Sono ormai undici lunghi anni che i titoli FromSoftware, e il primo Dark Souls nello specifico, influenzano il panorama videoludico mondiale. Il genere soulslike a cui ha dato vita la software house nipponica è finito con l’influenzare produzioni di ogni tipo, da chi per esempio ha deciso di ibridarlo con altri generi come il metroidvania, dando vita al brillante (quanto crudele) Hollow Knight, a chi invece ha deciso di rincorrere il successo del “Choosen Undead” creando copie (riuscite o meno) della serie, parliamo in questo caso di titoli come Mortal Shell e The Surge, per fare giusto un paio di esempi, ma la lista è letteralmente sconfinata.
Ultimo di questa lunga, per non dire sconfinata, serie è Shattered – Tale of the Forgotten King, l’oggetto di questa recensione. Un titolo che fin dalle prime battute, sia per quanto riguarda la trama, criptica e oscura, che il giocatore dovrà tentare di ricostruire, che per il gameplay, tenta di simulare in tutto e per tutto gli illustri colleghi Souls.
In parte ci riesce anche, purtroppo però il titolo finisce per inciampare, purtroppo, su alcune sbavature a livello ludico che ne pregiudicano in diversi frangenti la godibilità, dando vita a un’opera interessante, ma che dietro l’angolo nasconde una frustrazione non indifferente, legando quindi la propria difficolta a delle mancanze tecniche, e non alla disattenzione o alla mancanza di abilità del giocatore. Analizziamo la situazione nel dettaglio!
Cos’è un re senza il suo regno?
La trama di Shattered – Tale of the Forgotten King parte da ottimi presupposti, che si rivelano purtroppo blandi e mal gestiti man mano che si avanza nel gioco. La sceneggiatura del titolo infatti tenta di imitare la narrativa silenziosa tipica delle opere di FromSoftware, ma il nostro protagonista muoverà i propri traballanti passi in un mondo spoglio e incapace di raccontarsi tramite i dettagli minuziosi che possiamo trovare nel caso dei colleghi più illustri, affidando gli elementi di lore a semplici didascalie che fungeranno anche da descrizione della maggior parte degli oggetti che ci verranno consegnati nel corso dell’avventura.
Dopo una sezione di gameplay introduttiva, che funge principalmente da tutorial del gioco, una corposa cutscene ci rivelerà la nostra identità e ci spiegherà come mai il mondo di gioco versa in queste misere condizioni: vestiamo i panni di un re, che in un glorioso passato ha costituito il ruolo di vera e propria divinità, capace persino di creare il mondo stesso e la razza che lo abita; tuttavia, il tempo ha intaccato anche l’onnipotenza di questo re, facilmente battuto poi da misteriosi esseri provenienti da altre realtà, ovvero i Demiurghi.
Ci risveglieremo da un lungo sonno (il concetto di tempo torna a più riprese e permea l’intera produzione) trovando un mondo ormai in frantumi. Come potrai facilmente intuire, l’obiettivo del nostro re in rovina sarà sconfiggere i Demiurghi per poter ricostruire il proprio regno e riportarlo al suo antico splendore.
Una trama semplice, che come anticipato ha anche delle buone premesse iniziali, ma che riesce a dosare bene (in teoria) epicità e decadenza di un racconto tragico e ben cucito attorno al suo protagonista; il problema infatti sarà solo nella pura narrazione, fin troppo semplicistica e scarna.
Non saremo però completamente soli nella nostra impresa, ad aiutare il nostro re ci sarà una pletora ben assortita di personaggi secondari che pian piano popolerà l’hub centrale del gioco, alcuni ci faranno semplicemente da guida dandoci informazioni sugli eventi passati, altri invece avranno funzioni fondamentali come fabbri e mercanti che ci permetteranno di migliorare il nostro arsenale o semplicemente arricchire di risorse il nostro inventario, in puro stile Dark Souls!
Lame in metallo, gameplay in legno…
Purtroppo, se su una narrazione a tratti scialba si potrebbe anche soprassedere in virtù di una buona premessa che faccia da traino a tutto il resto, purtroppo sulla legnosità del gameplay e su altre decine di sbavature tecniche è davvero difficile chiudere un occhio, soprattutto perché saranno spesso e volentieri causa di una frustrazione crescente nel giocatore.
Per quanto riguarda il combat system, non è nemmeno tremendo, anzi, si rivela semplice, ma non privo di buoni guizzi e di inventiva (seppure fin troppo legato alle opere da cui prende “ispirazione”), cosa non da poco in questo tipo di produzioni. Il protagonista potrà infatti imbracciare armi di diverso tipo, che si divideranno in primarie e secondarie, il loro utilizzo sarà collegato a uno specifico grilletto dorsale, nel caso dell’arma primaria potremo alternare le classiche combo di attacchi leggeri e pesanti, l’arma secondaria invece funzionerà piuttosto come una magia e ci permetterà di attaccare a distanza o di utilizzare uno scudo etereo in base allo stile che decideremo di utilizzare.
Anche per quanto riguarda statistiche e parametria, il gioco riprende a piene mani dal genere, fornendo al giocatore tre barre (una per la vitalità, una per la stamina e una per il mana, grazie al quale utilizzare le armi secondarie), e un sistema di livellamento affine in tutto e per tutto a quello dei Souls, ma estremamente più semplice e lineare, che più che sui parametri legati all’utilizzo di armi e magie punterà a migliorare le abilità di movimento del protagonista come scatto, salto e velocità.
Fin qui, parliamo di un vero e proprio Souls, senza infamia e senza lode, che si rivela sulla carta anche piuttosto divertente nel proporre diversi approcci in base allo stile di gioco e una build (seppur lineare del protagonista); i veri problemi arrivano però quando valutiamo la qualità tecnica del gioco. In un titolo che si prefissa di proporre esplorazione, sezioni di platforming e scontri impegnativi che richiedono parecchia precisione, c’è anche bisogno di una responsività estrema dei comandi, cosa che non avviene e che ci porta al senso di frustrazione accennato in apertura.
Le finestre di parry sono approssimative, il movimento del personaggio molto legnoso e le fasi di platforming (che se sbagliate ci procureranno una morte istantanea) imprecise, insomma, le “piccole cose” nel quale ci doveva essere in assoluto più cura in fase di sviluppo sono state invece trattate in maniera veloce e sbrigativa dal team di sviluppo.
Ancora una volta quindi è giusto ribadire che le premesse di Shattered – Tale of the Forgotten King sono interessanti e coinvolgenti sotto praticamente tutti i punti di vista, ma nell’esecuzione è mancato un lavoro di fino che doveva invece essere alla base dell’intera produzione.
A questi pesanti difetti se ne aggiungono altri di carattere puramente tecnico, veri e propri bug che non invalidano l’esperienza di gioco, ma dimostrano in maniera definitiva e sostanziale quanto il team di sviluppo non abbia lavorato al meglio delle proprie possibilità: il titolo non presenta localizzazione in italiano, quindi ho utilizzato l’inglese, ma molto spesso, tra una partita e l’altra, la lingua veniva settata automaticamente sul francese, senza alcun motivo; inoltre, la navigazione nei menù non è certo delle più semplici, penso si tratti sempre di un bug, ma per chiudere alcuni menù (in versione PlayStation) dovremo cliccare il tasto Cerchio, in altri casi invece il tasto Start, se questa scelta è stata ponderata e voluta dagli sviluppatori, la trovo inspiegabile.
Un mondo a pezzi, ma soprattutto vuoto
Come già anticipato, il mondo di gioco non è solo decadente, ma anche estremamente vuoto e anonimo. Dal punto di vista grafico, è palese che gli sviluppatori disponessero di un budget alquanto limitato, in una situazione del genere sarebbe stato magari meglio puntare su un titolo con grafica in due dimensioni o perfino isometrica, il prodotto finale sarebbe stato probabilmente molto più interessante.
Il risultato finale di Shattered – Tale of the Forgotten King invece tradisce uno sviluppo apparentemente indietro di una generazione, con ambienti non solo vuoti e anonimi come anticipato, ma a tratti anche sgradevoli, soprattutto in alcune aree dove texture e geodata non combaciano, e si andrà incontro a compenetrazioni o fuoriuscite indesiderate dalla mappa. Anche la resa di nemici ed NPC risulterà sgradevole poiché ridondante e ripetitiva.
Anche dal punto di vista della colonna sonora, il gioco presenta una povertà alquanto disarmante, alcune sezioni sono completamente prive di un accompagnamento musicale, e anche le boss fight che vorrebbero esprimere un senso di epicità in cui il nostro re sarà impegnato contro antichi invasori risulteranno invece piatte (dal punto di vista musicale) e al livello di normalissime battaglie contro i mob più comuni.
In definitiva, Shattered – Tale of the Forgotten King non è purtroppo un titolo imperdibile a causa di molte sbavature tecniche e uno sviluppo a tratti pigro e raffazzonato. Eppure il gioco ha delle frecce al suo arco, e magari gli amanti del soulslike che hanno divorato tutte le opere FromSoftware (e magari hanno concluso anche l’epopea di Elden Ring) potrebbero essere incuriositi da un’esperienza decisamente più approssimativa, ma con delle intuizioni tutto sommato non da buttare.