Resident Evil 2: il ritorno dell’incubo metropolitano.
Nel lontano 1998 dire horror equivaleva a dire Resident Evil 2; all’epoca della sua uscita, il secondo titolo della lunga saga horror made in Capcom riuscì ad imporsi sul pubblico e sulla critica riscuotendo un enorme successo ed entrando nell’immaginario collettivo della sua epoca, assurgendo come simbolo della cosiddetta Generazione PlayStation nonchè come titolo fondamentale nella storia del videogioco moderno.
In realtà, dopo lo straordinario successo delle avventure di Leon Kennedy e Claire Redfield, la serie creata da Shinji Mikami faticò un po’ a ritrovare se stessa e una propria dimensione: al pur discreto Resident Evil 3: Nemesis, la cui forza principale è data dal temibile nemico del titolo, sono seguiti dei titoli poco ispirati (Code: Veronica) fino all’innovativo ma controverso Resident Evil 4 (in cui i giocatori ritrovavano Leon ma perdevano gli zombie) da cui è iniziata una parabola discendente che ha condotto la saga fino all’ultimo Resident Evil 7, che ha ridato un po’ dello smalto perduto alla serie pur non essendo amatissimo dai fan.
Nonostante ciò (o forse proprio grazie agli sviluppi della serie) il successo duraturo di Resident Evil 2, ravvivato negli anni dalle versione per GameCube e dall’inserimento del titolo nello store PlayStation come titolo classico, ha fatto si che in epoca di remake e remastered sempre più giocatori ne chiedessero il ritorno in grande stile sulle nuove console.
Nel 2016, in risposta alla domanda crescente dei fan Capcom decise di annunciare finalmente la messa in produzione di un remake del celebre secondo capitolo.
L’arte del remake
Reimmaginare un classico, sia esso cinematografico o videoludico, è ormai un’arte.
Il trucco sta nel non limitarsi a dare una semplice rinfrescata all’originale quanto piuttosto nell’introdurre nuove idee, implementare nuove meccaniche che diano maggiore profondità al titolo senza al tempo stesso distaccarsi troppo dagli elementi che hanno reso grande il titolo originale.
Relativamente a Resident Evil, in Capcom hanno dimostrato già in passato di saperci fare riproponendo nel 2002 il capostipite della serie per GameCube e adesso si sono messi alla prova con questo Resident Evil 2 Remake. Il compito non era di certo facile, trasportare un titolo di successo di un’altra epoca videoludica ai giorni nostri mantenendone inalterati gli elementi salienti, pur aggiornandone la formula secondo criteri più moderni.
In questo caso siamo innanzi ad una quasi perfetta reimmaginazione dell’originale del 1998 che risulta a volte più complicato e più spaventoso del capitolo per PlayStation 1 e che al tempo stesso rivaleggia con i migliori capitoli della serie.
Prendiamo la stazione di polizia, punto centrale di entrambe le versioni di Resident Evil 2: nel remake è stata ricostruita da cima a fondo e, rispetto al passato, è enorme da esplorare. I suoi ambienti, così come alcune delle scene che vi si svolgono, sono al tempo stesso familiari ma aggiornati per essere al tempo stesso più moderni e credibili.
Altri ambienti successivi invece, come le fogne, sono del tutto irriconoscibili rispetto al passato per via della totale riprogettazione.
La città del procione
Sin dall’avvio del gioco quello che emerge chiaramente, una volta di più, è la volonta di Capcom di apportare ai propri titoli quell’esperienza cinematografica che contraddistingue ai giorni nostri i titoli delle major.
E’ così quindi che tutto inizia a girare per il verso sbagliato ben prima di arrivare a Raccoon City, in un’anonima stazione di servizio in cui un Leon Kennedy ancora in borghese e Claire Redfield si incontrano per la prima volta ed entrano in contatto con i non morti. Il prologo al gioco vero e proprio dà quindi un nuovo respiro al titolo ed è coinvolgente con il suo ritmo serrato che ci conduce al medesimo inizio dell’originale in un continuo e apprezzabilissimo gioco di rimandi.
Questo è un punto molto importante nell’economia del gioco, che gioca con le nostre aspettative: certi eventi particolari avverranno sempre, ma non saremo in grado di sapere dove o in quale momento. Questo contribuisce ad aggiungere notevole freschezza al titolo, che andrà comunque affrontato come fosse nuovo di zecca.
La storia, come di consueto, ci porterà a seguire da vicino il cammino di Leon o di Claire a Raccoon City, a seconda della scelta che faremo in fase iniziale, con l’altro percorso che verrà sbloccato a fine run, che avrà la durata di una decina d’ore per ciascun protagonista durante la prima sessione di gioco.
Leon e Claire hanno due differenti storie, che andranno affrontate consecutivamente per consentirci di avere una visione più ampia dello scenario dalle due diverse prospettive; i loro percorsi sono però interdipendenti e le decisioni prese durante la partita non avranno effetto sull’altro scenario.
Quello che rende importante il Secondo Scenario, come viene definito, è la differenza tra gli incontri e le sottotrame che si dipanano rispetto al primo, costituendo un’esperienza narrativa abbastanza interessante.
Come da tradizione per la serie di Resident Evil, l’obiettivo dei nostri protagonisti sarà sopravvivere alla notte di Raccoon City tutti interi e, risolvendo assurdi puzzle e affrontando le creature da incubo che infestano le sue strade inquietanti, alla stazione di polizia resa spettrale dalle luci ormai fioche e dagli ambienti circostanti.
I primi titoli della serie, compreso l’originale Resident Evil 2, erano contraddistinti da un’anima eccessivamente melodrammatica, componente che manca in questo remake che preferisce un approccio più serio per creare una storia maggiormente suggestiva.
La narrazione del remake è per certi versi più convincente, con dialoghi ed interpretazioni migliori rispetto al passato; ciò emerge nei momenti di maggior quiete, quando i protagonisti sono più portati a dialogare tra di loro, facendo emergere la loro personalità e la loro fragilità. Questo trattamento è stato riservato non solo ai protagonisti, ma anche a quei personaggi minori che aggiungono profondità al remake: uno di questi è il tenente Marvin Branagh, la cui vicenda si tinge ora di una grande umanità e fedeltà alla divisa, rendendo molto più intenso il nostro incontro con lo sfortunato poliziotto.
Ada Wong invece rimane la solita st….
Il gameplay
Nel riscrivere questo remake, in Capcom hanno deciso di abbandonare i controlli Tank tipici degli anni ’90 (come già successo con la remastered di Onimusha ad esempio) ed ormai ritenuti troppo legnosi in favore di un sistema di controllo mutuato da Resident Evil 4, segnando quindi un ritorno al passato della saga rispetto all’ultimo capitolo che invece era in prima persona.
Un cambio di comandi comporta anche l’allontanamento dalle inquadrature statiche, ecco quindi riproposta la telecamera sopra la spalla del protagonista che ha anche l’indubbio pregio di creare ulteriore ansia nel giocatore, dal momento che la visibilità è ridotta al cono di luce della nostra inseparabile torcia elettrica o delle poche lampadine disseminate in giro per gli ambienti.
Il gameplay sarà quindi improntato all’azione e naturalmente alla sopravvivenza: le munizioni continueranno a scarseggiare mentre gli zombie sono più forti che in passato e si fermeranno solo quando la loro testa sarà ridotta in poltiglia, con la nostra mira che è meno efficace del passato (a meno di utilizzare quella assistita) e richiederà più di un proiettile per avere la meglio sui nemici. Il coltello inoltre è diventato un’arma usurabile, dovremo quindi considerare anche il rischio di trovarci senza. Specie se lo utilizzeremo all’interno del quick time event che ci consente di salvarci da un attacco ravvicinato: nel complesso Leon e Claire sembrano un po’ più umani, in balia delle creature non riescono a difendersi dagli attacchi faccia a faccia per cui ancora una volta la strada migliore rimane la fuga.
Dal conto totale delle creature presenti sono stati eliminati sia gli uccelli che i ragni giganti, mentre per tutti gli altri è stata totalmente rivista la IA e conseguentemente il loro modo di approcciarci; cosa che riscontreremo in modo particolare con il Tyrant che, sempre preceduto dai suoi passi pesanti, non comparirà più solo in aree specifiche ma ci inseguirà per tutta la mappa determinato a farci fuori in qualunque modo la sua rinnovata potenza gli consenta, diventando in breve un vero e proprio incubo.
Sparito l’iconico menu dell’originale, abbiamo a disposizione un borsello la cui capacità sarà aumentabile e ci consentirà di provare a gestire le sempre scarse risorse lasciando qualche slot libero per eventuali oggetti chiave che andremo trovando, dal momento che stavolta qualsiasi oggetto scartato verrà perduto per sempre non depositandosi più sul terreno.
Anche il sistema di salvataggio è stato modernizzato, pur dipendendo sempre dalle macchine da scrivere disseminate per Raccoon City: non è più necessario reperire e portarci appresso il nastro di inchiostro.
Se c’è una componente in cui l’anima anni ’90 di Resident Evil 2 Remake esce prepotentemente fuori è il livello di sfida, che è leggermente più alto rispetto ad un gioco del tutto contemporaneo: è presente un diffuso backtracking che ci obbligherà a fare costantemente avanti e indietro per gli ambienti di gioco alla ricerca degli oggetti che ci consentano di avanzare, generando talvolta un minimo di frustrazione, specie se avremo sprecato fino all’ultimo proiettile per arrivare in un certo luogo, salvo poi scoprire che dovremo fare l’intera mappa a ritroso per usare un dato oggetto o aprire una certa porta.
A riportarci negli anni 2000 nei combattimenti contro i Boss avremo sempre a disposizione le munizioni e gli oggetti di cura sufficienti a farci sconfiggere il nemico di turno, la mappa ora ci indica le porte che dovremo ancora aprire così come l’inventario ci indica quali oggetti hanno esaurito la propria funzione nell’economia del gioco, così da poterli scartare senza esitazione.
Segnali di Stile
A livello tecnico, questo Resident Evil 2 Remake è un prodotto di altissimo livello: l’intera mappa di Raccoon City è stata ridisegnata da zero e sono state aggiunte delle aree del tutto inedite (non vi svelo altro perchè la sorpresa è importante), i modelli dei personaggi sono convincenti e ben animati.
Per alleviare la tensione sono presenti alcuni contenuti che non mancheranno di deliziare i fan del franchise, come ad esempio i costumi classici per Leon e Claire. Inoltre, completando la campagna dei due protagonisti sarà possibile sbloccare delle modalità bonus in cui potremo giocare con due personaggi popolari della serie : Hunk, il mercenario al soldo dell’Umbrella e Tofu , che è un blocco di soia coagulato con tanto di coltello e berretto STARS.
Queste modalità costituiscono un interessante diversivo, consentendoci di battagliare con orde di mostri lasciando per un po’ da parte le meccaniche survival-horror del gioco principale.