Descrivere Riven ai più giovani, o chi al tempo non ha giocato l’originale, potrebbe essere un’impresa ardua. Più che descriverlo in effetti, il problema potrebbe sorgere nel far capire cosa il gioco trasmette, quelle sensazioni più uniche che rare che il titolo di Cyan Worlds è riuscito a riportare dal passato ai giorni nostri, senza fargli perdere minimamente il proprio fascino. Questo perché, anche se davvero ben strutturato, Riven gode di un gameplay povero, basato sull’esplorazione, la risoluzione di ottimi enigmi, ma soprattutto sulla scoperta, riflessioni ed emozioni con le quali ripaga il giocatore. Riven è un viaggio, nel vero senso della parola, sia ludico che all’interno di noi stessi, mentre esploreremo un mondo in mutamento e che al tempo stesso fa mutare noi.
Il nuovo Riven, il vecchio Riven
Come accadeva nell’originale del 1997, anche questo remake di Riven all’inizio del viaggio non ci dice proprio nulla. Dimentica livelli di pratica o tutorial che ti accompagnano mano nella mano alla scoperta del gioco, perché il primo effetto che Cyan Games vuole offrire con il proprio gioco è quello di essere da soli, dispersi, in un mondo strano, diverso, tanto affascinante quanto misterioso. E Riven ci riesce benissimo. L’unica cosa che sappiamo è quella che il libro in nostro possesso ci è stato rubato, e allora cercheremo di rintracciare il ladro.
Muovendo i primi passi inizieremo a capire come funzionano le cose, come il cursore cambia a seconda di quale oggetto stiamo evidenziando. Inizieremo a notare strutture e meccanismi intriganti come percorsi meno in vista, il tutto mentre Riven e il suo mondo piano piano ci avvolgono totalmente, facendoci iniziare a capire alcune cose e rifletterne su molte altre. Tante sembreranno strane, sconnesse tra di loro, ma è parte dell’esperienza. Man mano che avanziamo nella mappa di Riven inizieremo anche a comprenderla, a scoprire un mondo morente ma della quale non ne conosciamo le cause. Le sue strutture, le creazioni all’interno di esse, l’ambiente circostante, tutto ci racconta pian piano la storia del nostro viaggio.
Riven mantiene un ritmo di gioco lento, che migliora di poco dopo le fasi iniziali, ma è proprio inteso in questo modo. Il fatto che il gioco non darà nessun aiuto iniziale però non ci deve far credere di trovarci di fronte a un titolo che causa quel brutto senso di dispersione, di non sapere cosa fare e come farlo. Riven sembra collegato con un filo conduttore invisibile, quasi impercettibile, eppure funzionale, che non ci farà mai perdere tempo nel girovagare senza sapere cosa fare, ma saremo sempre accompagnati da quel costante senso si esplorazione, scoperta e progressione.
L’impatto con questo remake di Cyan Worlds potrebbe essere più brusco con i videogiocatori abituati alle produzioni moderne, piene di tutorial e a volte davvero troppo guidati, che spesso distruggono il senso di avventura ed esplorazione che alcuni ricercano. Bene, in Riven questo non accadrà mai.
Tecnicamente un remake coi fiocchi
Cyan Worlds è riuscita nella sua opera di trasportare assieme alle ambientazioni ed enigmi del suo gioco, anche le stesse sensazioni che ci ha regalato il primo Riven. Questo soprattutto grazie a un lavoro grafico magistrale che riesce a meravigliare con i suoi ambienti e ad avvolgerci in questo misterioso mondo ricco di segreti e tante riflessioni.
Un notevole lavoro è stato svolto anche nel ritoccare alcuni enigmi, i quali adesso riescono a essere meno prevedibili del titolo originale. Proprio sugli enigmi però va posta un po’ di attenzione perché sebbene la maggior parte di essi siano risolvibili con un po’ di impegno, altri daranno veramente del filo da torcere prima di essere risolti, il che potrebbe risultare frustrante.
Il resto è pura poesia, immaginazione, fantasia ed esplorazione, ma anche tanta introspezione e dei messaggi creati nel passato che, a maggior ragione oggi, sono ancora molto importanti e significativi.