Mancano precisamente settantatre giorni alla release di Riders Republic, titolo sportivo di Ubisoft che abbraccia come non mai il contemporaneo paradigma del ‘connesso e condiviso’ e che ha destato la curiosità dei gamer di tutto il mondo fin dalla sua presentazione all’Ubisoft Forward del settembre 2020. Salvo ulteriori rinvii, potremo ben presto romperci virtualmente il collo sugli accidentati percorsi proposti dal gioco, il quale, osservando il materiale promozionale pubblicato finora sul web, potrebbe riservare diverse sorprese dal punto di vista sociale. Vediamo in che senso!
Riders Republic o ‘Gamers Republic’?
Giunti al 2021, si può dire veramente che il gaming non abbia sesso e non conosca età, al netto di alcuni spiacevoli episodi che purtroppo si verificano ancora, minando la serenità in-game del versante femminile delle innumerevoli community videoludiche. Le uniche definizioni che possono applicarsi ai diversi videogiocatori e videogiocatrici derivano ormai solo dai generi che questi/e meglio apprezzano e preferiscono.
Accanto a gamer poliedrici che riescono, in parte o del tutto, a digerire qualunque opera le diverse software house propongano, ne esistono altri più selettivi, i quali prediligono titoli ascrivibili ad un unico genere o addirittura hanno i loro titoli preferiti e, in un certo senso, si ‘fossilizzano’ su di essi (e.g. non sono rari i gamer appassionati di calcio che comprano anno dopo anno il FIFA o il Pro Evolution Soccer di turno dedicandogli le loro intere frazioni di giornata videoludica, oppure i patiti di battle royale che compiono la medesima operazione con Fortnite o Call of Duty: Warzone).
Tra questi ‘gamer specializzati‘ troviamo per l’appunto una branca di videogiocatori che potremmo definire ‘sportiva‘, ovvero una fetta di pubblico videoludico abbastanza larga che include chi dedica le proprie ore videoludiche, sempre in parte o del tutto, a titoli dedicati ad un qualche sport specifico, compreso il già citato calcio.
Da quest’ultimo alle corse automobilistiche e motociclistiche di ogni genere, passando per il ciclismo su strada e il neanche troppo sportivo wrestling, questi ragazzi e ragazze sono probabilmente il target a cui punta Ubisoft per Riders Republic. Eppure, andando a fare un analisi di quanto ci è già stato mostrato del titolo, emergono elementi i quali lasciano pronosticare che la fanbase del titolo sarà più composita ed eterogenea di quanto si pensi.
“Noi, i Rider […]”
Così si apre il primo articolo della goliardica costituzione di questa repubblica di amanti degli sport estremi, il quale viene declamato nel primissimo trailer di Riders Republic da un personaggio che tanto per la maschera quanto per l’atteggiamento ricorda Wrench di Watch Dogs 2. Il testo continua così: “[…] accogliamo nella Repubblica ogni amante del brivido“. Ora, di primo acchito, l’insistere sulla pluralità può essere spiegato con l’elevato numero di avversari contro cui dovremo gareggiare, che sia in bici, su uno snowboard o con un jetpack sulle spalle.
Tuttavia, data la struttura a mondo aperto connesso e condiviso del titolo, sembra proprio che dietro Riders Republic ci sia l’idea di creare un prodotto che sia apprezzabile anche, e per certi versi soprattutto, da chi non gioca spesso titoli sportivi o che comunque non è uno sportivo né a livello videoludico né nella vita al di fuori dello schermo. Se questo titolo riuscisse in tale impresa (perché, in certi casi, si tratta di un’impresa vera e propria) potrebbe addirittura trasformarsi nel prodotto più remunerativo per la software house bretone.
Certamente, per far sì che questa popolarità sia effettiva, Ubisoft dovrà fare bene attenzione ai tecnicismi a livello di gameplay, i quali spesso risultano essere il punto debole dei titoli sportivi degli ultimi anni. La tendenza di questi ultimi verso un sempre maggiore realismo sta infatti trasformandoli sempre più in simulatori, mettendo abbastanza da parte la giocabilità.
In virtù dell’inclusività che il materiale finora rilasciato trasmette e trasuda, sembra non ci sia troppo da temere in questo senso, fatto sta che l’ultima parola potrà essere detta solo tra circa due mesi.