La storia è ricchissima di eventi e popoli che hanno ispirato negli anni videogiochi di ogni sorta, più o meno riusciti. Basti pensare alla serie di Assassin’s Creed, che negli ultimi anni ha fatto compiere un tour storico coi fiocchi ai videogiocatori, dall’antico Egitto di Assassin’s Creed Odyssey fino ai fieri vichinghi del più recente Assassin’s Creed Valhalla, passando per il Rinascimento della saga di Ezio Auditore o dalla Rivoluzione francese vista in Assassin’s Creed Unity.
Per non parlare poi anche di titoli esterni alla serie Ubisoft, ricordo sempre con piacere Shadow of Rome (vi prego, datemi una remaster subito!), i vari Imperium, o dando un’occhiata anche alla storia orientale l’ispiratissimo Ghost of Tsushima. Parliamo sempre di titoli più o meno riusciti, oppure più o meno rispettosi della storia reale, eppure, anche quelli un po’ più “deboli” dal punto di vista videoludico hanno sempre mantenuto il proprio fascino grazie alle atmosfere storiche di cui vivevano.
Sarebbe impossibile riuscire a rendere noiosi secoli di storia e popolazioni con un solo videogioco, vero? E invece no, si può! The Quest for Excalibur Puy du Fou, l’oggetto di questa recensione, lo dimostra nel migliore (o dovrei forse dire peggiore?) dei modi riuscendo non solo a rendere noiosa e banale la mitologia del ciclo arturiano, con un pretesto narrativo sfruttato nel peggiore dei modi, ma anche varie epoche storiche che sembrava impossibile non rendere appassionanti o quantomeno interessanti; ma diamo un’occhiata più nello specifico a questo disastro!
I re senza macchia non vanno più di moda
La “trama” di The Quest for Excablibur Puy du Fou viene introdotta da uno spiegone senza capo né coda, che vuole proporre una rilettura degli eventi e dei personaggi del ciclo arturiano, e dirò la verità: inizialmente il tutto, per quanto affrettato e a tratti confusionario, sembra anche parecchio interessante, peccato che poi gli eventi del gioco appaiano completamente slegati (o comunque collegati in maniera davvero flebile) a questo prologo.
In buona sostanza, Re Artù, eroe virtuoso, degno condottiero e colui che ha estratto Excalibur dalla roccia, finisce per rivelarsi poi non così incorruttibile e la brama di potere lo rende un sovrano malvagio, finché la leggendaria spada non decide di abbandonarlo e si rompe in quindici pezzi. Toccherà a Mago Merlino trovare un puro di cuore che possa rimettere insieme i pezzi dell’arma.
Fin qui, come anticipato, tutto fila liscio e anzi, suona anche bene come premessa. Fin qui. Ci ritroviamo a creare il nostro avatar, un ragazzino che si ritrova a spasso per il parco giochi Puy du Fou, luogo a cui Merlino tenta di dare anche una discreta importanza con tanto di volo pindarico lessicale che ci riporta al latino. Come se le idiozie non bastassero, il pretesto che ci porta a essere “Il prescelto” è il fatto che i nostri genitori si fidino al punto da lasciarci scorrazzare liberi per il parco: questo fa di noi un vero puro di cuore degno di compiere l’impresa. Sipario.
Da qui in poi la situazione non fa che peggiorare, e ci ritroviamo a balzare da un’attrazione all’altra del parco, ognuna ci riporterà a un’epoca storica completamente slegata dalle altre, in ognuna ritroveremo ovviamente un pezzo di Excalibur, il punto però è il come porteremo a termine le nostre missioni.
Una collezione di minigiochi, ma non una bella collezione…
Se l’idea di andare da un’epoca all’altra in cerca dei frammenti di Excalibur può sembrare allettante e ricordare pietre miliari del medium videoludico come Live A Live o Eternal Darkness, la sua esecuzione a livello di gameplay in The Quest for Excalibur è quanto di più deludente ci possa essere nonostante la premessa intrigante. In una parola sola: minigiochi, e nemmeno divertenti.
Si va da corse sull’auriga ai tempi degli antichi romani in cui basterà letteralmente premere due tasti per percorrere lunghi rettilinei, a gare equestri nel Medioevo in cui premere alcuni pulsanti a tempo, passando per sessioni di guida di un Drakkar vichingo tramite quick time event. I minigiochi proposti sono di una banalità disarmante, e in più di un’occasione ho notato che l’IA avversaria mancasse completamente di competitività nei confronti del giocatore, unendo ciò al fatto che le condizioni di vittoria di ogni minigioco si rivelano estremamente permissive, per tutta la durata del gameplay non si percepirà mai una vera sfida o la necessità di impegnarsi nel gioco, con un’esperienza che scorrerà nel più passivo dei modi.
Le fasi di esplorazione del parco Puy du Fou poi sanno rivelarsi a dir poco frustranti; di volta in volta, il nostro obiettivo sarà indicato da una freccia che punterà una direzione estremamente approssimativa e ci manderà spesso e volentieri a rinchiuderci in vicoli ciechi o a sbattere contro gli onnipresenti muri invisibili, come se non bastasse poi, i movimenti del nostro protagonista saranno imprecisi e scivolosi e arrivare nel modo più lineare possibile ai nostri obiettivi diventerà una vera e propria impresa.
E non finisce qui, dal momento che il titolo si prende anche la briga di riservare al giocatore delle funzioni letteralmente incomprensibili. Fin dall’inizio della nostra avventura ci sarà nella parte superiore destra dello schermo un onnipresente Timer… fermo. Questo contatore si aggiornerà (almeno credo, non ci ho davvero trovato una logica dietro!) dopo ogni minigioco, ma rimane un mistero cosa vada a calcolare in realtà.
Ciliegina sulla torta: Sono bloccato. A un certo punto della mia avventura mi sono ritrovato impossibilitato a proseguire, con il mio obiettivo posto oltre una staccionata e nessun punto d’accesso, non capendo come andare avanti e avendo il dubbio di essermi perso qualcosa, ho aperto il menù di pausa, trovando la voce Sono bloccato. Selezionando l’opzione mi sono ritrovato istantaneamente al di là della staccionata in questione e direttamente sull’obiettivo.
In un primo momento quindi ho pensato che gli sviluppatori avessero effettivamente previsto che il giocatore potesse ritrovarsi bloccato e hanno inserito questa funzione per fargli superare alcuni ostacoli altrimenti insormontabili. Almeno credevo… per curiosità ho riprovato a usare la funzione in un altro momento, e non è accaduto nulla, o meglio, mi sono ritrovato teletrasportato di qualche metro, e niente di più, il funzionamento di questa feature rimane quindi in parte oscuro, come il perché questo gioco sia stato sviluppato.
Comparto tecnico da rivedere
Purtroppo, anche dal punto di vista tecnico il titolo non riserva sorprese e anzi si rivela scadente e raffazzonato sotto praticamente ogni punto di vista. La grafica del titolo è “leggermente” arretrata, ricordando le produzioni di sesta generazione: estremamente plasticosa, con pochi modelli ripetuti all’infinito e con glitch grafici che si verificano spesso e volentieri. Anche il comparto sonoro poi si è rivelato parecchio arretrato e svogliato, proponendo praticamente sempre la stessa nenia riprodotta all’infinito.
A rendere l’esperienza a tratti anche fastidiosa e snervante contribuiscono due fattori in particolare: i caricamenti e l’adattamento italiano. I caricamenti durano davvero tantissimo, e in certe occasioni arrivano tranquillamente a superare i due minuti, un’attesa inspiegabile dal momento che la mappa del parco non è particolarmente grande a conti fatti, e anche i minigiochi presentano scenari abbastanza scarni. L’adattamento italiano poi è un vero sfacelo, passa dall’alternare termini come “Selezionare” e “Validare” per lo stesso comando, creando anche una certa confusione, a errori grammaticali presenti in buona parte dei dialoghi delle cutscene, una situazione davvero disarmante.
In definitiva, Quest for Excalibur Puy du Fou è un titolo che fallisce sotto praticamente ogni punto di vista: tecnico, della trama e del gameplay, rivelandosi un’esperienza scialba e contraddittoria. Un vero peccato se si considera che tutto sommato le premesse della trama non sono nemmeno male, ma si perdono dopo pochi minuti di gioco.