Ricordi quella clip de I Griffin nella quale Stephen King, il leggendario re dell’orrore, sembra essere a corto di idee e davanti al suo editore tira fuori la strampalata idea del mostro lampada? La clip ironizza sul fatto che nel corso degli anni lo scrittore sia riuscito (con romanzi più o meno riusciti) a trasformare praticamente ogni oggetto in una minaccia mortale per gli i poveri protagonisti malcapitati.
Pagliacci, mastini, auto d’epoca… insomma, praticamente tutto in mano a Stephen King riesce a diventare inquietante e temibile, ma ci vuole anche del talento per farlo. Un dettaglio che sicuramente ha ignorato il team di sviluppo che si è occupato di The fridge is red, l’oggetto di questa recensione, un titolo che vorrebbe essere un horror psicologico, ma che, purtroppo, fallisce miseramente a causa di una trama talmente fumosa da risultare ermetica, un comparto tecnico che vorrebbe omaggiare il passato, ma si rivela un tentativo fallimentare di coprire un budget molto risicato, e un gameplay che riesce perfettamente nel suo intento, nel caso in cui questo fosse annoiare il giocatore.
Insomma, probabilmente avrei davvero preferito leggere il romanzo sul mostro lampada dello Stephen King dei Griffin, invece mi è capitato The Fridge is Red! Analizziamo nel dettaglio questo disastro che, a onor del vero, riesce comunque ad aver qualche barlume di lucidità e mostrare idee tutto sommato interessanti, ma sviluppate, purtroppo, nel peggiore dei modi…
The fridge is red: quando le idee sono finite in partenza…
Dal punto di vista della trama, The fridge is red è uno sfacelo, purtroppo. E dico purtroppo senza ironia, dal momento che, apparentemente, ci sono anche delle idee interessanti che vengono però gettate in un calderone confuso e confusionario che getta il giocatore in mezzo a una serie di livelli sconnessi tra loro, ma che vorrebbero ricostruire una storyline cucita su un protagonista con cui sarà impossibile empatizzare, non essendo minimamente tratteggiato.
Questi livelli, sei all’incirca, ma non è chiaro se uno dei due già sbloccati voglia fungere da tutorial o prologo, ci getteranno in ambientazioni diverse tra loro, ma il succo della questione sarà sempre quello: sfuggire al frigorifero rosso che prima o dopo farà capolino per tormentarci e inseguirci. Il vero problema è che non riusciremo praticamente mai a capire il perché di queste situazioni paradossali.
Probabilmente, gli sceneggiatori avevano voglia di tratteggiare una trama criptica e affidare al giocatore il compito di ricostruirla tramite indizi e appunti sparsi tra i vari livelli, ma è evidente che non ci siano riusciti dal momento che comunque le informazioni risulteranno sempre troppo sconnesse e non ci sarà un minimo di contesto che possa dare al giocatore la possibilità di contestualizzare e organizzare le informazioni in questione.
Quando parlavo di buone idee sprecate poi mi riferivo ad alcune delle tematiche che tentano di emergere in The fridge is red; i livelli nei quali è suddiviso infatti vogliono affrontare anche tematiche sociali importanti e di un certo peso come il mobbing e l’eutanasia, purtroppo però questi temi sociali affiorano nel più banale e generico dei modi, e non viene dato loro il giusto risalto, sembra anzi che siano stati buttati lì solo per tentare di dare risalto a una scrittura confusionaria e appena abbozzata, fallendo però miseramente.
“Il gameplay che avanza mettilo in frigo”
Nemmeno a livello di gameplay The fridge is red riesce a mostrare una direzione precisa e anzi, è palese come l’idea originale degli sviluppatori prenda una deriva molto più sbiadita, noiosa e disfunzionale rispetto alle intenzioni di partenza trasformando il più classico dei punta e clicca (che sarebbe stato anche convincente in alcuni frangenti) in un walking simulator nemmeno dei più riusciti.
In buona sostanza, nel corso dei vari livelli che compongono l’intera esperienza ludica, ci ritroveremo in diverse ambientazioni (che tendono sempre a risultare claustrofobiche per il giocatore così da accrescere il livello di ansia e inquietudine) nel quale, in teoria, dovremo proseguire risolvendo enigmi ambientali. Il problema è che questi “enigmi” si perderanno strada facendo, e si risolveranno sempre interagendo nell’ordine corretto con vari elementi dello scenario così da procedere e arrivare, nel più lineare dei modi ogni volta, a fine scenario.
A “movimentare” il tutto ci penseranno le apparizioni del nostro frigorifero rosso, che dovrebbe essere una minaccia costante e palpabile come il caro vecchio Nemesis di Resident Evil 3, ma che in realtà oltre a non inquietare (per ovvi motivi oserei dire) si limita ad apparizioni sporadiche e prescriptate andando anche a eliminare ogni minimo scampolo di rigiocabilità.
A rendere la situazione ancora più confusa, e a tratti delirante, ci pensano alcuni bug inspiegabili (ma a quanto pare molto frequenti), si passa dalle classiche compenetrazioni che bloccheranno il giocatore in un punto della mappa e lo costringeranno a riavviare il livello fino a un bug decisamente peculiare: a volte capita che un livello non inizi nel punto in cui è stato pensato dagli sviluppatori, ma più avanti; questa situazione porta a risvolti paradossali, se già di solito il gioco non fa nulla per guidare il giocatore o contestualizzare gli eventi, ritrovarsi a metà scenario senza nemmeno saperlo ci farà completamente perdere la bussola dell’esperienza complessiva.
Comparto tecnico retrò, ma forse non per scelta…
Non nascondiamoci dietro la scusa della nostalgia: c’è un retrò fatto bene e un retrò fatto male, e The fridge is red rientra sicuramente in quest’ultima categoria. Dal punto di vista grafico il titolo simula i giochi della gloriosa epoca di PlayStation 1, ma lo fa nella maniera più sgraziata e raffazzonata possibile, per nascondere evidenti limiti tecnici e di budget del team di sviluppo, a una prima occhiata lo stile può anche sembrare affascinante e voluto, ma giocando non mancheranno evidenti compenetrazioni e glitch grafici di ogni sorta che ci permetteranno di vedere oltre oggetti e pareti.
Nemmeno il comparto sonoro riesce a salvarsi, le poche tracce proposte dovrebbero generare inquietudine, ma risultano decisamente anonime e prive di carattere, il problema maggiore però sta nei rumori ambientali, sempre fuori luogo e desincronizzati; in un titolo horror l’audio riveste una parte fondamentale dell’esperienza, e in un horror che fa già fatica a inquietare a causa delle premesse, un audio non funzionale è davvero la goccia che fa traboccare il vaso.
In definitiva, vorrei poter dire che The fridge is red ha quantomeno un’idea buona alla base, ma non è così. Un conto è voler proporre qualcosa che tenda a spiazzare il giocatore, ma se un’idea, per quanto bizzarra sia, non è supportata a dovere può facilmente diventare il meme di sé stessa, e sembra proprio questo il caso. Se a dei presupposti confusionari aggiungiamo anche un comparto tecnico traballante e un gameplay fantasma, il disastro è servito.