In Red Dead Redemption 2, il protagonista Arthur Morgan occasionalmente esprimerà il suo dispiacere per la morte e la distruzione che lo circondano. Tuttavia, come in tutti i videogiochi di questo genere, le missioni spingeranno il giocatore ad assassinare centinaia di altri banditi, sceriffi, testimoni di omicidi e chi più ne ha più ne metta. In questo senso, la possibilità opzionale di impegnarsi in sedute di terapia con altre donne nel campo della banda, consentono ad Arthur di ammettere che si sente male per tutte le uccisioni che sta facendo e non sa perché lo sta facendo; si scopre addirittura, che a volte sente di non avere il controllo delle sue azioni.
Arthur, in fondo, desidera una vita diversa. Nel suo diario, Arthur scrive del conflitto tra bene e male in lui e invidia quanto sia facile per gli altri, come per esempio Charles, essere onesti. Tuttavia, l’Arthur che esiste in quelle piccole conversazioni e nel suo diario, è un’entità separata da quella che il videogiocatore è chiamato a controllare. Le missioni principali di Red Dead Redemption 2 infatti ti incitano continuamente a distruggere gli altri per il tuo potenziale beneficio, volto soprattutto a dare un futuro migliore alla tua banda e relativo accampamento. Spesso, nel corso dell’avventura, Arthur palesa un disaccordo verbale alle azioni e alle decisioni della banda (disappunto poi nemmeno troppo convinto, soprattutto quando gli si palesa la possibilità di sgraffignare del denaro scintillante), ma è solo nel quinto capitolo che inizia effettivamente a perseguire attivamente l’altruismo: aiutare gli altri semplicemente per il gusto di farlo.
La più grande “violazione” in questo senso, arriva quando incontrerete un capo dei nativi americani a Saint Denis. Dopo averlo visto brevemente durante una festa a casa del sindaco, costui cerca l’aiuto di Arthur per ottenere alcuni documenti che conducono a un giacimento di petrolio sotto un terreno privato. Ovviamente, Arthur non vuole dare una mano finché uno di loro non offre in cambio un pagamento. Tuttavia, è da quando la sua banda viene perseguita dai nativi americani che si palesa il lato altruista e magnanimo del nostro burbero protagonista.
Solo alla fine Arthur impara cosa significa essere una brava persona, aiutare le altre persone senza intenti egoistici, ma questa consapevolezza arriva forse troppo tardi, ovvero quando scopre che sta per morire a causa della tubercolosi. La sua tosse, che appare incessantemente nei filmati ma raramente in qualsiasi altro luogo, segnerà il suo destino. La morte di Arthur è stata solo un’altra gita nella strada alla scoperta di quello che era esattamente l’epilogo, poiché il mistero su chi avremmo interpretato era molto più grande, forse, del vedere le scene finali. Salvo restando che, coscienza a parte, il giocatore è libero di affrontare il gioco uccidendo qualsiasi essere vivente, umano e non, che popola le lande del Far West, rispondendone poi di conseguenza. Certo è che si rischia in qualche maniera di veder evaporare l’aspetto etico e sensibile di Arthur, attorno al quale ruota parte della fantastica narrazione di Red Dead Redemption 2.