Recursive Ruin è un puzzle game in prima persona che si innesta in un sottogenere ben definito e chiaro fin dai primi video di gameplay, ovvero quello dei puzzle game che sfruttano molto l’ambiente e l’atmosfera per creare un prodotto finale dalla forte componente psicologica/poetica. Una via di mezzo tra i puzzle game e i walking simulator… e in effetti a tratti sembrerà di giocare proprio quest’ultimo tipo di titolo.
Se segui i miei articoli e le mie recensioni sai bene che adoro questa tipologia di giochi e di recente sono stato non poco fortunato con quelli che ho scelto di recensire. Come detto più volte, realizzare un gioco di questa tipologia non è semplice perché serve un certo acume ed una spiccata capacità narrativa/artistica. Dopo il buon Eternal Threads non mi aspettavo quindi che Recursive Ruin fosse un tale capolavoro.
Ma andiamo con ordine. Recursive Ruin è il videogioco d’esordio di Bit Rot Games, uno studio indie composto da due persone che mettono in chiaro la direzione artistica fin dalla mission: “realizziamo giochi che trasmutano le storie attraverso il codice e il sangue, come un simulacro olografico in un teschio pieno di cavi.” Della distribuzione se ne è invece occupato Iceberg Games, dei veri veterani del settore indie che pubblicano giochi di ogni tipologia. Non a caso li abbiamo già incrociati per un titolo completamente diverso, ovvero Circle Empires.
Avrai capito che non è che Recursive Ruin mi è piaciuto, ma l’ho proprio adorato, trovando pochissimi difetti ed un prodotto finale che non sfigurerebbe sotto un marchio tripla A e che sicuramente mi fa subito catalizzare l’attenzione su Bit Rot Games. Come mai però il mio giudizio è così netto? Possibile che questo titolo riesca a sfiorare la perfezione a questi livelli? Lo scopo di questa recensione è quindi proprio quello di spiegarti perché devi correre a comprare subito Recursive Ruin. Iniziamo.
Un viaggio nella follia e nella depressione di un uomo
La vita dell’artista è una vita fatta di dolore e sofferenza perché solo questi sentimenti, nella loro forma più pura, possono alimentare l’arte. In Recursive Ruin siamo un’artista senza nome in un futuro remoto ed imprecisato, un’artista in piena crisi creativa e depressiva. Le giornate scorrono tutte uguali, grigie e piovose, mentre immersi nelle nostre allucinazioni e fantasie, non troviamo altra compagnia che quella del nostro gatto nero “parlante” Behemoth (ma parlerà davvero?).
Schiacciati dai ricordi che vogliamo dimenticare, siamo una compagnia talmente pessima che manco il nostro gatto ci sopporta più ed è qui che, dopo aver visto la diapositiva di un ricordo passato, decidiamo di provare un nuovo gioco chiamato Recursive Ruin. Questo però è in realtà un portale di accesso ai Regni Infiniti, un mondo frattale morente e ricorsivo che sta venendo consumato da una sostanza tossica chiamata Icore. Qui incontreremo uno strano violinista di nome Eldritch che ci chiederà di salvare quell’universo, solo noi possiamo farlo come emissari eletti.
Per fare ciò dovremo affrontare un viaggio in questi regni misteriosi e senza fine alla ricerca dell’unica verità che ci rifiutiamo di vedere. Si, perché i regni infiniti sembrano essere collegati a quel passato che vogliamo dimenticare. Il dubbio è lecito: quanto di quello che stiamo vivendo è reale? Dove termina il confine tra allucinazione, illusione, follia e realtà? Recursive Ruin non risponde a questa domanda, ma ci accompagna nell’oscurità della mente umana giocando narrativamente con i trope stessi dei puzzle game.
Alla fine infatti Recursive Ruin non è uno dei quei giochi nebulosi senza fine, la sua storia è anche semplice, banale, una volta rivelata, ma affrontata in modo così profondo e coinvolgente che non è possibile non sentirsi coinvolti da quanto si sta vivendo come videogiocatori. Il continuo sovrapporsi dei confini tra narrazione e meta-narrazione, così come l’atmosfera malinconica, ma sempre molto delicata, contribuiscono a conquistare il cuore di chi gioca a Recursive Ruin. Tutto per una sola risposta: quale colpa il protagonista ha nascosto tra le infinite illusioni della sua mente?
Niente è ciò che sembra nello spazio infinito della mente
Il gameplay di Recursive Ruin è estremamente semplice e, come già accennato, lo possiamo descrivere come una via di mezzo tra puzzle game in prima persona e walking simulator. Effettivamente, a ben vedere, la metà dei 14 livelli hanno uno stile tipicamente da walking simulator e qui ci limiteremo a muoverci per la mappa di gioco, interagendo con gli oggetti per ascoltare dialoghi che, a volte, ci porteranno anche a fare alcune scelte narrative. Queste avranno un impatto sulla storia? Onestamente è difficile dirlo.
I tre livelli più interessanti di questo tipo sono quelli senza nome (hanno solo dei ?). Questi avranno una struttura non lineare, giocheranno con le nostre azioni e le nostre emozioni, oltre che con l’atmosfera stessa del gioco e con numerosi elementi metanarrativi. Recursive Ruin è un gioco strutturalmente lineare, ma riesce a sconvolgere completamente il videogiocatore anche nel suo semplice “camminare a giro.” Ci sono poi gli altri 7 livelli di gioco.
Questi hanno un classico gameplay da puzzle game in prima persona ed in ognuno di essi dovremo affrontare una serie di puzzle ambientali per raggiungere il nostro obiettivo: uno strano specchio/schermo rettangolare con dello statico sopra. La maggior parte di questi puzzle si risolvono o portando un blocco fino ad un occhio aperto o puntando quello stesso occhio con un laser. Di base con un tasto raccoglieremo e lasceremo i blocchi o interagiremo con l’ambiente. Possiamo anche lanciare quanto abbiamo in mano.
Niente di più semplice, vero? Er… no. Perché qui entra in gioco la natura ricorsiva dei Regni Infiniti. Ogni livello è infatti racchiuso in un loop temporale infinito e particolare che lo rende limitato e allo stesso tempo senza fine. Quando supereremo il confine, piuttosto che incontrare un muro invisibile o morire, semplicemente appariremo in una versione “distorta” del livello. Da qui possiamo rimuoverci in quella originale risuperando il confine e così via. Sarà come cercare di risolvere un puzzle dentro un quadro di Escher.
La tipologia di ricorsività varierà in realtà da livello a livello. Alcuni semplicemente si arrotolano all’infinito su sé stessi come dei corridoi senza fine mentre altri contengono una versione più piccola di sé al centro, per non mancare di citare quelli che, superati i confini, si rimpiccioliscono e ribaltano. Ogni passo potrà gettarti in un’illusione ottica che richiederà qualche minuto anche solo per capire con che meccaniche si trasforma il mondo.
Anche perché ogni livello ha una propria meccanica di base e questa sarà fondamentale per risolvere i puzzle game. Non riusciamo a raggiungere il laser in alto perché c’é un muro? Magari basterà girarsi su noi stessi per scoprire che quello stesso laser è visibile alle nostre spalle e senza barriere di mezzo. Un blocco è troppo grande? Prova a lanciarlo in quella finestra che da sulla ripetizione più grande e BAM avrai un blocco più piccolo e perfetto per i tuoi scopi.
Per completare il gioco avrai a disposizione anche altri due comandi. Il primo ti permette di alterare leggermente il mondo di gioco, muovendolo lungo l’asse X o l’asse Y. E’ difficile spiegare a voce tale alterazione, anche perché varia da livello a livello, ma di base potrai spostare il mondo intorno a te per aiutarti a trovare la ripetizione giusta su cui agire. L’altro comando è più semplice perché ti rimpicciolirà in modo da alterare la tua visione e permetterti di entrare e percorrere passaggi altrimenti troppo piccoli.
Recursive Ruin non è un gioco semplice, tutt’altro, ma ha una buona curva di apprendimento. I primi livelli sono molto permissivi e insegnano le basi di ragionamento che dovrai poi mostrare di aver appreso per superare gli ultimi. Pensare in modo laterale e alternativo è fondamentale per trovare la soluzione. Se rimani bloccato, il gioco ti fornirà dei piccoli suggerimenti, ma credimi, in alcune situazioni questi ti aiuteranno ben poco. Sappi comunque che, a prescindere della sua complessità e delle sue variabili, Recursive Ruin ha un unico finale.
Uno specchio che riflette mondi infiniti
Un gioco così esigente e ambizioso a livello narrativo e di gameplay, non può non avere una direzione artistica di primissima qualità perché senza di essa tutto crollerebbe come un castello di carte. Fortunatamente Recursive Ruin c’entra l’obiettivo anche su questo piano con un comparto grafico/sonoro capace di generare un’atmosfera immersiva e assolutamente stupefacente. Non è solo il mondo di gioco, ma anche il design di ogni singolo elemento, a partire dai bizzarri ed incredibili personaggi non giocanti, che contribuiscono a generare un effetto complessivo spettacolare.
Certo, Recursive Ruin da il meglio di sé nei Regni Infiniti. Ogni singolo livello, compresi quelli nella stanza del protagonista, hanno un’attenzione al dettaglio incredibile ed una capacità di integrare elementi surreali e realistici degna di essere chiamata arte. Ogni livello è un’opera d’arte visiva in costante movimento per quanto è capace di incantare l’occhio del videogiocatore. Una realizzazione che si apprezza persino di più davanti alla genialità del level design.
Degno di nota anche il comparto sonoro. La soundtrack è assolutamente perfetta per la storia che Recursive Ruin vuole narrare e riesce a veicolare i giusti stati d’animo nel videogiocatori: dalla tristezza che sfiora la depressione ad una cacofonia disorientante e disarmonica che incrementa il livello di confusione generato da un mondo che non ha fine. Ogni singolo suono, rumore, traccia musicale ha un proprio significato ed una propria funzione al fine della narrazione. Fosse sempre così…
Quello che però ho davvero amato è come grafica e sonoro in alcune occasioni si pieghino talmente tanto in favore della storia, da diventare a loro volta elementi metanarrativi che contribuiscono a generare alcune delle soluzioni più sorprendenti ed inaspettate. Ovviamente non posso rivelare troppo per non rovinarti il senso di sorpresa e scoperta, ma credimi: devi aspettarti di tutto perché Recursive Ruin gioca con i tuoi stessi sensi per regalarti un’esperienza unica.
La sofferenza ed il dolore sono il vero capolavoro dell’umanità
Tutte le cose, anche quelle senza fine, raggiungono ad un certo punto la loro conclusione e questo vale anche per Recursive Ruin e per questa recensione. Credo di aver spiegato più che bene perché abbia adorato Recursive Ruin e perché lo consideri un capolavoro assoluto, degno di essere provato da quasi ogni videogiocatore in questo mondo. Vuoi un ulteriore motivo? L’intero gioco è completamente tradotto in italiano e tale traduzione è anche di ottima qualità.
L’unico vero difetto di Recursive Ruin è che non è un gioco per tutti. L’esperienza ludica non è spensierata, ma è emotivamente molto pesante e questo si traduce in un ritmo di gioco calmo e compassato che può annoiare chi non ama questo stile. In tal senso, se non ti piacciono i puzzle game in prima persona che puntano molto su una narrativa complessa e su enigmi ambientali, non potrai apprezzare Recursive Ruin. E’ scontato, no?
Per tutti gli altri videogiocatori, però, Recursive Ruin vale ogni centesimo dei 14 euro che costa su Steam. Certo, è un’esperienza di gioco unica e che si esaurisce probabilmente in una sola run, per quanto sarei curioso di riaffrontarla per scoprire cosa cambia davanti ad alcune scelte. Gli stessi sviluppatori hanno ben chiara la natura volatile del gioco visto che non hanno previsto trofei al di fuori della prima partita.
Quando l’ultima schermata appare e i titoli di coda finiscono, quello che rimane di Recursive Ruin è un insieme di sensazioni che ho provato poche altre volte davanti ad un videogioco. Tristezza, speranza, esaltazione, affetto, appagamento. Tutto si mischia davanti ad un finale così semplice eppure così profondo. Se i ragazzi di Bit Rot volevano farsi notare dal sottoscritto, ci sono dannatamente riusciti.
06 gif