Resident Evil 4 è il perfetto esempio di pietra miliare, un titolo che è stato in grado di rivoluzionare non solo la serie di survival horror di casa Capcom, ma anche il genere stesso, nonché l’intero medium videoludico, con influenze che hanno valicato i confini del genere di appartenenza: è innegabile che, dopo il 2005 (anno di lancio del gioco su Gamecube), le cose non siano state più le stesse.
I comandi “tank” e gli sfondi prerenderizzati a telecamera fissa lasciavano spazio per la prima volta a comandi da action in terza persona e alla ben più libera e mobile telecamera over the shoulder (ovvero sopra le spalle) donando al gioco un dinamismo inedito per un survival horror. Come già anticipato, Resident Evil 4 ha influenzato capolavori di ogni sorta nel corso degli anni: dalla serie Batman Arkham fino a The Last of Us (Ashley ha preceduto di quasi dieci anni Ellie), senza dimenticare gli ultimi due God of War.
Proprio questo suo essere così rivoluzionario ha però destato delle perplessità molto prima dell’annuncio, e della conseguente release, di Resident Evil 4 Remake, l’oggetto di questa recensione. Nel 2019 infatti Capcom ci ha regalato il remake per eccellenza, ovvero Resident Evil 2 Remake, in un’operazione in cui il secondo capitolo della serie veniva preso nella sua integrità (al contrario del suo successore) e aggiornato con il gameplay che ha caratterizzato la serie dopo la disavventura spagnola di Leon.
Se però Resident Evil 2 e 3 avevano effettivamente bisogno di questa operazione di restauro, non si può dire lo stesso per il quarto capitolo; eppure, puntualmente, durante lo State of Play di giugno 2022, Capcom scopre le carte e annuncia il ritorno di Leon, e le perplessità sono istantanee: ce n’è bisogno? Oggettivamente, una svecchiata al comparto tecnico tramite il nuovo RE Engine è un’ottima cosa, ma la software house nei suoi remake ci ha abituati a rivoluzioni sostanziali dei suoi giochi, e Resident Evil 4 non aveva particolare bisogno di innovazioni di gameplay, e solo in minima parte di un restauro tecnico data la sua innegabile qualità e l’esistenza di una remaster in HD.
Eppure, pad alla mano… Capcom l’ha fatto di nuovo! Gli sviluppatori sono riusciti a riproporre un’esperienza fedele a sé stessa, ma che scaccia il pensiero del “già visto” con una serie di innovazioni che propongono al giocatore ritmi molto più al passo coi tempi, ed è anche sorprendente come, accostando il gioco all’incarnazione più recente della serie, Resident Evil Village, si possa notare come e quanto l’ottavo capitolo della serie abbia preso dal quarto, che si è rivelato senza dubbio un’opera seminale e anzi, per molti versi decisamente più equilibrata e calibrata del titolo del 2021. Andiamo ad analizzare nel dettaglio questo riuscitissimo remake!
EL FORASTERO!
Autunno 2004,
La figlia del presidente degli Stati Uniti è stata rapita.
L’agente Leon S. Kennedy, tormentato dal ricordo di
Racoon City, è incaricato di ritrovarla. Alcune
testimonianze lo conducono in un villaggio europeo.
Questo è quanto ci viene rivelato da una delle prime schermate di caricamento del gioco, e rende chiaro come, anche dal punto di vista della trama, Resident Evil 4 voglia essere un deciso punto di rottura rispetto ai capitoli che l’hanno preceduto. Si abbandona per la prima volta l’immaginario di Racoon City e dintorni, e si vola perfino oltreoceano rispetto ai lidi americani, eppure la mitologia della serie non viene completamente abbandonata (come successo apparentemente nel 2017 con Resident Evil) e anzi la continuità è assicurata tramite i personaggi, in particolare il protagonista Leon.
Leon infatti era uno dei due protagonisti giocabili (assieme a Claire Redfield) di Resident Evil 2, e ha quindi sperimentato sulla propria pelle l’orrore che nel 1998 si è scatenato su Racoon City. Leon però non sarà l’unico personaggio a essere ripescato dal passato della saga, ed evitando ogni tipo di spoiler (nel caso in cui non avessi mai giocato l’originale) sappi che personaggi vecchi e nuovi avranno dei forti collegamenti con la Umbrella Corporation in un modo o nell’altro.
La trama di Resident Evil 4 è capace di imbastire un gioco fatto di intrighi, tradimenti, mezze verità, sottotrame nascoste, regalando all’intreccio narrativo una complessità che mancava nei precedenti capitoli. Le trame dei primi tre titoli erano molto più lineari di quella di questo quarto appuntamento con l’incubo, che comunque non raggiunge mai chissà quale complessità, e che riesce tra l’altro a staccarsi dal filone degli horror di stampo fantascientifico per omaggiare trame leggermente più sovrannaturali.
I nemici principali saranno sempre i cari vecchi infetti marchio di fabbrica della serie, ma il parassita noto come Las Plagas non assume tanto i connotati di un virus quanto di una vera e propria religione guidata da una sconsiderata setta di fanatici venuti dal nulla a disturbare la quiete del villaggio molto prima dell’arrivo di Leon. Un cambio di rotta che sulla carta potrebbe far storcere il naso, ma che invece, nel suo essere pacchiano e fuori luogo sotto certi punti di vista, alla fine funziona alla perfezione e aiuta a svecchiare la narrazione rimasta volutamente ancorata a determinati stilemi filoamericani nei primi capitoli.
Funziona anche molto bene la varietà di situazioni e ambientazioni proposte, ed è proprio in questo che Resident Evil 4 riesce di gran lunga a spiccare rispetto a Village, che racchiudeva in modo innaturale ambientazioni e tipologie di horror in sezioni completamente distaccate tra loro: il villaggio spagnolo invece ci porterà senza soluzione di continuità a vagare tra boschi, castelli, laghi e miniere tenendo la tensione sempre abbastanza alta, anche se, dal punto di vista puramente orrorifico, il gioco raramente spaventa davvero, preferendo ancora una volta puntare sul body horror e su qualche jumpscare piazzato qua e là.
A funzionare meno sono purtroppo i personaggi: tolti i protagonisti principali e appena un paio di antagonisti, tutti gli altri villain sguazzano nell’anonimato più totale; mi è dispiaciuto constatare come non fossi io a non ricordare nulla del capovillaggio Bitores Mendez, ma fosse il gioco stesso a non raccontare praticamente nulla del personaggio, facendolo comparire di sfuggita appena un paio di volte prima del nostro confronto finale con lui. Un vero peccato non aver sfruttato l’occasione del remake per aggiungere un pizzico di background a personaggi che ne avrebbero giovato non poco.
Un altro difetto della produzione sta poi proprio nelle linee di dialogo dei nemici, in particolare dei cittadini che infestano il villaggio e dintorni. Ricordo che all’epoca Resident Evil 4 generò una quantità di meme smisurata tra gli appassionati, e alcuni riguardavano proprio alcune espressioni utilizzate dai fanatici, ma in questo remake si sguazza davvero nel ridicolo, coi mob confinati a due singole battute: “El forastero!” e “Puedes correr, ma non te puedes nasconder!” ripetute in loop dall’inizio fino alla fine del gioco creando un effetto a dir poco ridicolo.
Resident Evil 4: un gameplay che sa rinnovarsi ancora!
Parlare nel 2023 del gameplay di Resident Evil 4 è davvero strano: come già anticipato, il lancio dell’originale nel 2005 segnò una vera e propria rivoluzione nel panorama videoludico e i suoi effetti si vedono ancora oggi nel gaming moderno, eppure in questo remake si nota qualche gradita aggiunta che va ad arricchire l’esperienza di gioco senza però snaturarla.
Di base il titolo è stato il primo a introdurre un certo dinamismo nei survival horror: la possibilità di puntare liberamente con la propria arma prima di fare fuoco portò anche alla necessità di rendere più dinamici e veloci gli infetti, volendo fare un parallelismo cinematografico si passa dagli zombi lenti di “La notte dei morti viventi” a quelli veloci di “28 giorni dopo”. L’addestramento militare di Leon poi lo porta a essere sia efficiente con le armi da fuoco che a poter fronteggiare i nemici nel corpo a corpo (soprattutto per risparmiare munizioni).
Nel corso dei vari capitoli avremo a disposizione sempre più bocche da fuoco, cosa che contribuisce purtroppo a privare il gioco di buona parte della sua tensione, dal momento che diventeremo man mano un vero e proprio arsenale ambulante; le armi potranno essere sia recuperate esplorando il mondo di gioco che acquistate dal mercante, una figura ormai iconica di questo capitolo. Il background del personaggio rimarrà sempre avvolto nel mistero, ma si rivelerà indispensabile per il successo della missione, dal momento che tramite lui potremo acquistare e potenziare armi sempre più letali, oltre a munizioni, cure e ogni sorta di progetto per munizioni ed esplosivi.
E proprio qui c’è una delle novità più significative del remake a livello di gameplay: direttamente dagli ultimi due capitoli della serie fa il proprio ritorno il sistema di crafting, ora non più limitato esclusivamente alle cure, ma anche a munizioni ed esplosivi, che si potranno creare combinando tra loro gli appositi materiali: questo non servirà solo a ricavare nuove risorse, ma anche a ottimizzare tutto ciò che il mondo di gioco ha da offrire. E la gestione dell’inventario rimane sempre una delle caratteristiche più divertenti e riuscite di Resident Evil 4, anche in questo remake!
Dovremo infatti gestire il nostro inventario visualizzato in una valigetta suddivisa in quadrati, cercando costantemente la migliore disposizione spaziale per poter trasportare il maggior numero di risorse nel minor spazio possibile. Ovviamente, nel corso del gioco potremo anche acquistare valigette sempre più grandi e capienti, e per la prima volta potremo appendere dei ciondoli alla valigetta che ci forniranno abilità e bonus passivi.
Questi ciondoli sono una novità tutta del remake e potranno essere ottenuti tramite un minigioco di tiro al bersaglio nel quale mettere alla prova tutte le nostre capacità di pistolero e di tiratore scelto tramite un poligono di tiro che si distacca completamente dalle atmosfere tese del resto della produzione e abbraccia una ben più scanzonata tematica piratesca.
Un’ultima novità di rilievo è sicuramente quella del parry: quando avremo un coltello a nostra disposizione potremo effettuare delle parate nei confronti della maggior parte degli attacchi premendo il tasto della parata al momento giusto. E quando dico “maggior parte degli attacchi” intendo praticamente tutto! Sinceramente, mi è un po’ dispiaciuto constatare che senza nemmeno troppi sforzi o riflessi si possa perfino parare un fendente di motosega, che nell’originale equivaleva quasi sempre a una fine tremenda per il nostro Leon; si tratta di una scelta di gameplay che annulla buona parte del senso del pericolo che molti nemici incutevano in passato.
Per il resto, Resident Evil 4 torna a proporre un mix estremamente bilanciato di stealth, sparatorie, esplorazione ed enigmi ambientali. Il tutto intervallato da boss fight davvero riuscite. Dispiace però constatare come anche questo remake sia stato vittima di cut content, sebbene meno drastico rispetto a quello del remake del terzo capitolo. Dopo aver portato a termine la campagna principale infatti non c’è, al momento, traccia della campagna Separate Ways con protagonista un altro personaggio storico della serie, i primi rumor parlano già di un DLC in arrivo, sarebbe davvero opportuno però che questo contenuto venisse offerto in forma gratuita e non come DLC a pagamento.
RE Engine sempre in ottima forma!
Come anticipato, già all’epoca della sua release l’originale Resident Evil 4 si rivelò un prodotto alquanto avanguardistico in termini di comparto tecnico. Dal punto di vista della grafica, il remake può contare sull’uso del RE Engine, il motore proprietario di casa Capcom, e su console può beneficiare di ben due modalità: qualità e prestazioni.
Come al solito, sento di consigliare l’uso di quest’ultima, che privilegia i 60 fps più che la resa grafica, e già con questa modalità il lavoro fatto dagli sviluppatori è stato davvero sopraffino. Con questo remake, sebbene sia ancora una produzione cross-gen, si vede che Capcom stia finalmente iniziando a parlare maggiormente alle console next-gen, e a discapito di volti non modellati sempre nel migliore dei modi e a volte fin troppo tondeggianti, è nelle ambientazioni che il motore grafico dà il suo meglio.
Ogni ambiente del gioco è infatti reso alla perfezione, in particolare per l’illuminazione, vero cavallo di battaglia del RE Engine. A seconda delle situazioni infatti l’illuminazione tenderà a variare parecchio: si passa da illuminazioni elettriche a torce che bruciano nei cunicoli di un castello, passando ovviamente per le luci naturali degli spazi aperti: ognuna di queste situazioni è resa alla perfezione, e soprattutto i vari giochi di luce riescono a nascondere le lievi imprecisioni di qualche texture e a esaltare le varie situazioni.
Così come il sonoro, che contribuisce a creare atmosfere che altrimenti perderebbero buona parte della tensione: oltre agli accompagnamenti musicali, che a dire il vero non si sforzano più di tanto per risultare memorabili, gran parte del lavoro è svolta dai rumori ambientali che fanno percepire la presenza costante di orrori di ogni genere anche quando questi sono nascosti alla vista, dandoci il senso (alquanto realistico data la situazione in cui si trova Leon) di essere costantemente braccati, raccomando naturalmente di affrontare l’intera esperienza armati di cuffie!
Su PlayStation 5 è stato anche fatto un notevole uso delle feature del DualSense! Ci capiterà davvero di tutto durante l’avventura: pioggia, esplosioni, corse folli su mezzi di fortuna… il feedback aptico del controller di casa Sony riesce a simulare al meglio e in maniera variegata le diverse circostanze; lo stesso vale poi per i trigger adattivi, il cui feedback cambia di arma in arma facendoci sentire il peso e la potenza delle bocche da fuoco più distruttive, in particolare in fase di ricarica.
In definitiva, con Resident Evil 4 Remake, Capcom ci insegna ancora una volta come si fa un remake, stavolta però l’operazione era più delicata che in passato. Il titolo originale è stato infatti rivoluzionario non solo per la serie e per il genere, ma anche per l’intera industria videoludica; questa nuova incarnazione del gioco è quanto di meglio potessimo sperare: un titolo rispettoso del materiale di partenza, ma che riesce a caratterizzarsi tramite poche aggiunte e rimaneggiamenti che migliorano la quality of life del gioco rendendolo una produzione al passo coi tempi e un’esperienza che deve necessariamente essere riscoperta per apprezzare al meglio il medium e scoprire dove alcuni capisaldi del gaming moderno abbiano attinto le loro migliori idee.