Febbraio e marzo 2022 sono stati decisamente due mesi impegnativi per i videogiocatori, che si sono dovuti sbracciare per rimanere a galla nel mare delle uscite videoludiche che ci hanno sommersi nelle ultime settimane. Horizon: Forbidden West ha aperto le danze, seguito prontamente da Elden Ring (che ancora tiene migliaia di giocatori “in ostaggio” nell’immenso Interregno), Gran Turismo 7 e Triangle Strategy, fino a culminare il 25 marzo con ben tre titoli di spessore in un solo giorno: Kirby e la Terra perduta, Ghostwire: Tokyo e Tiny Tina’s Wonderlands.
In questa carrellata di uscite di spessore, letteralmente infinita, è stato già difficile per alcune produzioni di portata meno ampia districarsi, ma con un po’ di carattere anche qualche altro titolo è riuscito a spuntarla tra tutti questi giganti. Purtroppo non è il caso di Thunder Kid: Hunt for the Robot Emperor, l’oggetto di questa recensione, un titolo che tra i suoi difetti maggiori può annoverare una totale mancanza d’identità!
Sarà una vera e propria sfida non far cadere questo titolo nel dimenticatoio subito dopo i titoli di coda, per quanto in realtà l’idea di base di omaggiare un genere e un periodo storico ben precisi (nello specifico gli sparatutto a scorrimento e gli anni ’80) non sia nemmeno poi così male, sebbene arrivi fuori tempo massimo rispetto alla wave di nostalgia che ha investito il pubblico negli ultimi anni, giocare a Thunderkid: Hunt for the Robot Emperor difficilmente riuscirà a suscitare una qualsiasi emozione nel giocatore, scopriamo assieme perché!
“C’era una volta una guerra…” “Quale guerra?” “Boh, una guerra…”
Sembra una battuta, ma, tristemente, non lo è. L’incipit narrativo di Thunder Kid: Hunt for the Robot Emperor è totalmente scialbo e casuale, senza un minimo di mordente o di narrazione che lo giustifichi: Stati Uniti e Canada sono in guerra, tocca a noi vestire i panni di un robot per andare a sterminare le macchine nemiche. Ma chi sono i nemici? Siamo americani o canadesi? Non chiederlo a me! Il gioco non si è preso la briga di spiegarmelo!
Il titolo si svilupperà nel corso di una manciata di livelli, o meglio, di ambientazioni (particolarmente anonime) suddivise in livelli più piccoli e corredati da alcune boss fight. Nemmeno le battaglie contro i boss però riusciranno a mostrare un minimo di personalità, essendo tutte ambientate nella stessa stanza; l’unico tocco di unicità affidato a questi nemici sarà un lungo dialogo iniziale, che, purtroppo, non sarà skippabile. Questo implica che, in caso di fallimento, saremo costretti a rivivere questi dialoghi per diverse volte, e sebbene i boss non siano poi così ostici, qualche morte occasionale potrebbe esserci, e con essa anche tanto, troppo, fastidio legato un loop snervante.
Questi temuti dialoghi saranno però allo stesso tempo l’unico appiglio narrativo per tentare di costruire un minimo di world building, perché nel corso dei livelli non ci sarà letteralmente nulla, dialoghi o brevi cutscene, che ci diano un concreto senso di avanzamento. Date però le premesse con cui il titolo è stato sviluppato (il voler omaggiare gli sparatutto a scorrimento), l’assenza di trama non costituisce un vero e proprio difetto. La mancanza di carattere però si fa sentire anche in tutti gli altri aspetti del gioco…
Spara, corri, e basta…
Come già ribadito diverse volte nel corso della recensione, Thunder Kid: Hunt for the Robot Emperor, rientra nel genere degli sparatutto a scorrimento, presenta però anche una povertà di contenuti e alcune scelte di gameplay assolutamente disarmanti. Come già anticipato, l’azione si svilupperà in un susseguirsi di scenari del tutto anonimi e, di volta in volta, uguali a loro stessi, e anche ciò che dovremo fare in questi scenari presenterà ben pochi guizzi narrativi.
Thunderkid: Hunt for the Robot Emperor è impostato male fin dalle sue fondamenta ludiche, la visuale infatti sarà alle spalle del giocatore, questo comporta che molto spesso il protagonista andrà letteralmente a coprire i colpi in arrivo, questo genera una difficoltà artificiale non indifferente nelle sezioni più concitate, dal momento che i non saremo in grado di schivare per tempo tutti i proiettili nemici.
Ogni livello sarà letteralmente privo di qualsiasi guizzo o variazione sul tema, bisognerà solo arrivare dal punto A al punto B di ogni livello per poter passare al prossimo, le uniche minime deviazioni saranno legate alla raccolta di alcuni collezionabili, che però saranno del tutto fini a loro stessi e non contribuiranno nemmeno a sbloccare materiali extra per movimentare il gameplay o arricchire l’offerta contenutistica.
A conferma della mancanza di volontà di portare a termine il progetto da parte degli sviluppatori va notato che il trofeo di Platino (per la versione PlayStation del gioco) è ottenibile dopo nemmeno un’ora di gameplay e non prevede nemmeno di arrivare a fine gioco o ottenere tutti i collezionabili.
Il nostro anonimo protagonista potrà solamente muoversi nelle quattro direzioni, saltare, e sparare con un apposito tasto: non avremo modalità di fuoco alternativo, colpi caricati, né tantomeno granate, il tutto si ridurrà letteralmente a tenere premuto il tasto di fuoco e avanzare schivando i colpi dei nemici.
L’unico accenno di variazione sul tema sarà dato dalla difficoltà progressiva che aumenterà man mano nei livelli, ma il fatto di poter ottenere senza molti problemi delle cure dai nemici sconfitti andrà inesorabilmente ad appiattire il tasso di sfida, che farà capolino solamente in alcune sezioni particolarmente complesse.
Se uniamo questa monotonia al fatto che tutto il gioco è completabile in circa un’ora e mezzo si capisce come mai lo sfortunato Thunder Kid: Hunt for the Robot Emperor sia un prodotto completamente dimenticabile e realizzato con pochissimo impegno, purtroppo.
Stile… poco, ma si impegna…
Anche dal punto di vista tecnico, Thunder Kid: Hunt for the Robot Emperor risulta purtroppo privo di personalità: la grafica low poly è sicuramente una scelta interessante ed evocativa dello stile anni ’80, ma ci sono titoli come Narita Boy che hanno reso decisamente meglio il concetto e che hanno usato questo stile con una precisa direzione artistica e non per poter semplicemente utilizzare una tecnica sbrigativa.
Unico piccolo punto a favore della produzione sta nella colonna sonora, anch’essa evocativa del decennio anni ’80, le poche tracce che accompagnano la progressione sono orecchiabili, dimenticabili comunque, ma almeno si fanno ascoltare in maniera anche abbastanza godibile e non portano a voler mutare il gioco per ascoltare altro nel frattempo.
In definitiva, purtroppo Thunder Kid: Hunt for the Robot Emperor poteva anche rivelarsi una simpatica operazione nostalgia senza troppe pretese, ma un conto è voler realizzare un titolo di portata modesta, e un altro è vendere ai giocatori letteralmente il nulla. Il gioco si rivela un’operazione pigra e un dimenticabilissimo tributo a un genere che è sempre meglio recuperare tramite mostri sacri quali Gradius e Aleste.