Ci sono titoli e serie che hanno fatto la storia del medium videoludico, e vedere quanto queste pietre miliari riescano a influenzare ancora oggi le nuove uscite è sempre strano, poiché sembra che i videogiocatori decidano arbitrariamente quando ci troviamo davanti a “un plagio!” e quando invece si tratta di “un gioco ispirato a…”.
Mi spiego meglio, a fine 2020, a letteralmente un mese l’uno dall’altro, abbiamo visto il debutto di due titoli: Genshin Impact e Immortals Fenyx Rising. Il primo si è rivelato il più grande successo di tutti i tempi sviluppato da una software house cinese e continua ancora oggi a macinare introiti e a tenere videogiocatori incollati allo schermo; il secondo invece è stato a conti fatti uno dei titoli più originali e apprezzati di casa Ubisoft degli ultimi anni. Cos’hanno in comune i due? Semplice, prima del loro lancio l’intera community non ha mai smesso di gridare allo scandalo perché si trattava di “un plagio di Breath of the Wild”.
In realtà, ciò è vero solo in parte: Genshin Impact si è rivelato qualcosa di completamente diverso, che riprende soltanto alcune meccaniche dal capolavoro di Nintendo e sfocia in qualcosa di completamente nuovo e unico; Immortals Fenyx Rising invece prende a piene mani dall’esclusiva targata Nintendo Switch, ma riesce a rielaborarla a dovere e darle quel tocco di originalità che lo rende un prodotto unico e godibile (a mio parere, il migliore titolo della line up Ubisoft del 2020).
Se questi titoli hanno avuto il loro riscatto dopo il lancio, la situazione prerelease è stata però indubbiamente tesa, fa strano pensare come altri titoli (che per puro caso si rifanno sempre alla serie The Legend of Zelda) siano stati visti fin da subito con molto interesse ed entusiasmo dalla community. È il caso di Tunic, l’oggetto di questa recensione, un titolo che rende fin da subito palesi le sue ispirazioni ai vecchi Zelda in 2D con visuale dall’alto e ne fa il proprio punto di forza indiscusso.
Ad oggi non riesco ancora a spiegarmi perché i titoli citati nei paragrafi precedenti siano stati visti e additati dalla community in maniera completamente opposta, in un caso diffidente e astiosa, nell’altro entusiasta e propositiva, devo però dire una cosa: ci sono cascato anch’io! Ho apprezzato tantissimo Genshin Impact e Immortals Fenyx Rising pur essendo diffidente in prima battuta, ma Tunic mi ha incuriosito fin dal primissimo trailer e il suo stile mi ha conquistato e scaldato il cuore dal primo frame di gioco mostrato.
Dopo una release su PC e Xbox Series X e S a marzo 2022, Tunic sbarca il 27 settembre 2022 anche su PlayStation 4, PlayStation 5 e Nintendo Switch. Mi sono perso in questo mondo magico e meraviglioso negli scorsi giorni e finalmente sono pronto a raccontarvi un’esperienza imperdibile!
Un piccolo eroe, un grande viaggio!
Raccontare la trama di Tunic è semplice, ma allo stesso tempo può rivelarsi un’impresa a dir poco titanica! Ci siamo ormai abituati nell’ultimo decennio alla cosiddetta narrativa silenziosa dei Souls di casa FromSoftware, nei quali il giocatore è chiamato a ricostruire la storia e gli eventi che coinvolgono il mondo di gioco e i personaggi analizzando l’ambiente circostante e facendo tesoro delle descrizioni di ogni singolo oggetto.
Tunic fa un ulteriore passo avanti, evolvendo questa narrativa silenziosa e rendendola a tratti letteralmente muta! Nel mondo di gioco infatti viene utilizzato un particolare alfabeto runico che il giocatore non sarà in grado di interpretare per buona parte dell’avventura, ci toccherà quindi lavorare di fantasia ed esperienza empirica per comprendere, o quantomeno dare una nostra personale interpretazione, ai dialoghi o perfino ai tutorial, che ci verranno forniti sotto forma di un vero e proprio diario di viaggio.
Una soluzione che di sicuro non si rivelerà immediata e apprezzabile per molti, e anzi che potrebbe perfino mettere in difficoltà qualche giocatore e costringerlo a dire addio anzitempo a questo viaggio, ma personalmente ho trovato che questa caratteristica si sposasse alla perfezione con il mood del gioco in cui a regnare sovrano è il mistero più assoluto.
In buona sostanza, ci troviamo davanti al più classico cammino dell’eroe di zeldiana memoria, con tanto di palesi citazioni nel vestiario e nell’armamentario del piccolo protagonista, il mondo così denso e strutturato di Tunic però offre fin da subito spazio a presenze sovrannaturali, e talvolta inquietanti, che infittiscono la lore e il cui scopo non sarà chiaro fin dalle prime battute. Il gioco quindi richiede al giocatore uno sforzo interpretativo su più livelli, e pad alla mano veniamo chiamati inconsapevolmente a farci un’idea e una teoria sul mondo, sugli eventi e sui personaggi che può variare di giocatore in giocatore, un concetto che si sposa alla perfezione con un mondo di gioco così fiabesco, ma dal quale allo stesso tempo affiora di tanto in tanto un’oscurità difficile da decifrare.
“It’s dangerous to go alone! Take This.”
Come anticipato a più riprese, Tunic riprende a piene mani dai classici Zelda in 2D con visuale dall’alto, e non manca di farlo soprattutto nel gameplay, che si rivela semplice, ma ricco di opzioni e intrigante, soprattutto grazie al discorso che nel gioco l’unico modo di imparare è sperimentare, e ci sarà chiaro a partire dal già citato diario di viaggio.
Sparse per il mondo di gioco infatti troveremo alcune pagine che andranno a costituire un vero e proprio libretto di gioco, quelle indimenticabili mini guide che si ritrovavano all’interno delle confezioni dei vecchi videogiochi e servivano da compendio alle basi del gioco in questione. In questa guida espansa troveremo tutto ciò che ci servirà sapere sul mondo di gioco, a partire dalle mappe dei vari dungeon fino alle mosse che il piccolo protagonista sarà in grado di eseguire come schivate e parate.
Il tutto però ancora una volta sarà filtrato dall’incomprensibile alfabeto runico citato prima, l’unico modo per ottenere quindi informazioni su un oggetto per esempio sarà quello di utilizzarlo e vederne gli effetti; oppure, capire la strategia giusta per abbattere un nemico ci costerà magari qualche vita e qualche tentativo andato a vuoto: l’esperienza dell’eroe diventa anche quella del giocatore!
Nel corso dell’avventura troveremo alcune armi, abbastanza classiche ma funzionali, come bastoncini in legno o spade, che costituiranno la nostra principale risorsa offensiva; non mancheranno però anche magie gestibili tramite un’apposita barra del mana che daranno un ottimo tocco di varietà agli approcci utilizzabili in battaglia e consumabili come bombe di vario genere da riservare con cura per imboscate a effetto contro gruppi di nemici ignari o per i nemici (boss e mid boss) più ostici.
Molto interessante anche (e molto simile a quello di Breath of the Wild) il sistema di progressione del personaggio, di cui potremo potenziare praticamente ogni aspetto: dall’attacco alla difesa, fino alla barra del mana, passando ovviamente per le barre di salute e vigore, o perfino per l’efficacia delle pozioni. Sarà possibile effettuare ogni singolo potenziamento presso degli appositi santuari dove potremo offrire determinati oggetti (ognuno corrispondente all’aumento di una singola statistica) e monete, con un senso di progressione tangibile e solido anche grazie a un livello di difficoltà ben calibrato e impegnativo al punto giusto.
Questo stile l’ho già visto… ma va bene così!
Ormai avrai ben capito che ogni singolo aspetto del gioco è ripreso da una certa serie targata Nintendo… e ovviamente anche per il comparto tecnico vale il discorso affrontato nei paragrafi precedenti e anzi, i riferimenti sono ancora più palesi! Dal punto di vista grafico e della direzione artistica, Tunic si ispira in tutto e per tutto al remake di The Legend of Zelda Link’s Awakening per Nintendo Switch.
L’intero mondo di gioco è infatti un insieme di piccoli diorama coloratissimi e popolati da nemici dalle fattezze tozze e buffe, ma non per questo poco minacciosi. Manca l’effetto bokeh che ha reso così unico il remake di Link’s Awakening, ma Tunic riesce a crearsi una sua identità stilistica e una sua piacevolezza soprattutto grazie agli onnipresenti giochi di luce che sono resi alla perfezione.
La visuale dall’alto ci permette di avere costantemente presente il quadro d’insieme, e il terreno sarà sempre ricco di luci che filtrano tra le fronde degli alberi, nelle caverne e nei dungeon sotterranei invece le fonti di luce saranno fiaccole, fuochi fatui e acquitrini dalle sfumature quasi fluorescenti; potrebbe sembrare quasi inutile e inopportuno soffermarsi così tanto su questo singolo aspetto della grafica, ma è ciò che rende realistica l’esperienza e dà una vivacità a elementi e personaggi che altrimenti rischierebbero di risultare plasticosi e poco gradevoli alla vista.
Meno originale, ma comunque ben realizzata, la colonna sonora che riprende gli stilemi del fantasy classico, con melodie rilassanti nelle fasi di esplorazione delle foreste e delle zone all’aperto in generale che si fanno più gravi e cupe nelle fasi di esplorazione dei dungeon sotterranei: piacevole, e anche parecchio azzeccata in generale, ma senza dubbio non una colonna sonora memorabile come quella di alcuni capitoli della serie di riferimento.
In definitiva, Tunic è un titolo meraviglioso e a dir poco una delle opere più interessanti che il 2022 ha saputo regalarci. Un gioco parecchio derivativo senza dubbio, ma che riesce a crearsi una sua identità soprattutto grazie a scelte stilistiche uniche che mettono al primo posto l’esperienza diretta asservita alla scoperta, un vero e proprio must have tanto per gli amanti delle classiche avventure di Zelda, quanto per chi è alla ricerca di un viaggio all’insegna della scoperta in un mondo misterioso!