Rightfully, Beary Arms è un roguelite che si inserisce nel vastissimo sottogenere dei twin stick shooter roguelite, che conta nomi davvero importanti come Enter the Gunegon, The Binding of Isaac, Nuclear Throne e così via. Parliamo quindi di un mercato dalla competizione molto agguerrita. Vediamo quindi se il titolo riesce a ritagliarsi un posto tutto suo in quest’anteprima.
Per adesso, niente storia
Questa versione di Rightfully, Beary Arms non ha una storia. Per qualche motivo impersoniamo un orsacchiotto in pigiama, armato di strumenti di morte più o meno fantasiosi, che combatte robot e strane creature…su navi spaziali. Già. Siamo forse davanti al classico orsacchiotto che difende un bambino nel mondo dei sogni? In questa versione di gioco, non possiamo saperlo.
Si nota fin da subito un umorismo di fondo, fatto di piccole battutine sparse nei pochi dialoghi. Nulla di nuovo, quindi, ma il classico roguelite dallo stile eccentrico.
Le sparatorie di Rightfully, Beary Arms
Di fatto, questa sensazione si ritrova anche nel gameplay di Rightfully, Beary Arms, che risulta fin da subito molto derivativo e, per adesso, decisamente da rifinire. Ma andiamo con ordine.
Il loop di gameplay del titolo è ormai rodato ampiamente. Ogni partita si svolge in dungeon generati proceduralmente, divisi in stanze staccate tra loro, che di fatto si pongono come piccole arene: si entra in una stanza, si uccidono i nemici prendendo eventuale loot e si prosegue fino alla fine del piano.
Una volta concluso il piano, però, non si accedere direttamente a quello successivo, ma si viene catapultati in una mappa galattica divisa in nodi, vista per esempio in titoli come Void Bastards, FTL o Slay the Spire. Si sceglie quindi il nodo successivo e si completa un altro dungeon, fino ad arrivare al boss di fine livello e poi proseguire. Nel menù della mappa galattica è poi possibile cambiare armi e potenziare il nostro personaggio, spendendo punti abilità per acquisire nuove skill passive da un semplice albero di abilità non troppo complesso.
I combattimenti sono quindi il piatto forte del titolo, dato che di fatto i dungeon stessi sono dei miseri contenitori di nemici. Questi si svolgono con la classica struttura del genere, che vede il nostro protagonista circondato da nemici che sparano diversi proiettili ben visibili su schermo. Per poterci difendere vanno quindi utilizzati i ripari sparsi per le arene e, a nostra volta, rispondere al fuoco.
L’orsetto di Rightfully, Beary Arms ha infatti a disposizione diverse armi e abilità per potersi difendere. Le prime sono bocche da fuoco più o meno fantasiose, che variano da pistole a colpo singolo, passando per mitragliatrici. Le seconde sono invece abilità da attivare con la pressione di tre tasti diversi. Ed è proprio qui uno dei problemi più grandi del titolo.
Queste sono infatti fin troppo potenti e, peraltro, possono essere attivate quasi senza limiti, rendendo tutto troppo facile. Per esempio, è possibile attivare un bullet time decisamente troppo efficace per disintegrare i boss, oppure una scia arcobaleno che aumenta la velocità a dismisura per pulire facilmente le stanze. A questo si aggiungono nemici decisamente poco svegli, che seguono comportamenti davvero troppo elementari.
Il risultato sembra quindi quello di un twin stick shooter ripetitivo ed elementare, nonché fin troppo derivativo. Semplicemente, Rightfully, Beary Arms si poggia sulla classica struttura da roguelite, senza offrire nulla di originale e peraltro senza riuscire a creare un equilibrio tra i vari elementi di gioco. Ci sono varie meccaniche già viste e riviste, che però non si uniscono in un ecosistema soddisfacente.
Va precisato che questa è una versione in anteprima del titolo e di conseguenza gli sviluppatori hanno ancora moltissimo tempo per rifinire il prodotto, che con qualche anno di sviluppo ulteriore potrebbe arrivare ad avere un’identità propria…che però adesso manca.
Tecnicamente soddisfacente
Il comparto tecnico di Rightfully, Beary Arms è invece già soddisfacente. Gli scenari sono discretamente dettagliati e gli effetti di luce sono belli da vedere. Meno belli gli sprite invece, dall’aspetto e dalle animazioni decisamente grossolane. Il comparto artistico è fin troppo generico, dando la sensazione di essere un’accozzaglia di elementi apparentemente scollegati tra loro.
Infine, il comparto sonoro si limita a fare il suo lavoro, senza eccellere o distinguersi.