Retro Machina, interessante action adventure con elementi RPG dei brasiliani di Orbit Studio, si è fatto notare ben prima della sua uscita per alcuni elementi tra cui un particolarissimo design.
Un po’ Metropolis, un po’ Tempi Moderni il mondo retrofuturistico in cui vivremo la nostra avventura è infatti ispirato ai dettami di Jacque Franco, il celebre designer newyorkese che si definì ingegnere sociale e nel corso della sua vita creò numerosi progetti dall’impatto fortemente futurista come la celebre Trend Home.
Un piccolo svalvolato
La storia di Retro Machina ci vede indossare i panni metallici di SV 5839, un simpatico robottino che potrebbe essere un lontano parente di Clank o del Gigante di Ferro che abita nella Città dell’Ingegno (Endeavour City), un’utopia robotica.
Si tratta dell’ultima città superstite sul pianeta, dopo la misteriosa scomparsa del genere umano, che una volta ereditata dai robot deve essere mantenuta perfetta e al riparo da qualsiasi impurità. Per far questo, i suoi abitanti si impegnano senza sosta in lavori altamente specializzati e ripetitivi che assorbono tutta la loro concentrazione.
Un giorno, proprio al nostro piccolo amico metallico capita di notare una farfalla colorata e questo incontro con il bello, con la natura, lo distoglie dal proprio lavoro e come un novello Charlot in Tempi Moderni abbandona la postazione di lavoro, subito inseguito dall’autorità costituita.
SV è diventato un’anomalia, da riportare sotto controllo cancellandogli la memoria e annientando quindi la sua individualità. Ma il malcapitato robottino non ci sta e si dà alla fuga, fin quando casualmente finisce all’interno di un tubo che porta in una discarica dove viene intrappolato dentro una sfera di vetro e sparato fuori dalla città.
Una volta atterrato, SV è leggermente danneggiato e non solo fisicamente; nonostante tutto, Endeavour è casa sua e gli altri robot la sua famiglia, quindi decide che deve cercare di ritornare anche solo per ripararsi.
Inizia quindi un viaggio che ci porterà a scoprire cosa è successo al genere umano e come ha avuto origine l’utopia dei robot; per poter tornare a casa infatti, dovremo attraversare quattro diversi biomi, ognuno diversamente caratterizzato, all’interno dei quali recuperare delle celle d’energia che ci consentiranno di andare avanti nel nostro cammino verso casa.
Per potere tornare a Endeavour City dovremo prima attraversare la “zona selvaggia” che ci porta alla Stazione Centrale, attraversando la quale cominceremo a prendere coscienza di quello che è il mondo che ci circonda e che funge da snodo per le altre 3 aree: la Città Nucleare, la Città del Mare e il Monte Serendipity.
Si tratta, come già detto, di 3 biomi in cui la vegetazione sta prendendo il sopravvento sulle rovine della civiltà umana, in cui troveremo vecchi robot ormai malfunzionanti che hanno perso di vista le routine per cui sono stati creati, che dovremo esplorare in lungo e in largo alla ricerca degli elementi via via necessari per proseguire.
Scopriremo che, come da cliché del genere, esisteva una megacorporazione che produceva ogni bene immaginabile e controllava con i suoi prodotti la vita dei cittadini, denominata Nucleonics.
Troveremo le sue pubblicità su cartelloni e volantini collezionabili, con uno stile che ci ricorda quello visto in classici come Bioshock o Fallout, il tutto improntato al retrofuturismo in cui l’art déco e il design degli anni ’50 si fondono con la fantascienza.
Potremo visitare atelier in rovina, centri commerciali e fast food una volta pieni di vita e ora semi diroccati, così come strutture una volta utilizzate dalle famiglie per godersi una giornata di relax al mare. Il tutto è comunque funzionale al gameplay, con pochissime aree puramente decorative.
Il Gameplay
In Retro Machina esploreremo il mondo di gioco con un visuale in 2.5D isometrica, le azioni a nostra disposizione sono quindi abbastanza limitate. Inizialmente Sv potrà rotolare per evitare nemici e ostacoli e utilizzare una chiave inglese come arma; in effetti è un po’ poco se si devono affrontare robot in grado di far fuoco dalla distanza o in grado di spostarsi rapidamente.
Tuttavia il nostro robottino non è del tutto inerme e in breve scopriremo una delle sue capacità più interessanti, che gli consente di controllare gli altri robot attraverso le onde radio. Si tratta di un’abilità dalle due facce e che cambia radicalmente il gameplay: innanzitutto perchè dovremo controllare contemporaneamente sia SV che l’avversario posseduto utilizzando i due analogici, complicando un po’ i comandi e obbligandoci ad un approccio strategico agli scontri.
Questo perchè pur mandando avanti un altro robot a combattere al posto nostro, non siamo immuni e restando immobili rischieremmo di esporci ai pericoli; inoltre anche gli attacchi subiti dalla macchina sotto il nostro controllo ci danneggeranno. La strategia migliore è sempre quella di eliminare in prima persona gli avversari meno pericolosi e scegliere poi di possedere il nemico più forte o più rapido. Purtroppo non sempre questo è facilmente traducibile nei fatti, con il risultato che più di una volta i combattimenti ci vedono sfavoriti e pronti a soccombere abbastanza rapidamente. I nemici, come accennato, sono molto variegati e pericolosi: partendo da piccoli ragni metallici affronteremo torrette fisse, robot semoventi che sparano seghe circolari, torrette mobili e robot pugili, ad un certo punto troveremo anche dei robot samurai con le loro affilatissime katane e via dicendo.
Il gioco ci viene in aiuto con tutta una serie di miglioramenti installabili presso apposite macchine. Purtroppo non è semplice recuperare le componenti necessarie in maniera rapida, motivo per cui dovremo scegliere attentamente quale componente installare.
Si va dal classico aumento della vitalità al miglioramento della barra dell’energia per arrivare all’introduzione di alcuni “poteri” che potrebbero tornare utili in combattimento come l’abilità giroscopio che una volta attivata ci farà mulinare colpi a 360 gradi, impattando chiunque si trovi nelle immediate vicinanze, all’attivazione di uno scudo che però si spegne al primo colpo ricevuto. In entrambi i casi si parla di capacità dall’utilità molto limitata, da utilizzare con assoluta accortezza.
Molto più utile è il modulo di propulsione, che una volta sbloccato ci consente di raggiungere praticamente qualunque area della mappa; questo perchè essendo le città in rovina, molte strade sono crollate e senza il jetpack non riusciremo a superare i crepacci dal momento che SV non è in grado di saltare.
A complicare un po’ le cose ci pensa l’assenza di obiettivi chiari da perseguire, anche se a grandi linee sapremo cosa fare (ma non come), e l’eccessiva approssimazione della mappache una volta scaricata riproduce l’area di gioco a grandi linee per cui anche le posizioni degli oggetti importanti e dei luoghi da visitare non saranno mai nella loro effettiva posizione.
Segnali di Stile
Uno degli aspetti distintivi di Retro Machina è senza alcun dubbio il comparto visivo, interamente realizzato a mano. Gli ambienti in cui vivremo la storia del robottino SV sono vividi e coloratissimi, restituiscono a pieno la sensazione di una civiltà affascinante, progredita e caduta rovinosamente in disgrazia. Simpatici sono gli omaggi ai classici del genere fantascientifico disseminati per la mappa: è possibile notare alcuni robot giganti vagamente familiari, così come una DeLorean abbandonata per strada o un Tardis che fa capolino tra le rovine e tante altre chicche che qualunque appassionato riconoscerà facilmente.
Pregevole è la colonna sonora, ovviamente composta da musica elettronica e affidata al noto gruppo specialista del genere Scandroid.