Sono ormai passati cinque anni da quando Fortnite ha fatto irruzione nel mercato videoludico portando con sé il genere della battle royale (senza inventare nulla, dal momento che il genere ha fatto capolino per la prima volta in Escape from Tarkov, ma sdoganandolo alle masse) e facendolo rapidamente diventare uno dei generi di punta nel settore, tanto che anche altre serie storiche di sparatutto, come gli eterni Call of Duty e Battlefield, hanno poi dovuto chinarsi allo strapotere del concept del “Ne resterà solo uno” e riproporlo al pubblico.
Il battle royale in questi anni però ha saputo, per fortuna, staccarsi dal binomio con lo sparatutto, in prima o terza persona che sia, e reinventarsi in tanti modi originali, come il divertente party game Fall Guys, o l’improbabile picchiaduro Jojo’s Bizarre Adventure: Last Survivor. Il genere ha deciso che dopo anni di onorata carriera non vuole ancora smettere di sorprendere, e di tanto in tanto fanno ancora capolino sulla scena videoludico titoli che “escono dai binari” e propongono esperienze che a tratti sanno di già visto, ma che riescono comunque a riservare un paio di chicche e buone intuizioni ai curiosi che vogliono esplorarli.
Rientra alla perfezione in questa definizione, Vampire: The Masquerade – Bloodhunt, nuovo battle royale sviluppato da Sharkmob che fa da spin-off all’universo narrativo World of Darkness, che negli anni è stato trasporto in tutte le salse, dai romanzi ai giochi da tavolo, oltre ovviamente a toccare la scena videoludica, tanto che un ulteriore GDR spin-off della serie principale, Vampire: The Masquerade – Swansong, è in arrivo il prossimo 19 maggio su PC e console.
Il gioco è sicuramente interessante, ma presenta alcune sbavature che, purtroppo, potrebbero ben presto farlo cadere nel dimenticatoio, una prospettiva decisamente tetra per l’ennesimo titolo che ambisce a diventare un game as a service con supporto costante, ed è un vero peccato dal momento che, a livello di lore e ambientazione, ci ritroviamo sicuramente davanti a uno dei prodotti più suggestivi del panorama videoludico degli ultimi mesi, ma cerchiamo di capire come mai Vampire: The Masquerade – Bloodhunt si ritrova a correre su questo sottile filo del rasoio!
Praga si tinge di sangue
L’universo narrativo di World of Darkness, nel quale è ambientata la serie Vampire: The Masquerade con tutti i suoi derivati, è ricco e ha basi narrative molto solide, Bloodhunt pesca a piene mani da questa lore andando a inserire classi, ambientazioni e meccaniche di gioco in un sistema che risulterà parecchio familiare a chi negli anni è rimasto stregato dalla serie.
Il tutto si riflette già nell’ambientazione, davvero insolita per un battle royale, il genere ha abituato l’utenza a mappe vaste che spesso, puntando sull’estensione e quindi sull’orizzontalità della mappa, devono avere zone che siano il più diverse possibile per evitare di far annoiare i giocatori. Vampire: The Masquerade – Bloodhunt invece ribalta letteralmente questo paradigma sotto ogni punto di vista, facendo scontrare 45 giocatori (decisamente meno rispetto ai 100 canonici di buona parte dei titoli appartenenti al genere) in una mappa molto più contenuta e unificata a livello stilistico, che punta tutto sulla verticalità delle strutture.
Il luogo scelto dal team di sviluppo per la sanguinosa battle royale è Praga, suggestiva capitale della Repubblica Ceca, una città che a livello di fascino e stile parte certamente in vantaggio rispetto a molte altre ambientazioni, reali o di fantasia che siano. La Praga mostrata in gioco è ricca di punti di interesse e, proprio come la sua controparte reale, mescola alla perfezione antichità e modernità: vedremo quindi decadenti chiese in fiamme e lugubri cimiteri alternarsi a quartieri illuminati da insegne al neon, il tutto in un microcosmo equilibrato che non dà l’impressione di aver messo troppa carne al fuoco.
Il World of Darkness è un universo intricato e con relazioni di potere fitte e, spesso e volentieri, instabili, ma in cui ogni famiglia ha ruoli ben definiti. Il buon Damiano Barci, redattore di iCrewPlay esperto della lore di questo universo, mi ha spiegato come i rapporti tra i vari gruppi di vampiri si organizzino a tutti gli effetti come una sorta di cosca mafiosa, e dato il mio amore per i gangster movie ho apprezzato ancora di più l’aria che si respira nel gioco dopo questa rivelazione, anche perché capendo il mood che pervade la produzione si riescono anche a comprendere alcune scelte di produzione che hanno portato, per esempio, alla creazione delle classi selezionabili e alla loro caratterizzazione unica a livello di poteri in base alla famiglia di appartenenza.
Per quanto sia poi una caratteristica del tutto accessoria, il gioco tenta di proporre anche una sorta di trama che si sviluppa attraverso alcune side quest (più obiettivi e fetch quest che vere e proprie missioni articolate), niente di preponderante o realmente interessante, ma è comunque apprezzabile l’intuizione da parte del team di sviluppo che vuole tentare di invitare i giocatori in questo universo narrativo grazie a poche, piccole, briciole di lore disseminate qua e là in un gioco free to play.
Scegli il tuo… eroe?
Come già anticipato, Vampire: The Masquerade – Bloodhunt è di base un battle royale, ma con alcuni elementi atipici rispetto agli altri esponenti del genere e qualche tratto che accosta il gioco quasi a un hero shooter. Come accennato in precedenza infatti, i nostri vampiri non saranno tutti uguali tra loro, ma saranno suddivisi in classi diverse che ricalcano le caratteristiche delle famiglie a cui appartengono, e di conseguenza anche i loro poteri vampirici.
In base alla classe selezionata, ogni tipo di giocatore potrà trovare il vampiro adatto al proprio stile di gioco, tra personaggi che, a seconda delle loro abilità, saranno votati principalmente alla difesa, allo stealth e allo scouting, e altri al puro supporto e al controllo del campo di battaglia (classi, queste ultime, utili soprattutto nella modalità a squadre, il gioco infatti dà sia la possibilità di combattere in singolo che in squadre da tre).
Qui però troviamo uno dei difetti che compromettono la qualità della produzione: le classi sono estremamente sbilanciate! Non si tratta di una questione di patch (che devono necessariamente arrivare) che vadano a bilanciare lo sparuto roster, quanto, più che altro, di una vera e propria necessità di un rework su un paio di classi troppo performanti sia dal punto di vista offensivo che difensivo che ovviamente dominerebbero incontrastate su un ipotetico metagame.
Un altro grande difetto che potrebbe decretare una fine prematura del gioco sta nel Pass Battaglia, prerogativa ormai imprescindibile per questo tipo di produzioni. Se sei un consumatore abituale di battle royale e free to play in generale, saprai bene che ogni Stagione viene sempre caratterizzata da una specifica tematica che risulti appetibile per almeno una fetta di giocatori desiderosi di portarsi a casa ricompense basate su un tema a loro caro.
La prima Stagione del gioco invece (lanciata dopo poco più di un giorno dal day one) risulta al momento totalmente anonima, con ricompense del Pass Battaglia non così ricche rispetto al corrispettivo in denaro richiesto, e soprattutto con skin e personalizzazioni estetiche di vario genere che non brillano poi per originalità e che difficilmente faranno gola a un numero importante di giocatori. Se la situazione non cambierà anche abbastanza in fretta, potremo ritrovarci davanti a server spopolati nel giro di un paio di Stagioni e non di più.
Va anche specificato che, fin dal lancio, il titolo presenta un pacchetto premium di personalizzazioni dal costo di ben 59,99 €, gli sviluppatori ci hanno fornito un codice per dare un’occhiata al contenuto del pacchetto… e in tutta sincerità è solo la conferma del fatto che i costi legati al gioco siano completamente da rivedere data la povertà e la banalità dei contenuti in questione.
E questo sarebbe davvero un peccato, perché a livello di gameplay duro e puro ho trovato Vampire: The Masquerade – Bloodhunt un prodotto davvero ben confezionato, con un ritmo frenetico, ma mai caotico, che spinge i contendenti a scontri a fuoco feroci, ma ragionati in cui usare con astuzia e al momento giusto le proprie abilità, pena una morte rapidissima. Rapida, certo, ma non definitiva!
Le strade di Praga infatti saranno popolate di cittadini che, se consumati, andranno ad aumentare permanentemente alcune statistiche nel corso del match; c’è però una tipologia specifica di cittadino che ripristinerà una vita, al primo K.O. infatti il nostro personaggio potrà respawnare istantaneamente e rituffarsi nella mischia, una misura pratica e interessante che compensa il numero esiguo di giocatori in campo. Naturalmente, questa possibilità viene ridimensionata nella modalità a squadre, dal momento che saranno gli alleati stessi a poter far tornare in gioco i compagni caduti.
Non potremo però collezionare liberamente e senza limiti questi power up, dopo un certo numero di potenziamenti infatti ci sarà richiesto di eseguire una Diablerie (ovvero un’esecuzione) su un avversario che siamo riusciti ad abbattere, così da potenziare il nostro personaggio e permettergli di accedere a ulteriori migliorie.
Comparto tecnico… potrebbe, ma non si impegna…
Vampire: The Masquerade – Bloodhunt è disponibile su PC e PlayStation 5, ci si aspetterebbe quindi davvero tanto da un titolo che rifiuta in maniera così netta una produzione cross-gen e che dal punto di vista delle console punta solo sull’ammiraglia di casa Sony, gli sviluppatori dovrebbero quindi aver lavorato a fondo per quanto riguarda l’ottimizzazione, purtroppo non è andata esattamente così.
Per quanto riguarda il comparto grafico, non siamo davanti a un brutto titolo, anzi, ma date le premesse sulle console di destinazione ci si sarebbe aspettati un po’ più di pulizia nelle texture, soprattutto in quelle relative alla vegetazione e ai terreni privi di abitazioni. Molto bene invece la resa dell’illuminazione, come anticipato, alcuni quartieri di Praga saranno animati da luci al neon o da semplici insegne di negozi e attività commerciali. Queste si integrano alla perfezione nel paesaggio urbano della capitale della Repubblica Ceca e donano scorci davvero interessanti, è un peccato che la natura esclusivamente online del titolo tagli fuori, per forza di cose, una modalità fotografica, sarebbe stato interessante vedere qualche appassionato in azione.
Per quanto riguarda il comparto audio invece, è palese che gli sviluppatori di casa Sharkmob abbiano concentrato in questa direzione i propri sforzi: l’audio spaziale è reso in maniera precisa e pulita, un dettaglio da non trascurare quando si è alle prese con uno sparatutto, dal momento che un audio preciso permette di identificare la provenienza di spari e altri rumori ambientali così da capire cosa sta succedendo attorno al giocatore.
Per quanto riguarda poi la versione PlayStation 5, Vampire: The Masquerade – Bloodhunt può vantare un’ottima integrazione con il DualSense, il nuovo e rivoluzionario controller di casa Sony. Il feedback dei passi, delle scivolate e degli spari è davvero ben realizzato, ma poco invasivo (molto spesso infatti chi gioca titoli competitivi online preferisce rimuovere la funzione di vibrazione per avere una mira migliore), e dà il meglio di sé nell’utilizzo di diverse armi da fuoco, ognuna con un feedback unico e riconoscibile.
Molto male invece per quanto riguarda bug e glitch di varia natura; palesemente il gioco ha ancora bisogno di qualche patch correttiva che vada a sistemare alcuni aspetti talvolta critici. Si passa da tempi di matchmaking parecchio altalenanti, che vanno dalla quarantina di secondi ai tre minuti, un gap decisamente difficile da ignorare, a compenetrazioni di varia natura, soprattutto per quanto riguarda i cittadini che spesso e volentieri “entrano” nei muri e nell’asfalto diventando così impossibili da consumare.
In definitiva, Vampire: The Masquerade – Bloodhunt è un titolo con delle premesse interessanti e che, se ben supportato, può dire la sua in un panorama videoludico ormai saturo di questo genere di produzioni, portando una buona ventata d’aria fresca ai battle royale. Il problema però sta proprio in questo, nel supporto post-lancio che al momento risulta davvero anonimo e con un rapporto qualità/prezzo decisamente insoddisfacente per l’utente. Inoltre, alcuni bug e sbavature tecniche, se non risolti per tempo, potrebbero far arrivare anzitempo una chiusura di un prodotto che potrebbe invece dimostrare tanto nel corso dei prossimi mesi.