator in quanto la nostra esplorazione non sarà passiva, anzi, dovremo fare attenzione a tutto ciò che gli scenari nascondono, o potrebbero nascondere, studiando al contempo gli scenari per cogliere informazioni anche da ciò che ci circonda.
Una grande co-protagonista della nostra esplorazione sarà, come anticipato, la nostra bicicletta (di cui potremo anche scegliere il colore), un vero e proprio destriero metallico che restituirà un feedback senza precedenti. Season: A Letter to the Future è disponibile su Steam e console di casa Sony, ma il nostro mezzo di trasporto in particolare è il motivo migliore per scegliere di giocarlo su PlayStation 5 in quanto il DualSense è sfruttato alla perfezione per simulare la fatica della pedalata in momenti specifici grazie ai trigger adattivi, e la sensazione del terreno sconnesso e accidentato grazie al feedback aptico.
Traversate in bicicletta, lunghe pedalate contemplative, fotografie, appunti, registrazioni sonore, dialoghi attorno a un falò, ricordi e flashback… Season: A Letter to the Future è sostanzialmente questo, ma è anche molto di più, uno di quei casi in cui il totale non è solo la somma dei singoli elementi, ma che dà vita a una formula che a parole risulta perfino difficile da spiegare, ma che sa conquistare il giocatore pronto a farsi coinvolgere (e stravolgere) in questo viaggio sospeso tra passato, presente e futuro, nel quale non dovremo affrontare minacce o evitare disastri, ma dovremo semplicemente imparare ad accettare lo scorrere del tempo, ovunque esso ci porti.
Comparto tecnico: un mondo unico!
Da punto di vista tecnico, il gioco si è rivelato una vera sorpresa! Se già l’uso così profondo e accurato del DualSense mi ha colpito in positivo, la grafica mi ha definitivamente catturato: a metà strada tra le forme e i colori di Moebius, con quel cel shading che rende possibile animare un fumetto, e i paesaggi sconfinati e misteriosi di Hugo Pratt: la direzione artistica del titolo è una delle più ispirate e suggestive che abbiano fatto capolino sulla scena videoludica negli ultimi anni, curata nella sua semplicità, ma non per questo meno efficace, anzi!
Anche per quanto riguarda il comparto sonoro, il gioco si rivela una sorpresa, non perché proponga melodie inaspettate, ma perché nonostante le sonorità dolci e appena accennate che ci accompagneranno durante la nostra avventura siano esattamente ciò che sarebbe lecito aspettarsi, esse non risultano però banali e anzi saranno particolarmente piacevoli e soprattutto in grado di sposarsi alla perfezione con il mood malinconico del titolo senza però banalizzarlo.
In definitiva, Season: A Letter to the Future è senza dubbio uno dei titoli più interessanti, tra le proposte indie, degli ultimi mesi. Un gioco che rinuncia fin da subito alla possibilità di essere adatto a tutti, ma che proprio per questo si riveste di una marcata autorialità e che potrebbe non rivelarsi il gioco giusto in un determinato momento, ma che ciclicamente potrebbe tornare ad affacciarsi nella memoria e nei desideri dei giocatori finché non arriverà il momento giusto per essere giocato e apprezzato.