Sempre più spesso, il medium videoludico non rappresenta più soltanto un momento puramente ludico, ma viene utilizzato per raccontare storie dal grande impatto narrativo e, facendo un ulteriore passo avanti, anche per parlare di problemi sociali sempre più diffusi o consistenti nella società moderna. Nell’agosto del 2017 per esempio, Hellblade: Senua’s Sacrifice dava un bello scossone al mercato videoludico, insegnando come si possa utilizzare un videogioco per rappresentare la malattia mentale.
Dietro un’apparente coltre da classico action adventure, il titolo targato Ninja Theory utilizzava la mitologia norrena e i suoi affascinanti riti e rappresentazioni, per portarci in realtà letteralmente all’interno della mente della protagonista in un’opera dall’impatto enormemente significativo. Di videogiochi che esplorano la mente, in maniera più o meno scanzonata, ce ne sono eccome, pensiamo al recente Psychonauts 2 per esempio, o a titoli decisamente meno leggeri come The Town of Light.
Ciò che riesce però a rendere più o meno significativi titoli con queste tematiche è proprio la narrazione che viene fatta della condizione umana, e In Sound Mind, l’oggetto di questa recensione, ci riesce dannatamente bene e in una maniera magari non originale nella sua impostazione, di fatto già vista in passato, ma con toni del tutto unici e imprevedibili, proprio come la mente umana!
“I mostri siamo noi”
In Sound Mind si apre con la più classica delle situazioni che un horror sia in grado di proporre: uno scantinato buio e fatiscente, un protagonista immemore in un palazzo decadente e fuori… il nulla. La cinematica iniziale ci mostra infatti un mondo collassato e letteralmente sommerso in cui non sembra esserci più alcuna forma di vita.
Il bello di In Sound Mind è che il gioco vuole costantemente ribaltare i ruoli e giocare con lo spettatore, se le prime scene mostrate e i primi minuti di gioco ci faranno pensare di trovarci in una situazione post apocalittica, ben presto ci renderemo conto che invece le geografie distorte del palazzo in cui siamo rinchiusi saranno ben più che reali e anzi, ci ritroviamo in un impossibile astrazione onirica.
Chiarita quindi (o meglio, ipotizzata) la nostra situazione attuale, il titolo inizierà a fare chiarezza sul terapista Desmond Wales, ovvero il protagonista del gioco e l’uomo di cui stiamo vestendo i panni. Non sappiamo ancora perché ci troviamo in questo bizzarro palazzo, tuttavia una chiamata sconvolgerà ben presto la nostra tranquillità.
Se inizialmente infatti l’unico pericolo da cui scappare sembrerà essere solamente il palazzo fatiscente in cui ci troviamo, lo squillare di un telefono nello studio da psicologo di Desmond romperà ben presto il silenzio, e un misterioso stalker ci farà capire che la fuga dal palazzo è letteralmente l’ultimo dei nostri pensieri.
Questa oscura e inquietante figura infatti incolpa Desmond di non aver saputo svolgere il proprio lavoro e lo obbliga ad affrontare i propri errori e le proprie paure, a smettere di scappare e fare mea culpa davanti a una serie di tragedie che scopriremo avere dei tratti sempre più inquietanti. Nel palazzo troveremo infatti delle audiocassette, registrazioni di colloqui tra Desmond e i suoi pazienti; a quanto pare, il nostro misterioso stalker conosceva queste persone, e imputa alcuni eventi tragici proprio a Desmond, incapace di svolgere il proprio lavoro.
Queste audiocassette saranno in grado di portare Desmond nei luoghi a cui le sue vittime erano legate, oltre a trovarci faccia a faccia con personalità disturbate (e disturbanti), ricostruiremo man mano i tasselli di un mosaico tragico e molto più grande di ciò che noi (e Desmond) avremmo mai potuto immaginare.
Come anticipato però, In Sound Mind riesce a non essere semplicemente un horror psicologico dal ritmo costantemente teso che punta tutto sulla continua inquietudine del giocatore, anzi, in certi momenti il titolo è in grado di prendersi molto alla leggera con toni a tratto comici talmente ben calibrati da non renderli fuori luogo, rivelandosi in grado di suscitare nel giocatore emozioni letteralmente agli antipodi, ma che incredibilmente non vanno a scontrarsi e creano anzi una continuità inaspettata e riuscitissima! C’è da dire però che in alcune sezioni il titolo sveste i panni dell’horror per prendere un piglio lievemente più action e sono questi i momenti che, purtroppo, segnano il punto più basso del gioco, non riuscendo a coinvolgere il giocatore e risultando a tratti inutili e fastidiosi.
L’orrore vissuto in prima persona
Per quanto riguarda il gameplay, In Sound Mind propone una visuale in prima persona che mira a far sentire i giocatori il più partecipi possibili dell’orrore vissuto da Desmond e ci riesce alla perfezione grazie a un HUD minimale e a un gameplay semplice e basilare.
Nell’esplorare le varie ambientazioni che compongono l’hotel e le menti distorte dei nostri ex pazienti, Desmond, inizialmente inerme, potrà disporre di sempre più strumenti per superare situazioni inizialmente invalicabili. Proseguendo nell’esplorazione infatti, il nostro protagonista troverà armi per fronteggiare alcune delle minacce oniriche che ci troveremo di fronte e un equipaggiamento utile per ogni situazione: si va da maschere a gas alla più classica delle torce a batteria, fino ad arrivare a un ben più “esotico” pezzo di specchio rotto.
Purtroppo, va detto subito, il gameplay è probabilmente il punto leggermente più debole della produzione, non è assolutamente un brutto gameplay, tutt’altro, solo che rispetto agli altri aspetti del gioco, si percepisce una cura leggermente inferiore che va a sballare gli equilibri dell’esperienza e influisce sulla riuscita complessiva del titolo.
Anzitutto, il senso di impotenza nei confronti delle creature che ci daranno la caccia (boss esclusi) finirà ben presto nel dimenticatoio poiché dopo aver recuperato la prima arma del gioco queste ultime non saranno più una minaccia significativa per il protagonista, il che è un vero peccato poiché questo particolare influisce negativamente sulla tensione generale del gioco stesso. In secondo luogo poi, come anticipato, in alcune occasioni il titolo vuole tentare un approccio più action, fallendo però nella resa del gameplay e inficiando negativamente su quella perfetta atmosfera sospesa tra l’horror e il comedy.
A completare questo quadro di difetti ci pensano poi un inventario basilare, ma che a volte si rivela poco chiaro nella selezione degli oggetti, e un adattamento italiano con qualche errore di troppo sia a livello grammaticale che di gestione dei sottotitoli. Certo, In Sound Mind ha i suoi difetti nel gameplay, ma a conti fatti riesce a farsi perdonare grazie a citazioni più o meno dirette ai classici dell’horror videoludico come Resident Evil e Silent Hill, e prende poi a piene mani (in un momento davvero propizio per il titolo) da uno dei capisaldi dell’horror psicologico del medium videoludico, ovvero Alan Wake!
Il comparto tecnico venuto dallo spazio
Per quanto riguarda il comparto tecnico, in Sound Mind si propone come un titolo senza troppe pretese, che risulta però nel complesso molto soddisfacente. Ci ritroveremo davanti a una grafica tranquillamente equiparabile a quella dell’ottava generazione videoludica, quindi appena appena indietro rispetto agli standard che si stanno profilando negli ultimi mesi, grafica che tuttavia riesce perfettamente a lasciare il giocatore soddisfatto.
La direzione artistica però eleva questo comparto grafico grazie a delle trovate davvero brillanti. Gli accenni indiretti al tema lovecraftiano della follia esplodono nella componente grafica legata a colori violacei e lisergici che rappresentano forze oscure e ignote. Forse sto andando troppo in là con la fantasia, ma voglio vederci dei riferimenti a una pellicola del 2019 diretta da Richard Stanley ovvero Il colore venuto dallo spazio. Un lungometraggio ambizioso se si pensa che vuole portare in scena l’omonimo racconto del bardo di Providence in cui si parla letteralmente di qualcosa di impossibile da riprodurre a livello grafico, ma che riesce, proprio grazie all’utilizzo delle stesse tonalità di viola presenti nel gioco, a dare l’impressione di trovarsi davanti a qualcosa che la mente umana riesca difficilmente a processare.
Oltre le aspettative invece il comparto sonoro, che non solo presenta un’ottima gestione dei rumori ambientali (aspetto fondamentale in un horror), ma che riesce anche a regalare una selezione di tracce (tutte free copyright, infatti gli sviluppatori invitano caldamente a utilizzarle per la produzione di contenuti video legati al gioco) uniche e differenti tra loro, ma tutte ben studiate. Come per l’ironia di cui il titolo è capace di rivestirsi senza però abbandonare la tensione, anche alcune tracce più ritmate che non si rivelano in antitesi con la natura del titolo, anzi sono in grado di conservare perfettamente nel giocatore la sensazione di essere braccato e con le spalle al muro.
In definitiva, In Sound Mind è un ottimo titolo in grado di omaggiare perfettamente i classici horror in ambito videoludico, ma che allo stesso tempo riesce a trovare la sua propria identità in maniera unica e brillante grazie ad alcuni momenti comedy che riescono però a mantenere il clima malato e distorto che sta alla base della produzione. Qualche inciampo dal punto di vista del gameplay e un comparto tecnico in linea con la generazione di console appena conclusa non riescono ad abbattere una produzione decisamente interessante e consigliatissima!